Capitolo 12

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La macchina di Fin accosta davanti a me. Riesco a scorgerlo dal vetro dell'auto, indossa un pantalone della tuta e una maglietta nera attillata. Apro la portiera sedendomi sul sedile anteriore, accanto a lui, che da quando mi ha vista continua a guardarmi dalla testa ai piedi.

Mette in moto la macchina e parte, ma non posso fare a meno di rigirami verso il locale, dove riesco a scorgere Rein a braccia conserte poggiato con le spalle al muro mentre mi fissa, prima che l'auto di Fin lo superi e io lo perda di vista. Il mio cuore perde qualche battito, da quanto tempo era lì senza che me ne fossi accorta? Era venuto a vedere dove fossi finita? Probabilmente no. Sicuramente no. Lascio cadere la testa sul sedile, facendo un profondo respiro.

«Tutto bene?» domanda Fin lanciandomi una veloce occhiata prima di riportare gli occhi sulla strada.
«Sì, ma non mi andava di restare più in quel locale.» rispondo vaga, di certo non racconterò a lui di Rein.

«Sei ubriaca?» continua.
«No, ho solo bevuto un pochino.» sospiro guardando la città scorrere accanto a me.
«Non eri uscita con la tua amica e il suo ragazzo?» E questo lui come lo sa?
«Non è il suo ragazzo» rispondo invece, fin troppo acida persino alle mie orecchie. «Voglio dire, sì, insomma, sono andata con lei e il ragazzo che l'ha invitata, ma poi lei ha incontrato il suo ex, e voleva restare, mentre io no.» aggiungo tentando di rimediare.

«Non poteva riaccompagnarti quel ragazzo?»Non capisco perché tutte queste domande, forse l'ho disturbato. Non avrei dovuto chiamarlo.
«Non voleva andarsene così presto.» mi invento.
«Che razza di idiota accompagna delle ragazze senza poi riportarle indietro quando lo desiderano?» domanda ironico, e, aggiungerei, adirato.

Lo stesso idiota che ha deciso di farmi impazzire nel giro di una settimana. Una sola, maledetta, scioccante settimana.

«Possiamo smetterla con le domande per favore?» chiedo stanca.
«Sì, certo, scusami.» si zittisce. Nessuno dei due parla durante il resto del tragitto.
Mio padre tornerà domani, e, ora che ci penso, da quando è partito non si è mai fatto sentire, non che io lo abbia chiamato, ma è lui il genitore. Le luci di casa sono tutte spente, frugo nella borsetta che ho portato per cercare le chiavi. Fin spenge la macchina, aspettando in silenzio accanto a me, che sto imprecando perché non trovo le chiavi, eppure sono sicura di averle portate.

Solo...non riesco a trovarle.

«Scusami ora vado.» biascico aprendo lo sportello della macchina.
«Ti accompagno.» afferma scendendo anche lui dalla macchina. Giuro, in questo momento vorrei urlare.
«Non è necessario.» mi affretto a dire, ma lui non mi ascolta dirigendosi verso casa mia come se fosse sua.
Non ho le chiavi, mio fratello molto probabilmente non è in casa e spero con tutto il cuore di aver lasciato la finestra della mia camera aperta, in modo da avere una possibilità di accesso.

La fiducia è tuttoWhere stories live. Discover now