Black!

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Chapter 31: Black!
Matt quel giorno era in cucina, stava vedendo sua zia Maria alle prese con una torta.
Suo padre era occupato con il pc, stava inviando le ultime cose del lavoro. Mentre sua madre stava parlando con suo fratello e la fidanzata.
Il suo cellulare all'interno dei jeans lo informò dell'arrivo di un messaggio, quando lo tirò fuori, lesse chi era il mittente.
Da: Sméagol
"Sto tornado a casa. Verso le otto dovrei essere all'aeroporto."
-Ma che diavolo...- disse.
-Che ti prende?- gli chiese Federico.
Matt rilesse più volte il nome, prima di guardare i presenti che attendevano di sapere che gli era preso.
-Lune sta ritornando- disse.
Maria guardò Matt, incredula e preoccupata, esattamente come il nipote.
-Davvero?- chiese la madre, un sorriso comparve sulle sue labbra. -è fantastico- esordì alla fine.
-No, che non lo è- Matt guardò la zia. Entrambi sapevano che c'era qualcosa che non andava, e si chiedevano cosa fosse.
-Perché dici così?- gli chiese, scocciato, il fratello.
-Perché...significa che sta male- prese le chiavi.
-Che vai farneticando?- continuò il fratello, ma Matt non li prestò più ascolto. Usci dalla casa raggiungendo la macchina.
All'aeroporto Matt di tanto in tanto si alzava in punto di piedi, per vedere una testa rossa, e quando la vide li mancò un battito.
Lune si guardò attorno, mentre si trascinava la valigia dietro di se.
-Lune- la chiamò Matt, muovendo dei passi verso di lei, che si voltò, e appena lo vide li corse incontro, abbracciandolo subito.
-Che ci fai qui?- le chiese stringendola.
-Va tutto male Matt. Tutto- disse Lune.
-Siamo insieme ora, tranquilla- le disse il ragazzo.
- - -
Per tutto il tragitto, Lune fu silenziosa e con la testa poggiata al finestrino guardò fuori da essa.
Doveva ammetterlo, le faceva strano vedere tutte quelle strade familiari, ma mai quando si fermarono davanti alla casa. A Lune parve di essersi svegliata da un bellissimo sogno e di ritrovarsi nuovamente nella realtà, quella realtà dalla quale due anni fa era scappata.
Usci dalla macchina, mentre Matt tirava fuori la valigia.
Lune si guardò intorno, non sapeva dirlo nemmeno lei cosa stava provando.
La porta d'ingresso si aprì, mostrandole sua madre sulla soglia. La donna sorrise smagliante quando la vide.
-Lune- le andò incontro abbracciandola. -è così bello averti a casa- aggiunse.
Casa.
Lune non riusciva a dare quel nome a qual posto.
Se nemmeno li si sentiva tale, si chiese..."qual'è casa mia?".
-Forza entra, sarai di sicuro affamata-
-Non tanto sinceramente- rispose Lune. Mentre la madre la trascinava dentro casa.
Suo padre le andò incontro con un gran sorriso sul viso, un po' come Federico e la ragazza Giulia, che Lune conosceva da quando aveva quindici anni.
Quando vide sua zia Maria, l'abbracciò forte.
-Mia piccola Lune, cosa ti ha fatto ritornare?- le chiese accarezzandole il viso.
E gli occhi di Lune si velarono.
-No, no- disse la donna provando a calmarla.
Lune cercò di nascondere quelle lacrime, che lasciarono sorpresi i presenti.
Matt la raggiunse e portando un braccio a circondarle le spalle, l'avvicinò a se.
-Andiamo di sopra Lune- le disse.
Erano le undici passate, quando Matt, fuori dalla casa, seduto sulle scale stava al cellulare.
-Dire che è a pezzi è un eufemismo. Io e mia zia abbiamo provato a tranquillizzarla, ma continuava a dire che si sentiva una stronza per Tyler e altre cose varie-
-Nessun altro è messo tanto meglio qui- rispose Hope dall'altro capo del telefono.
-Tu sei al loro appartamento?- chiese Matt.
-Si. E non riesco a dormire in camera di Lune, non senza di lei-
Matt sospirò. Hope li aveva spiegato a grandi linee tutto e lui non sapeva cosa poter fare, la faccenda era parecchio delicata.
-Matt- lo chiamò Hope.
-Si?-
-Lo so che è egoistico da parte mia, ma...ricordale che qui ha una famiglia che l'aspetta-
Lui sorriso -lo farò- le promise.
* * *
Tyler quel giorno stava salendo quell'ascensore insieme a Alan e Hope. Il primo quel giorno sarebbe stato con lui per fargli compagnia, mentre Hope, perché avrebbe dovuto incontrare Calum, che era ritornato per alcuni giorni.
Il biondo non sapeva di essere talmente incazzato con Michael, finché non lo vide.
I quattro erano sul corridoio, si stavano dividendo, dato che Luke era vicino alla porta che portava alla writer's dream.
-Possiamo incontrarci fra un po'. Giusto il tempo di salutarla e vedere come sta- disse ai suoi amici.
Michael aveva lo sguardo a quella sala, e moriva dalla voglia di entrare, per correre incontro a Lune e abbracciarla forte a se. Ma aveva paura di un suo altro rifiuto, che l'avrebbe fatto star male, tanto quanto lei.
-Fammi sapere- sussurrò a Luke, che annuì.
-Farti sapere cosa, stronzo?- gli disse Tyler portando le mani sulla sua maglietta e facendolo aderire contro la parete.
Fu talmente veloce, che nessuno riuscì a fermarlo, rimanendo sorpresi. Michael sgranò gli occhi.
-Farti sapere quanto l'hai distrutta?- Alan cercò di tirarlo indietro e Ashton lo aiutò.
Michael abbassò lo sguardo.
-Non volevo- sussurrò.
-Non me ne frega un cazzo se volevi o no. Glie l'avevo detto, fin dal principi, tu eri sbagliato per lei. L'avresti solo ferita- urlò furioso. -Ma lei ha visto del buono in te. Finendo per rimanere fregata-
-Tyler, calmati. Lune potrebbe vederti. Come pensi che reagirebbe?- gli disse Luke provando a sua volta ad allontanare il biondo dall'amico.
-Non lo so! E non lo saperò mai, perché è andata via- rispose lasciando Michael con una spinta.
-Cosa?- chiesero all'unisono.
Michael portò i suoi occhi, preoccupati, a Tyler. Il biondo già lo stava facendo.
-Ieri, ha fatto le valige ed è ritornata in Italia. Hai fatto si che andasse via anche da me-
-Tyler, sai che non è lui la causa- disse Hope.
-Tu non puoi saperlo. Tu non sai nulla. Proteggilo pure a causa del tuo fidanzato. A me non frega nulla, di nessuno di voi, nemmeno di te- le disse gelido, prima di andarsene.
Hope rimase ferma a guardarlo con sguardo ferito.
Lo sapeva, sapeva che senza Lune si sarebbe sgretolato tutto.
- - -
Quando Lune quella mattina riaprì gli occhi, ebbe bisogno di alcuni secondi buoni, per rendersi conto che era nella sua vecchia stanza.
Si portò seduta, e si guardò intorno. Quella camera era la metà di quella che aveva a Londra, se non un po' più piccola. Aveva le pareti bianche, non c'era più nulla ricoprirle, sua madre aveva tolto tutti i suoi poster, mettendo un quadro. I suoi occhi guardarono fuori dalla finestra, dato che dormiva accanto ad essa.
Quel giardino le riportò alla mente tutte le volte che da bambina correva da una parte all'altra per giocare, finendo per fare merenda a casa della zia, che aveva la casa dietro la sua.
Decise di scendere.
Perciò dopo essersi cambiata, non perse tempo.
In cucina, trovò solo sua madre.
-Sei già sveglia- disse incredula. Sapeva che Lune amava dormire. Ma ormai, da quando stava a Londra si era abituata ad alzarsi a un certa ora.
-Non avevo più sonno- si giustificò.
-Vuoi fare colazione?- le chiese.
-Si- si avvicinò alla cucina.
-Siediti pure, faccio io- le disse la donna.
-Mamma, posso fare anch'io, tranquilla-
-Mi fa piacere invece, è da tanto che non ti vedo- le disse.
Lune decise di non insistere, sarebbe stato sciocco litigare per chi avrebbe dovuto preparare la colazione.
Sedendosi in cucina, guardò la madre muoversi velocemente.
-Stai meglio?- le chiese.
-Si. Mi dispiace per ieri- rispose la rossa.
-è okay. L'importante è che sei qui ora- le sorrise.
-Ti importa solo di questo?- le chiese.
-Certo che no- rispose la madre, guardandola.
-Non ti sei nemmeno interessata a sapere cosa avessi- le fece notare Lune.
La madre sospirò.
