Capitolo 31

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𝓦illow

Con il respiro ancora affannato prendo posto su una panchina, davanti al via e vai delle persone che escono dalla piccola ma famosa pasticceria di Manhattan, purtroppo sempre affollata. L'odore di dolciumi arriva fino al mio olfatto, ma nemmeno esso riesce a distrarmi dagli ultimi avvenimenti che hanno ribaltato le carte in tavola, ancora una volta.

Delle lacrime minacciano di rigarmi di nuovo le gote, ma le ricaccio, costringendomi a mostrarmi forte anche quando vorrei sprofondare nella più totale disperazione, lì dove non hai più aspettative per le azioni future. Rimani bloccato nel passato, circondato da un filo spinato che non ti permette di lasciare la gabbia passata alle spalle per vivere il presente.

Chiudo gli occhi, stringendomi in me stessa, urlando mentalmente al mio cervello di smetterla di pensare a ogni singolo momento della giornata, unito ai ricordi di un paio di settimane fa, quando sono atterrata a Manhattan, fino ad arrivare alle immagini di anni indietro.

Sento qualcuno sedersi accanto a me, sulla panchina, strappandomi dal buio creato dalla mia testa fin troppo incasinata.

Non impiego più di qualche secondo a intuire chi è la persona al mio fianco: il suo sguardo trapassa la mia pelle, alla ricerca di ferite interne appena inflitte. Un sospiro rumoroso, che fa intendere l'angustia e rabbia che prova, riesce ad attirare la mia attenzione.

Il castano al mio fianco mi osserva, mentre con una mano si aggiusta il ciuffo, ricaduto sulla fronte. Il suo petto si alza e abbassa ritmicamente, come se avesse corso per arrivare da me. Maschero il mio accenno di sorriso, schiarendomi la voce.

≪Che cosa ci fai qui?≫

I suoi occhi indugiano sulle mie labbra. ≪Ti ho seguita per vedere come stessi. Quello che ha detto James...≫, prende un profondo respiro, indurendo il tono di voce, ≪cazzo, il mio autocontrollo già precario stava per crollare definitivamente, ma vedere te correre via mi ha indotto a seguirti, invece che stare dietro a tuo fratello.≫

Noto la smorfia infastidita che ha nel pronunciare il nome di James, e il senso di colpa arriva più agguerrito di prima.

Ho distrutto un rapporto così bello tra due migliori amici...

La sua mano si avvicina alla mia guancia, ma mi divincolo dal suo tocco, tossendo con evidente imbarazzo.

≪Non possiamo più. Mio fratello ci ha scoperti, Einar.≫ Distolgo lo sguardo dal suo, non riuscendo a osservarlo per più di due secondi. Il cuore duole a queste parole, ma mi costringo a rimanere rigida e inflessibile.

≪Lo so, ma questo non cambia nulla.≫ Ribatte con un certo astio nella voce, serrando i pugni. Addolcisce lo sguardo quando si rivolge a me. ≪James non sarà d'intralcio in quello che abbiamo creato, non adesso. Sei-≫, vedo che rende un profondo respiro, cercando i miei occhi. ≪Sei diventata troppo importante per poterti lasciare andare. Non sono ancora pronto... mormora alla fine, facendomi rimanere di stucco. Dal suo tono e sguardo, percepisco qualcosa che mi induce a voler curiosare di più.

Perché sembra che prima o poi dovrà lasciarmi andare? È come se lo sapesse...

Il mio sguardo indugia un po' troppo sul suo volto, mentre un verso di disapprovazione fuoriesce dalle mie labbra. Io non voglio che Einar se ne vada; non voglio soffrire ancora la perdita di un'altra persona, anche se in maniera diversa. Lui è riuscito a coprire, in parte, quella mancanza.

≪Il solo pensiero mi fa già stare male.≫ Ammetto, pizzicandomi con le unghie il labbro screpolato.

≪L'ho capito. Oramai sono diventato il tuo punto debole, Piccolo Salice.≫ 

Re-start, Ricomincio da teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora