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328 giorni al 7 luglio

Dodici ore, tredici minuti e sette secondi: il tempo impiegato da Shoto per chiamare Eijiro da quando Izuku gli aveva dato il biglietto con quel numero scribacchiato sopra. Per tutta la sera aveva rimandato fingendo di avere altro da fare, la mattina dopo si rese conto che a quel punto Eijiro doveva essersi accorto di non avere più le chiavi della moto. Aveva camminato nervosamente avanti e indietro per tutto il salotto con il telefono in una mano e le chiavi nell'altra, alla fine era stato Izuku a premere il tasto di chiamata passandogli accanto di soppiatto, senza che l'altro potesse fare niente.

«Ti ammazzo», sussurrò il bicolore mentre sentiva gli squilli già partiti dall'altoparlante. Avvicinò il telefono all'orecchio come se stesse per esplodere, la voce allegra del rosso risuonò poco dopo e Shoto storse il naso.

«Pronto, chi parla?»

«Io! Cioè, ciao!» Izuku soffocò le risate contro un cuscino del divano, Shoto deglutì a vuoto arrossendo visibilmente. «Sono l'amico di Izuku! Mi ha dato lui il tuo numero. Cioè Bakugou l'ha dato a lui, lui a me. Insomma, ecco, sono Shoto.»

La testa del verdino spuntava a malapena dietro il cuscino, il suo corpo era scosso da tremiti per le risate che cercava di trattenere.

«Shoto! Ma certo, tutto bene?»

Il cuore del ragazzo batteva velocemente, ma il respiro si regolarizzò non appena avvertì la calma nella voce del rosso.

«Sì, tutto bene! Tu? Spero di non averti disturbato.»

«Ah, no, tranquillo! Sto bene, grazie ancora per il passaggio dell'altra sera.»

«Non c'è di che! A proposito di questo, ecco... ti ho chiamato perché credo tu abbia lasciato le chiavi della moto nella mia macchina!»

«Quindi le hai tu!» Eijiro sospirò di sollievo, ridacchiò divertito e Shoto riuscì quasi ad immaginarlo mentre si passava la mano tra i capelli sciolti. «Che sollievo, Sho! Pensavo di averle perse.»

Il bicolore sorrise istintivamente, poi scosse la testa ricordando solo dopo che l'altro non poteva vederlo.

«Posso portartele, se vuoi! O magari preferisci che Izuku le dia a Denki, non so...»

Eijiro non rispose subito, sembrava stesse pensando a qualcosa.

«Adesso sono a lavoro, ma tra poco ho la pausa pranzo. Perché non mi raggiungi?»

Il cuore di Shoto perse un battito. Guardò l'orologio senza un particolare motivo, come se poi avesse chissà quale impegno. Izuku lo fissava in attesa, evidentemente curioso di sapere cosa aveva detto Eijiro per portare l'amico a quei livelli di panico.

«Certo», borbottò alla fine spostando il peso da un piede all'altro. «Allora ci vediamo tra poco.»

Chiuse la chiamata, guardò Izuku e si fissarono per qualche secondo prima che il verdino aprisse bocca.

«Allora?» chiese impaziente.

«Niente, mi ha chiesto di raggiungerlo.»

Non dissero altro, Izuku fece del suo meglio per non urlare. Se c'era qualcuno che meritava cose belle, in quella stanza, quel qualcuno era proprio Shoto ed Eijiro sembrava decisamente una di quelle.

Shoto parcheggiò la macchina fuori dall'ospedale dove lavorava Eijiro. Gli aveva scritto per avvertirlo, lui gli aveva risposto di entrare e chiedere di lui perché stava finendo di fare un "giro speciale".

Così era sceso e si era avvicinato alla reception dove lo avevano indirizzato al settimo piano.

Si incamminò cautamente, Shoto odiava gli ospedali; non ci aveva più messo piede da quando sua madre gli aveva inavvertitamente ustionato metà faccia se non per andare a trovare proprio la donna che era stata ricoverata per anni nel reparto di psichiatria.

Written in the starsWhere stories live. Discover now