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203 giorni al 7 luglio

«Tu lo sai perché non parlano da quasi un mese?»

Shoto scosse la testa a quella domanda ed alzò lo sguardo su Eijiro che gli camminava accanto. Izuku si era rifiutato di parlare, aveva solo detto di aver bisogno di prendersi del tempo per capire.

Capire cosa, poi, era tutto un altro paio di maniche. Le uniche certezze erano che avesse smesso di mangiare, che si sforzasse per qualche assurdo motivo di non dormire e che tutto aveva a che fare con Bakugou.

Era tornato a casa da sua madre; diceva di voler passare con lei il Natale, ma Shoto sapeva che stava scappando e gli faceva male l'idea di non riuscire a stargli accanto.

«No, tu sai qualcosa?»

Anche Eijiro scosse la testa. Katsuki aveva evitato il problema nell'unico modo che conosceva: le corse. Usciva la sera, tornava la mattina all'alba e passava il resto della giornata chiuso in officina.

«Eppure, pensavo ci fosse qualcosa tra loro.»

Annuirono entrambi, le loro dita si sfiorarono impercettibilmente mentre si spostavano verso una zona più tranquilla e Shoto arrossì appena prima di sedersi su una panchina vicino al parcheggio dove Eijiro aveva lasciato la macchina.

Il rosso prese posto accanto a lui, allungò un braccio sullo schienale ed in quella posizione Shoto riuscì a vedere incise sulla sua pelle delle piume che sbucavano sul fianco sotto la maglietta bianca leggermente alzata.

«Eiji, posso farti una domanda?»

«Certo!»

«La sera del concerto... hai detto di avere tre tatuaggi», si morse il labbro, l'altro annuì per confermare. «Dove... cioè, no. Non dove. Più che altro, cosa rappresentano?»

Eijiro sorrise, poi ritirò il braccio per stenderlo davanti a loro in modo che lo squalo sull'avambraccio fosse visibile alla luce flebile della luna.

«Questo è il primo che ho fatto. Mi sono sempre piaciuti gli squali, ma... ho avuto un'infanzia un po' turbolenta, mi ha costretto a crescere presto e a dover affrontare diverse situazioni. Avevo 15 anni e lessi su una guida che lo squalo simboleggiava curiosità, intelligenza, potenza e coraggio. Ho pensato che sarebbe stato come un promemoria di ciò che volevo e dovevo essere.»

Shoto sorrise.

«Beh, lo sei», mormorò scaturendo un leggero rossore sulle guance dell'altro. «E gli altri?»

Eijiro prese qualche momento prima di rispondere.

«Devo prima raccontarti una storia. E prima che tu possa farti domande, sì. Sono sicuro e voglio farlo.»

L'aria cambiò improvvisamente, Shoto non disse niente.

«Ho un giglio sulla spalla, che simboleggia mia madre, ed una fenice sul fianco che invece simboleggia la mia rinascita. Devi sapere che mio padre non è mai stato esattamente un modello da seguire, nella mia vita. Parti dal presupposto che sono stato un errore di valutazione, un preservativo rotto se vogliamo dare una definizione alla cosa. Non mi ha mai voluto, e invece di farmi il favore di abbandonare me e mia madre ha preso la malsana decisione di rimanere con noi perché non aveva nessun altro posto dove andare.»

Sbuffò appena, Shoto trovava quella storia piuttosto familiare; sentiva il cuore battere all'impazzata ma continuò a rimanere in silenzio.

«Non ricordo esattamente quando ha iniziato ad essere violento, so solo che beveva davvero tanto e che mia madre ha fatto di tutto per non farmi capire come stessero le cose. Mi ha protetto da lui e dallo schifo. Aveva altre donne, trattava mia madre come una pezza ed io non me ne sono mai accorto.»

Written in the starsWo Geschichten leben. Entdecke jetzt