Capitolo 1

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L'orologio della macchina segnava le cinque e tredici. Era a metà strada e ancora non era accaduto.
Stava bene; assonnata, sì, ma bene.
La sveglia aveva suonato alle quattro e ventisette. Nessun incubo quella notte, era la seconda notte di fila che l'inconscio la risparmiava.

Aveva aperto gli occhi, semplicemente. Niente urla, niente salti dal letto.
Aveva aperto gli occhi, sotto le coperte di flanella, avvolta nel suo pigiama di pile, e stava bene.                    

La provinciale buia e deserta viaggiava davanti a lei priva di ogni sfumatura che inneggiasse alla serenità. Tutt'altro.
Le case erano spente, brutte, coperte da un denso strato di nebbia, nemmeno fosse diretta verso Silent Hill.
Sovrappensiero, cosa più unica che rara, Samantha si accese una sigaretta;  abbassò il finestrino della sua fantastica cinquecento scassata. Era appartenuta prima di lei alla sorella maggiore, Olivia, la cara e prediletta di mamma e papà.

Si dice che la secondogenita sia quella più viziata e amata... beh, non era il caso di Samantha.
Tatuaggi contro pelle candida e pulita. Diploma superiore contro università. Lavoro da operaia in fabbrica contro master in lingue straniere applicate.
Chissà come avrebbe suonato la frase "non ho voglia di studiare" in russo.

Superato l'ultimo semaforo che la separava dalla fabbrica, si azzardò addirittura a canticchiare una canzone che passava in radio, nella replica delle cinque e mezzo; nonostante questo, in un angolino della sua mente, un pensiero si annidiava, come una corda di fumo nero:
Ogni volta che sembra andare bene, finisce male.

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Quel giorno sfilò pesante ma veloce.
Le chiacchiere con le colleghe di solito la tiravano un po' su di morale, per lo meno la distraevano da quel desiderio frenetico di fuga dal mondo, ormai una costante delle sue giornate.
"Insomma ieri sono uscita con questo..." le diceva Nina, la sua collega dalla Costa d'Avorio, venuta in Italia dieci anni prima.
Madre single di un bimbo di cinque anni, Daren, un'aria un po' arrogante e il tipico fisico dell'Africa occidentale.
"E niente, dopo il cinema mi ha portata a casa sua... ehi! Non guardarmi così! Sono una mamma sola di trentacinque anni, mica da buttare!"
"Lo so, lo so, non ho detto niente!"
I suoi occhi, però, parlavano per lei.

Dopo la sua ultima storia, con quello che lei definiva "il coglione", finita un anno e mezzo prima, non aveva più voluto saperne di relazioni.
Certo, qualche avventura l'aveva fatta anche lei: non era così incoerente da pensare di non aver bisogno di un po' di, per così dire, movimento.
Alla fine aveva solo 28 anni, non era "da buttare", come avrebbe detto Nina.

Amava andare in discoteca con quelle uniche amiche degne di essere ritenute tali, e inevitabilmente incontrava uomini attraenti e ben disposti verso di lei.
Ogni volta Sam sorrideva, accettava da bere, magari ballava un po'... raramente andava oltre, soddisfaceva quel bisogno molto meno di quanto avrebbe potuto.

Il motivo era semplice: "nessun uomo è capace, in nessun modo e in nessuna circostanza, di tenerlo dentro ai pantaloni per più di dieci minuti".

Questo era il suo motto, dopo essere stata tradita da Nicola che, poverino, era finito accidentalmente dentro ad un'altra ragazzina.

Ma non voleva, era ubriaco, povero, per lui non significava niente.

Dieci minuti sono davvero pochi, insomma, una si distrae un attimo e l'altro taac, lo tira fuori, chi c'è c'è, chi non c'è, non c'è.

Mentre una parola che iniziava per vaff... stava per uscirle sommessamente dalle labbra, Nina la riportò alla realtà.
"Forse dovresti provare anche tu a cercare qualcosa di serio... se lo sto facendo io, che ho divorziato, perché non dovresti tu?"
Perché, alla mia etá, tu stavi per rimanere incinta dell'uomo che poi, puntualmente, te l'ha messo in quel posto, lasciandoti un figlio a carico e sparendo dalla faccia della terra per andare con una bionda tutta labbra incontrata in discoteca?
"No, Nina, non penso che lo farò. Sto bene così" bugia.
"Oddio, dire che stai bene è un po' esagerato tesoro, non credi? Hai delle occhiaie..."
"Si beh di sicuro non ho le occhiaie perché sto sveglia di notte a pensare agli uomini. Direi invece che sono uno dei miei ultimi pensieri!"
L'ultima parola aveva dovuto sottolinearla con un verso di sforzo perché, in tutto ciò, i pezzi che caricava sulla linea erano davvero pesanti.
"Ci credo... come va con i tuoi?"
"Bah, litigano un po', come sempre. Tanto, l'unico modo per farli stare buoni sarebbe di far tornare Olivia da Milano per un po'. Davanti a lei fanno i santi..."

Olivia studiava per l'ennesimo master a Milano, a cinque ore di macchina da casa, in cui metteva piede un weekend ogni due o tre mesi.
I suoi genitori erano sposati da più di trent'anni. Chiaramente, come in tutti i matrimoni, c'erano stati molti alti e bassi però, tutto sommato, Samantha credeva che a modo loro si amassero ancora. Certo forse non come quando avevano venti e trent'anni, però di base l'amore c'era.

Suo padre forse era uno dei pochi a non rientrare nella categoria dei "dieci minuti" ma, in quanto uomo, era dotato di poca pazienza ed un pizzico di superficialità di troppo.

Sua madre, dodici anni più giovane di lui, era al contrario molto sensibile e ansiosa, dono che aveva tramandato alla figlia minore. Si dice in giro che fossero una la fotocopia dell'altra, anche se alla figlia mancava una cosa fondamentale che le accumunasse: un uomo che l'amava.
Erano cambiati i tempi, rispetto alla loro epoca.
"Come pensi di trovare qualcuno che ti ami per quello che sei, se ti ricopri di tatuaggi e piercing? Sembri uno scolapasta!"
Davvero molto simpatica.

In realtà Samantha non era veramente uno scolapasta come verrebbe da pensare ascoltando la madre: aveva qualche piercing, sì, all'ombelico, naso, orecchie ed un altro posto di cui solo lei era a conoscenza. Cinque tatuaggi non molto grandi sparsi per il corpo e nulla più. Ah, una certa tendenza all'autolesionismo, ma ultimamente riusciva a tenerla a bada.

Il suono della campana delle tredici e trenta la fece sobbalzare, e poi sospirare di felicità.
"A domani Nina"
"A domani, Sam".

Fiamme Gemelle, amore e destinoWhere stories live. Discover now