Capitolo 27

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-Avevo promesso di strale lontano,
di non guardarla, toccarla o solamente pensarla...
Ma quando mi ha sorriso per la prima volta,
ho capito che tutte quelle promesse sarebbero andate a farsi fottere.-

𝓔inar

"Promettimi che quando perderai il controllo, verrai da me. Promettimelo, Einar."
Non posso. Non posso portarla nel mio passato, o si farebbe male, come succede ogni volta a me; e sarebbe molto egoista da parte mia permetterglielo.

Le delicate dita del Piccolo Salice percorrono le mie cicatrici, accarezzandole con un delicatezza innaturale e prendendosi cura di me. Schiudo le labbra portando l'attenzione solo su di lei, guardandola meravigliato e sentendo il cuore battere per l'emozione. Questa nuova sensazione si continua a irradiare dal cuore, per poi ripercuotersi su tutto il corpo strappandomi un sospiro tremulo, mentre le mie labbra screpolate chiedono pietà. Non ho bevuto nemmeno un sorso d'acqua dopo la mia crisi, sono subito corso da lei per vedere come stava. Lei, l'unico mio pensiero costante, anche quando la mia mente era soggiogata dal mio triste e tormentato passato.

Il mio nome che continuava a uscire dalle labbra del Piccolo Salice, gli occhi che emanavo speranza per me, anche quando non c'era nulla per cui sperare. Non più, almeno.
Le sue urla riescono ancora a lacerare le pareti della mia mente spezzando la lucidità acquistata da poco, ma, come se il nostro flusso di pensieri fosse connesso, la voce del Piccolo Salice arriva in una delicata e dolce melodia, riportandomi qui, davanti alle sue iridi grigi con mille sfumature azzurre. Delle iridi speciali e uniche quanto lei...

≪Einar...≫ non mi accorgo che la sua mano ha raggiunto la mia guancia, accarezzandola con timore come se potesse spaventarmi. Deglutisco, socchiudendo gli occhi e beandomi del calore provocato da lei. Dal mio Piccolo Salice.

≪Ti sto dando fastidio?≫ sussurra preoccupata, bloccando i suoi polpastrelli in un punto preciso della mia guancia. Dopo un paio di minuti nego con la testa, ancora destabilizzato da come tutto si è ribaltato in pochi secondi: Willow che viene portata via da me, io che perdo nuovamente il controllo di me stesso, i ragazzi che cercano di calmarmi fallendo miserabilmente e la mia mente posta solo sul pensiero del Piccolo Salice, sovrastando quello di Russell.

Willow si morde il labbro, prima di iniziare ad accarezzarmi le guance con le nocche bendate. Un piccolo ma luminoso sorriso spunta tra i suoi tratti del viso stanchi e sofferenti, e non posso far altro che digrignare i denti dalla rabbia nel vederla in questo stato. E la colpa è solo mia...

≪Andiamo.≫ Non aspetto una sua risposta, mi divincolo dal suo tocco e sguardo, incamminandomi verso la porta per uscire dal mio ufficio. I piccoli ma veloci passi del Piccolo Salice incespicano tra loro spesso, ma questo non la ferma dal volermi raggiungere. La sua mano fasciata si posa sul mio braccio, fermandomi, usando una forza di cui non pensavo possedesse.

≪Smettila.≫ Pronuncia in tono severo, lanciandomi un'occhiata ammonitrice.

Alzo un angolo della bocca in contemporanea alle sopracciglia. ≪Che vuoi dire?≫ il mio modo beffardo la fa innervosire, lo vedo dai suoi movimenti nervosi e l'arricciare continuo del suo naso.

Un profondo e lungo respiro solleva il petto di Willow, mentre il suo sguardo percorre ogni centimetro del corridoio, perdendosi in queste mura con turbamento e quasi angoscia. La sua stretta si rafforza sul mio braccio, spingendomi dietro di lei nella sua piccola corsa verso una meta a me sconosciuta.

Dove vuole andare?

Con un colpo apre la porta di camera sua, trascinandoci dentro, e chiudendola subito dopo con delicatezza. Impiega un paio di minuti per alzare il mento e puntare gli occhi nei miei. La sua mano lascia con titubanza il mio braccio, e un brivido e formicolio mi fanno serrare la mascella.

Re-start, Ricomincio da teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora