🔴[Osamu x Reader] 'My Favour'

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Grecia, 146 a.C.: anno della conquista romana

Urla, pianti e ordini. Solo questo si sente in città.

Osservo dalla piccola finestrella di casa nostra ciò che succede all'esterno e vado nel panico più totale nel momento in cui davanti alla mia vista si stagliano delle enormi lingue di fuoco.

Ancora urla, soprattutto di dolore e sofferenza. Ancora pianti, di chi ha perso qualcuno. E ancora ordini da entrambe le fazioni.

-Madre! Padre! Dove siete andati?! E come stanno i miei fratelli?! Zeus, ti prego, fa che stiano tutti bene. Questa è la mia supplica. Fa che vivano e non vengano uccisi!- prego i miei dei, mettendomi in ginocchio

Guardo tutti i progetti non ancora conclusi di mio padre e spero con tutta la mia anima che lì fuori non sia morto.

Quando sono usciti per andare dai miei fratelli a portare delle nuove armi, tutti e tre soldati nell'esercito cittadino, mi hanno intimato di non muovermi di casa.

Io non so niente di ciò che sta accadendo qua. L'unica cosa che so è che sono giunti i Romani. E i Romani sono un popolo violento e che non è in grado di comprendere la bellezza. Una popolazione meschina e crudele, la quale ti ferisce senza una precisa colpa e che si diverte a vedere i suoi sottomessi soffrire.

So bene che non vogliono mi succeda qualcosa. È per questo che mi hanno confinato qui dentro. Però io non riesco a starmene qua, al sicuro, quando non so come stia la mia famiglia lì fuori. Io...voglio aiutarli a mio modo.

Come figlia di un artigiano e scultore, non ho molte doti. Aiuto mio padre nel suo mestiere e molte volte poso per delle statue di altri artisti. Non ho capacità fisiche come loro. Non ho capacità intellettive e strategiche. Tutto ciò che ho è un corpo giovane e un forte senso dell'obbedienza. Ma in questo momento critico non possono servirmi a niente.

Sosto disperata in mezzo al luogo dove viviamo. Non ho molte alternative: o resto dove sono come una codarda oppure esco e prego affinché nessun romano mi trovi e mi uccida.

È una casa un po' più isolata rispetto alla città dal momento che si trova su un pendio e tale elemento può essere a mio vantaggio.

Forse allora mi conviene davvero restare qua. Ma che fare nel mentre? No, (T/n), è stupido pensarci in un momento del genere. Pensa a nasconderti e non uscire.

Decidendo di mettermi al sicuro, mi reco nello studio di mio padre, dove posso trovare riparo dietro a tutti i suoi stampi e i calderoni usati per sciogliere il bronzo e creare i pezzi per le sue opere.

E lì prego. Prego Zeus. Preso Atena. Prego Poseidone. Prego Ares. Prego l'intero Olimpo, nella speranza che non succeda niente alle mie persone più care. Prego assiduamente per quello che mi sembra essere un lungo tempo ma che, effettivamente, non so.

C'è solo un momento in cui mi sposto dal mio piccolo rifugio: quando sento un forte rumore dall'esterno.

Preoccupata, esco dal mio piccolo posto sicuro e guardo attraverso la finestrella. Fuoco. L'unica cosa che si vede è fuoco. La città è sparita in esso.

-No!- urlo, disperata

Non do più conto, in quel momento, a tutti gli avvertimenti che mi sono stati dati. L'unica cosa a cui penso è la mia famiglia.

Apro la porta di casa velocemente e corro fuori di essa, direzionata verso il centro. Evito le vie principali, dove posso incontrare qualche romano, e prediligo le stradine per il bosco. In questo momento sono più sicure.

Sono più le volte in cui cado o inciampo, ferendomi le braccia e le gambe, ma il dolore non mi ferma. Nemmeno i piccoli rivoli di sangue riescono a destare la mia avanzata.

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