-Sapevo che un giorno saresti ritornata a casa in questo stato. Ti sei resa conto che vivere a Londra era troppo difficile e che non riuscivi a stare insieme, a quelle persone che ti ostinavi a chiamare amici, e sei tornata a casa. Non c'è da vergognarsi per questo. Non è stato bello che noi dovessimo vivere questo tuo periodo di ribellione, ma ora sei a casa-
Lune si alzò di scatto dalla tavolo.
-Periodo di ribellione? Non hai capito nulla allora- la ragazza scosse la testa incredula, prima di uscire dalla cucina.
-Lune, dove vai? La colazione è pronta-
-Non ho fame- rispose. Quando uscì di casa sbatté la porta.
La madre rimase a guardare l'uscio incredula.
-Cosa le hai detto?- chiese il padre scendendo le scale.
-Io non riesco più a capirla- rispose la moglie.
Lune era seduta sulle scale, davanti alla casa della zia. Non aveva osato suonare, per paura che stessero ancora dormendo.
Era rimasta li, guardando i messaggi che aveva ricevuto, sentendo un gran vuoto quando si accorse che Tyler non aveva risposto alle sue scuse.
Hope:"Ti prego, ritorna"
Lune si portò una mano fra i capelli, non capendo più quale fosse la cosa giusta da fare.
Pensava che andarsene fosse la cosa migliore, per lei, ma anche per gli altri che non l'avrebbero vista in quello stato. Del tutto persa.
-Lune- la voce di suo zio, la fece voltare. L'uomo si era tolto il capello e guardava la nipote curioso.
La rossa si limitò a un sorriso, prima che lui la fece entrare in casa.
Maria le diede subito una tazza di latte, con dei biscotti che aveva preparato lei.
-Allora, questa volta vuoi dirmi cosa è successo?- le chiese dolcemente la donna, portando una mano su quella della ragazza.
Le parlò in inglese e Lune gliene fu grata, preferiva parlare di più quella che la sua lingua madre.
Spiegò a entrambi gli zii, tutto. Il blocco, la facendo con Roland Flin e le sue insicurezze e anche della sua storia con Michael.
-Oh tesoro mio- disse veramente dispiaciuta.
-Non posso dirti niente riguardo quel ragazzo, ma sono più che certa che quel Flin si sbaglia. Ho letto anch'io il tuo libro e fidati quando ti dico che da molto. Emoziona Lune, tu hai questa capacità, non pensare il contrario solo a causa di quell'idiota-
-Tua zia ha ragione. Quell'uomo è stato meschino. Non permettergli che l'abbia vinta- disse lo zio.
-Il fatto è che...ha portato prove con se. Io non ho fatto del bene-
-Lune, ma cosa dici?- Maria la guardò incredula.
- - -
Le giornate della rossa passavano in quel modo.
Era chiusa in se stessa, non parlava con nessuno.
La si vedeva sempre seduta nelle scale, della vecchia casa dei nonni, con il mento poggiato sulle ginocchia e gli occhi persi.
Matt aveva provato svariate volte a risollevarle il morale, strappandole solo un piccolo sorriso. Vedere sua sorella così triste era orribile. Dopo averla così piena di vita a Londra, li sembrava come se stesse appassendo man mano.
Lune quel pomeriggio aveva deciso di uscire, spese qualche minuto a preparasi, e mentre stava scendendo le scale, sentì dalla sala, le voci delle amiche di sua madre.
Quelle pettegole proprio non le reggeva.
Dato che, si era vestita come usciva sempre a Londra, portava i tacchi, quel rumore fece zittire e voltare le donne.
Lune accennò un debole sorriso.
-Salve- salutò.
Che venne seguita da dei "ciao piccola" "Lune quanto tempo" "come stai?" hai quali lei provò a rispondere cordialmente.
La madre la guardò da capo a piedi. Portava un gonna nera molto carina, abbinata a una maglietta bianca, con sopra un cardigan color panna e i tacchi del medesimo colore.
-Sei molto elegante- le disse la madre.
Lune guardò il suo outfit e le sembrò totalmente normale.
-Sono le stesse cose indosso sempre, perlomeno a Londra- all'ultimo si corresse.
-Tua madre ci ha detto che sei ritornata- disse Iolanda.
-Si, ho deciso di passare un po' di tempo con la famiglia- rispose. -mamma, sai dove sono le chiavi della macchina di Matt?- Lune non vedeva l'ora di andarsene via di li.
-Matt?- chiese un altra delle donne.
-Matteo- rispose prontamente la madre -dovrebbero essere, sul tavolo, in cucina- rispose poi alla figlia.
-Il modo in cui l'hai detto, aveva un accento inglese molto divertente- disse la bionda di prima, accennando una risata e facendolo fare anche alle altre.
