Capitolo 29

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Proseguo in silenzio verso casa di Eva, ripensando a ciò che è successo ieri, al quasi appuntamento con Rein e alla bugia detta a mio fratello, e, dopo averci pensato tutto il giorno sono arrivata alla conclusione (ancora una volta) che non capirò mai i ragazzi.

Sono sicura che Eva abbia un'opinione su tutto ciò, e non vedo l'ora di sentirla, in modo tale che il mio mal di testa, dovuto al troppo pensare, finisca.

In poco tempo mi trovo davanti alla porta di casa della mia amica, e senza indugiare mi attacco al citofono, intonando il solito motivetto che abbiamo stabilito io ed Eva per far sapere l'una all'altra chi è. La porta si apre poco dopo e ne esce la madre di Eva, che con un sorriso a trentadue denti mi abbraccia. È una donna bellissima appena sulla quarantina, ma sembra ancora una trentenne, potrebbe benissimo recitare come "Lorelai" in "Gilmore Girls".

«Melissa! Che piacere rivederti! Allora? Ci sono novità? Devi raccontarmi tutto! Ragazzi e quant'altro.» inizia come un tornado senza darmi modo di rispondere alle sue domande.
«Mamma lasciala respirare!» interviene Eva spuntando dietro di lei e abbracciandomi a sua volta.
«Va bene amore, scusa.» sorride Elen alla figlia.

Ho sempre amato il rapporto tra loro due, e forse anche un po' invidiato. Non ho avuto abbastanza tempo per poter instaurare un rapporto del genere con mia madre, mi è stata portata via troppo presto. Avrei solo voluto avere più tempo con lei, ma non è stato possibile, e per il momento non è ancora stata creata una macchina del tempo che mi faccia tornare indietro, anche solo per rivederla. Mi rendo conto che più passa il tempo e più faccio fatica a ricordare la sua voce, il suo viso, e questo mi spaventa a morte; la paura che me la dimenticherò è qualcosa che non riesco a fronteggiare, sarebbe come annullare un pezzo della mia esistenza. Vorrei poter sentire ancora la sua voce, vedere il suo viso ed essere amata nel modo in cui solo lei sapeva fare.
«Dai Mel, vieni! Andiamo di sopra!» esclama Eva agguantandomi per un braccio e trascinandomi su per le scale. Scaccio via i pensieri dalla mia mente e le sorrido, ricordandomi che nonostante tutto ho molte persone che mi vogliono bene e che è anche grazie a loro se sono riuscita ad andare avanti.

Eva si lancia a delfino sul letto, facendomi scappare una risata.
«Stai per caso ridendo di me?» domanda sollevando un sopracciglio e alzando un angolo della bocca.
«Affatto! Scommetto che avresti ricevuto la medaglia olimpica per quel tuffo a delfino.» ribatto ridendo.
«Si certo, come no!» obietta Eva sistemandosi a pancia all'aria guardando il soffitto. Mi stendo di fianco a lei poggiandomi su un gomito in modo da vederla meglio.

«Tutto bene Ev?» chiedo vedendola pensierosa. Dopo qualche attimo di silenzio la mia amica risponde.
«Si, è solo che...» inizia lanciando un'occhiata alla porta come per paura che qualcuno possa spuntare dal nulla.

«Stamattina ho sentito mia madre, mentre stava al telefono... e credo che stesse parlando con mio padre.» dice guardandosi le mani. Il padre di Eva le ha abbandonate quando lei aveva otto anni, perché continuava a dire che era stato tutto uno sbaglio, che si erano sposati troppo giovani, e non voleva farsi carico di sua figlia. Una vera merda insomma. Elen aveva passato un brutto periodo dopo l'abbandono dell'uomo che amava, ed Eva era stata per un anno dai nonni. Per lei era stato un vero trauma, dopo che per otto anni aveva avuto una figura paterna accanto, così di punto in bianco, da un giorno all'altro, quella stessa persona, che considerava essere il suo eroe, era sparita.
«Sei sicura che fosse lui?» domando dubbiosa, magari aveva sentito male.
«Si, ha detto il suo nome.» risponde mettendosi di fianco in modo da potermi vedere.
«E tua madre al telefono come sembrava? Intendo era arrabbiata...» chiedo.
«E' proprio questo che non capisco!» esclama arrabbiata. «Rideva e scherzava, come se non fossero passati anni, come se lui non ci avesse abbandonate!»
«Ne hai parlato con tua madre?» domando con tono di voce gentile vedendola sull'orlo delle lacrime.
«No, non saprei che dirle.» sospira rassegnata tirando su con il naso.
«Sono sicura che un modo lo troverai quando ti sentirai pronta a parlarne. Prenditi tutto il tempo necessario, non ti corre dietro nessuno.» suggerisco strizzandole un braccio.

«E cosa faccio se mi dice che si stanno risentendo?» domanda guardandomi con gli occhioni.
«Niente. Tua madre è adulta, ed è capace di prendere le sue decisioni, se tu non vorrai avere niente a che fare con lui, allora non lo vedrai. Devi essere tu, e soltanto tu a decidere per te stessa e ciò che è meglio per te.» le sorrido sperando di averla tranquillizzata.

«Grazie Mel.» dice Eva singhiozzando e lanciandosi su di me per abbracciarmi. Decido di non dirle niente dei miei "problemi", non voglio gravarla di un altro peso.

«Eva non azzardarti a piangere che lo sai che se piangi tu poi piango anch'io.» sibilo minacciosa.

«No-n st-to pi-an-ngen-do.» singhiozza sulla mia spalla.

«Maledetta!» urlo prima di iniziare a farle il solletico ovunque.

Ben presto i suoi singhiozzi sono rimpiazzati dalle nostre risate, che potrebbero benissimo aver svegliato tutto il vicinato.
«Ragazze tutto bene?» domanda Elen sull'uscio della porta con un sorriso sul volto.
«Tutto bene.» rispondiamo all'unisono riprendendo fiato.

«State facendo una battaglia di solletico e non mi avete avvisata? Come avete potuto!» esclama Elen fingendosi indignata. Io ed Eva ci scambiamo uno sguardo complice prima di alzarci di scatto dal letto e avventarci su di lei.
«Oddio...Ba-basta Ra-ragazze s-sto morendo.» urla Elen ridendo. Io ed Eva ci fermiamo, dandoci un minimo di contegno prima di sorriderle amabilmente.

«Siete due piccoli diavoli. Chi ha fame?» domanda con il fiatone.

Noi alziamo la mano istantaneamente.

«Sushi?» chiede Elen, e, dopo aver visto i nostri sorrisi entusiasti, prende il telefono per ordinare da asporto.

La fiducia è tuttoWhere stories live. Discover now