Capitolo 35

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-A te, che ti ho perso prima che potessi averti.-

𝓦illow

Sbatto con forza la porta d'ingresso di casa dei miei genitori, e anche i cardini tremano al percepire l'energia adirata che mi sormonta. Sorvolo l'occhiata guardinga che mi lancia l'autista di famiglia, fermo davanti all'auto lussuosa.

Cammino con ampie falcate, immergendomi nella boscaglia che fa da perimetro a casa dei miei genitori, raggiungendo in tutta fretta il maestoso cancello in ferro battuto. Pesto alcuni rami e sassolini, imprecando quando inciampo in uno di essi e rischiando anche di cadere rovinosamente a terra.

Le parole di mia madre, mentre squadrava il mio corpo e arricciava le labbra in una finta smorfia di apprezzamento ritornano con prepotenza nella mia testa, ma le scaccio, non volendo peggiorare il mio umore. Alla fine sono stata richiamata da sua maestà, solo per creare in modo perfetto, seguendo ogni forma del mio corpo con tessuti di colori che si potessero abbinare alla mia carnagione, il vestito per il loro gala. Inutile dire che ho dovuto mettere in atto gli esercizi di respirazione letti e imparati in alcuni video trovati su internet, solo per calmarmi.

La sarta assunta per prendere le misure dei miei fianchi, busto, spalle e braccia era il più gentile e professionale possibile; nessun giudizio fuoriusciva dalla sua bocca, in confronto alle frecciatine mirate di mia madre che servivano solo a farmi sentire inferiore.

Calpesto il fogliame, sbuffando rumorosamente con ancora i nervi a fior di pelle. Provo a scacciare la rabbia in qualche modo, ma l'unica cosa che vorrei fare in questo momento è trovarmi con qualcuno che mi aiuti a risollevare il morale com'è capitato qualche ora fa con Alex.

Sorrido al ricordo di come abbiamo cantato a squarciagola in macchina, riponendo in un angolo buio tutte le vicende che hanno compromesso il nostro rapporto amichevole. Ed ecco che, anche se non vorrei, il piccolo ma titillante allarme nel mio cervello suona, ricordandomi delle condizioni di mio fratello, questa mattina, quando è entrato in cucina a fare colazione.

Serro i pugni, rammentano perfettamente la tensione creata e il sesto senso che mi suggeriva che c'era qualcosa sotto.

Qualcosa, di cui però non riesco a capirne un bel nulla... Ogni opzione che appunto viene sopraffatta da un'altra, e ritorno sempre al punto di partenza.

Trattengo a stento uno strillo, rovistando nella mia borsetta a tracolla il telefono. Attraverso il cancello, tutta trafelata, contenendomi quando l'irrefrenabile voglia di rivolgere un brutto gesto alla casa accresce.

Chiamo Alex, picchiettando il piede contro il marciapiede. Arriccio il naso all'insopportabile voce della segreteria telefonica. Riprovo una seconda, terza e quarta volta, ottenendo lo stesso e medesimo risultato, se non con la differenza del mio nervoso aumentato a dismisura.

Alla quinta chiamata persa mi arrendo, serrando le labbra tra loro per non imprecare sonoramente.

Mi gratto il mento e compongo il numero di mio fratello, provando a chiamare lui. Anche quest'ultimo, però, non è reperibile.

≪Dio, per favore, dimmi che è solo uno scherzo...≫ mormoro, tartassando di messaggi James e Alex e aspettando con impazienza una risposta. Non ricevendo nulla, serro gli occhi trattenendo a stento l'istinto di gridare al vento contro qualsiasi divinità che mi ha presa di mira quest'oggi.

Alla fine, dopo mille esitazioni e minuti a fissare il vuoto contemplando sul da farsi, mi decido a chiamare Einar, ma ricevo lo stesso risultato: la dannata segreteria telefonica.

Reprimo la frustrazione che vuole esplodere in vari gestacci, ricordandomi mentalmente che quando arriverò a casa -se arriverò- gliene dirò quattro a tutti e tre.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 27 ⏰

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