Lune resistette all'impulso di risponderle.
Le salutò, andando verso la cucina, ma sentì chiaramente quella frase bisbigliata.
-Lucia, dovresti dirle qualcosa. Non puoi farla andare in giro vestita in quel modo, è...scusami tesoro, indecente-
Lune di fermò, guardando la madre, che già lo stava facendo.
La rossa si aspettava che la madre avrebbe risposto per le rime alla donna, dicendole di farsi gli affari a suoi, ma l'unica cosa che disse fu.
-Hai ragione. Lo farò-
Lune rimase incredula da quella parole. Scosse la testa con un espressione ferita sul viso, mentre la guardava.
Prese le chiavi, uscì di fretta da quella casa.
-Lune- la chiamò la madre, uscendo a sua volta.
-Cosa?- chiese la ragazza non fermandosi. -vuoi dirmi qualcosa riguardo il mio abbigliamento? Risparmia l'aria-
-Smettila di trattarmi in questo modo, sono tua madre- le disse seria la donna.
Lune si voltò verso di lei.
-Inizia a comportarti come tale allora- le sbottò contro.
-E tu recupera il tuo buon senso- le rispose la donna.
Un sorriso amaro si dipinse sul viso di Lune.
-E ora, per favore, ritorna dentro e cambiati- le indicò la porta.
-Non sono mica vestita come una prostituta. Sono vestiti normali-
-Non per qui-
-Ne ho fin sopra i capelli- disse Lune raggiungendo la macchina di Matt, entrandoci subito.
-Lune!- la chiamò madre.
Ma la rossa accese la macchina, e facendo retromarcia partì. Lasciando sua madre sempre più incredula.
Andò al centro commerciale, sperando di distrarsi almeno li.
Stava guardando alcuni vestiti, e valutava se prenderli o no. Di solito, a Londra, non andava mai a fare spese da sola, e spesso era Tyler a consigliarle cosa comprare. Come l'outfit che indossava, era stata Tyler a combinare il tutto.
Le mancava così tanto e vedere ogni giorno tra i messaggi, che lui non le rispondeva, nonostante i suoi messaggi strappalacrime e pieni di scuse, la feriva.
Delle risate le fecero alzare lo sguardo. Un gruppo di ragazzi erano entrati li.
Lune riconobbe subito una ragazza che andava in classe con lei, che stringeva la mano di Marco, il suo ex.
Vide tutte quelle ragazze che stavano insieme e quasi le venne da ridere. Erano ragazze che per tutto il liceo non facevano che sparlarsi dietro.
Scosse la testa, ritornando alla maglietta che aveva in mano. Stupendosi del fatto che non provò nulla mentre li vedeva, specialmente verso Marco.
Lasciò la maglietta li, non la convinceva affatto. Prese solo un paio di skinny jeans, mentre andava verso la cassa.
Il cellulare le squillò, lo prese notando che era Barry.
Rispose, e nel mentre lo faceva, vide che da quel gruppetto qualcuno la stava guardando. E tra quelli, c'erano Erica e Marco, che parevano quasi sorpresi, mentre la scrutavano da capo a piedi.
Lune non li degnò più di uno sguardo mentre faceva la fila.
-Barry, tutto bene?- chiese.
-Ehi, si. Tranquilla non ti sto chiamando per un emergenza- le disse.
-Allora perché lo hai fatto? Spendi con chiamate estere- li fece notare.
-Lo so, ma volevo sentirti- ammise.
Nonostante ciò, lei la trovò una cosa dolce.
-Sto bene, tranquillo- li disse.
-Oh non lo dubito. Hai detto così tante volte questa frase, che a breve finirai per crederci anche tu-
Lune non rispose. In fin dei conti sapeva che era sciocco mentire con persone che la conoscevano così bene.
-Non ti chiedo di apriti o sfogarti con me. Lo so che non lo faresti, perché sei fatta così. Ma vorrei solo ricordarti che non sei sola Lune-
-Lo terrò a mente- li rispose.
Essere ritornata in Italia non era come si aspettava.
La sua famiglia, fatta eccezione per Matt e gli zii, non le era affatto d'aiuto. Sua madre non faceva che peggiorare tutto con le sue stupide amiche. Il fratello maggiore, che non la smetteva un attimo di predicare riguardo ciò che aveva saputo riguardo la sua vita in Inghilterra e su Michael. Ed era stato l'ultimo tasto che aveva infastidito parecchio il padre, che non si rendeva conto di come sua figlia si fosse messa con un ragazzo del genere.
Lune passo accanto alla libreria, che c'era dentro quel centro commerciale. Fisso le vetrine per parecchio, prima di vederne uscire due ragazze.
La bionda tirò fuori il libro che aveva appena comprato.
-Guarda che bella la copertina- disse all'amica accanto a se.
-Vedrai il contenuto- le rispose l'altra.
Passandole accanto, Lune notò la copertina e il titolo del suo libro. Rimase alquanto sorpresa, ma un lieve sorriso si dipinse sulle sue labbra.
- - -
Quando ritornò a casa, sentì una fitta conversazione, dalla sala. Entrò per vedere cosa stava succedendo.
Notando Matt e i genitori.
-Tutto ok?- chiese, facendo notare che era li.
I tre si voltarono subito.
Matt strabuzzò gli occhi. -Che cavolo hai combinato ai capelli?- le chiese.
Lune si prese una ciocca nera fra le dita, guardandola per un breve attimo.
-Sono ritornata al mio colore naturale- rispose con un alzata di spalle.
-Bhe stai da schifo- le disse.
-Matteo- lo riprese la madre. -stai molto meglio così- le disse.
Era seria, il che fece capire a Lune che ce l'aveva ancora con lei.
Poco male, pensò.
* * *
Lune quel sabato era a casa della zia, la stava aiutando a rimettere apposto la soffitta, che era piena di cose vecchie. Spostavano vari scatoloni e oggetti per passare la scopa e rimettere tutto al proprio posto.
E mentre Lune stava ripulendo alcuni dei libri della zia, trovò fra di quelli un diario, il suo.
Maria sorrise, perché se aveva deciso di andare in soffitta quel giorno era proprio per quello.
-Oh, l'hai trovato- disse, raggiungendo la ragazza.
-L'hai conservato per davvero?- chiese Lune.
La donna annuì, mentre Lune lo apriva.
Quel diario, era dove Lune scriveva alcuni suoi pensieri, delle frasi che le piacevano, ma specialmente migliaia e migliaia di commenti, che molte sue lettrici le aveva lasciato alle origini. Quando lei non era ancora conosciuta e provava a farlo tramite ogni social possibile.
-Avevi detto che era importante. E poi mi ricordo di quando venivi correndo da me e dicevi "zia, zia, sentì cosa mi ha scritto questa ragazza"-
Lune sorrise a quel ricordo.
-Prendilo con te. Dagli un letta- le consigliò portando una mano sulla sua spalla.
-Forse peggiorerebbe solo il mio stato-
-Forse lo migliorerebbe- disse invece la zia. -piccola, prova a ricordare- aggiunse guardandola negli occhi.
E Lune in un primo momento non capì cosa lei intendesse con l'ultima frase. Ma sapeva che se lei insisteva, lo faceva per un motivo specifico.
-Okay- le rispose.
- - -
Ed era seduta come sempre su quelle scale, con il diario poggiato sulle gambe, indecisa se leggerlo o no.
Guardò il panorama davanti a se, e il suo cane addormentato ai piedi di quelle scale.
Aprì la prima pagina del diario, vedendo che già li aveva attaccato foto dei One direction, scrivendo una frase in azzurro "the sky is the limit".
Voltando la pagina, in quella successiva ci trovò un verso della poesia "bere coca con te" di Frank O'hara.
I commenti non tardarono e Lune li lesse uno ad uno, più volte per assorbire meglio quelle parole.
-Smégol-
Quando Lune alzò lo sguardo, vide Matt davanti a se, che mutò espressione diventando preoccupato.
-Lune, perché piangi?- le chiesi.
-Cosa?- chiese lei, portandosi una mano sulla guancia e notando che stava veramente piangendo.
-accidenti. Non ci avevo fatto caso- ammise.
Matt si sedette accanto a lei e notò il diario.
-Dove l'hai ripreso?- le chiese.
-Ce lo aveva zia- li rispose la sorella. -non ricordavo nulla di ciò. Come ho potuto dimenticarmi di tutto quello che mi avevano scritto?-
Matt si limitò a guardarla.
-Sai, in questi ultimi tempi, non ho fatto altro che dare tanto peso alle parole di Roland e quei quattro tweet che mi ha mostrato. Dandogli ragione, senza pensare che c'erano molte altre persone che in realtà apprezzano ciò che io faccio-
-è da settimane che sto provando a dirtelo- le disse divertito Matt, facendole spuntare un lieve sorriso.
-Il tuo libro non è banale. È vero, è emozionante. Ma specialmente, è tuo!- aggiunse scompigliandole i capelli neri.
Lune li sorrise.

English love affair.// Michael CliffordWhere stories live. Discover now