2. Non accadrà certo a me

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Considerato che la città di Netville fosse conosciuta per avere un tasso di criminalità assurdamente elevato, non era insolito che qualcuno vi entrasse e sparisse per sempre, come venisse inghiottito dalle sue mura imbrattate di murales e sporcizia. E il fatto che le forze di polizia non facessero quasi mai nulla per riuscire a mettersi sulle tracce dei dispersi, non poteva che evidenziare ancor di più quanto fosse pericoloso addentrarsi tra quelle vie in solitudine.
Era facile perdersi, a Netville. E ancora più facile era venire aggrediti dai ladri e dagli svitati che popolavano la zona centrale della città.
Eva puntò le scarpe a terra sull'asfalto umido, trattenendo d'istinto in fiato con lo sguardo puntato dritto davanti a se; il cuore aveva già iniziato a scalpitare nel suo petto, come se già avesse capito che da quella pericolosa situazione difficilmente ne sarebbe uscita illesa. Deglutí a vuoto, realizzando di avere la bocca già prosciugata dal suo respirare affannoso; il cadavere della povera donna era disteso a terra tra cartacce e cocci di bottiglia, mentre su di lei troneggiava una figura oscura, esile ma imponente allo stesso tempo. Il cappuccio di una felpa bianca, che pareva essere almeno un paio di taglie più grande del necessario, celava i tratti marcati del suo volto mentre ai piedi calzava un paio di scarponcini di pelle nera, immersi nella pozza di sangue che si stava ancora allargando sull'asfalto.
Eva fece un piccolo passo indietro, nel momento in cui si rese conto che lo sconosciuto stringeva nel pugno sinistro un grosso coltello da cucina, la cui lama era ben più lunga del palmo di una mano; in quel momento, un pensiero spietato si fece rapidamente strada nella sua mente: è stato davvero stupido pensare che non sarebbe accaduto proprio a me.
Adesso Eva era consapevole del fatto che probabilmente non lo avrebbe neanche raggiunto, il pub presso il quale si era data appuntamento con l'amica.
Senza emettere alcun rumore l'assassino distolse lo sguardo dal cadavere ai suoi piedi e lo sollevò lentamente, posandolo su di lei. L'oscurità della sera e il cappuccio calato sulla fronte le impedivano di distinguere chiaramente il suo volto, ma poteva vedere le lunghe ciocche di capelli neri come il petrolio che scendevano disordinate sulla sua gola, e una terrificante cicatrice che percorreva entrambe le guance pallide come a voler comporre un grottesco sorriso.
Eva sapeva di dover fuggire, e anche subito; ma sapeva anche che un singolo movimento sbagliato, sarebbe stato sufficiente a peggiorare ulteriormente la già delicata situazione. Con il cuore in gola e le mani ormai bagnate del suo stesso sudore, la ragazza dai capelli rossi iniziò a indietreggiare molto lentamente, rifiutandosi però di voltare le spalle allo sconosciuto. Qualunque fosse il motivo per cui aveva trucidato quella povera donna, era certa che non si sarebbe fatto molti scrupoli a riservare lo stesso trattamento anche a lei.
La strada in cui si trovava era illuminata tiepidamente da alcune insegne al neon e giusto un paio di lampioni malfunzionanti, ma questo non le impediva di comprendere che non avrebbe mai potuto avere la meglio in uno scontro con quel tipo losco; continuò così, passo dopo passo, ad allontanarsi da lui senza mai staccargli gli occhi di dosso.
Si sentiva terrorizzata, ma anche piuttosto confusa: aveva assistito a quella scena terrificante, ne era stata testimone, eppure il killer non sembrava affatto interessato a interagire con lei. Era ancora lì, in piedi davanti al cadavere, limitandosi a osservare immobile ogni singolo movimento che Eva compiva per allontanarsi. Tutto ciò non poté che darle speranza; forse sarebbe riuscita a fuggire e basta, sarebbe tornata a casa dai suoi genitori e non avrebbe detto una singola parola di ciò che aveva visto quella sera in una delle strade di Netville.
Forse lui l'avrebbe lasciata scappare.
Eva strinse i pugni di entrambe le mani con una forza tale da percepire un dolore bruciante, l'adrenalina aveva invaso il suo intero corpo, che era pronto a scattare facendo appello a ogni forza che fosse in suo possesso. Era pronta a voltare le spalle, quello era il momento giusto e poteva soltanto sperare che quel tipo non avrebbe tentato di rincorrela.
Un ultimo passo indietro.
Aveva la netta impressione che il cuore sarebbe finito per esploderle nel petto.
Poi, d'un tratto, l'assassino sollevò il meno e un fascio di luce rossa proveniente dalla vetrina di un negozio illuminò il suo volto fregato, ora contorto in un ghigno disumano.
-Dove vai a quest'ora, ragazza?- recitò sogghignando, ma continuando a restare immobile con le scarpe immerse in quella pozza di sangue rappreso.
Eva deglutí ancora una volta, con il pianto spezzato dal terrore; stava per voltarsi indietro e darsela a gambe, quando un attimo dopo sentì una grossa mano premere sulle labbra e stringerle la mandibola conficcandole le unghie nelle guance. Tentò di urlare ma non vi riuscì, in un attimo il suo corpo era bloccato contro a quello di una seconda persona sbucata fiori dal nulla; sentiva il suo fiato pesante sul collo, la pressione delle braccia che la stritolavano come si trovasse in una morsa, e la schiena premuta fortemente contro al busto corpulento di quello che pareva essere un uomo adulto.
-Andiamo, sul serio Smiley?-.
Eva iniziò ad agitarsi, tentando invano di liberarsi dalla presa di quello sconosciuto, che pareva stringerla più forte ogni volta che tentava invano di scivolare via dalla costrizione. Pietrificata dalla paura e dalla consapevolezza che fosse tardi per fuggire, si ritrovò senza volerlo a guardare la figura del ragazzo incappucciato che lentamente si avvicinava a lei, osservandola con una tranquillità disarmante.
-Non serve che mi ringrazi, Jeff- ghignò la voce profonda dell'ultimo arrivato, che strofinava la punta del naso sulla capigliatura rossastra di Eva, come a volersi riempire le narici del suo giovane profumo. -Ma senza di me, ti saresti fatto scappare questa pollastrella-.
A quel punto, Eva cessò i suoi tentativi di liberarsi e iniziò a spostare la sua attenzione sulla sua stessa respirazione, che stava venendo compromessa dalla presa di quell'uomo sulla sua gola. Poi d'un tratto, un dolore pungente alla base del collo la fece sobbalzare; un oggetto sottile e appuntito era penetrato nella sua pelle. Un lamento soffocato fuoriuscì dalle labbra tremanti della rossa, che tremavano colte da continui spasmi di terrore.
-E chi ti dice che fossi interessato a lei- ribatté il ragazzo incappucciato, indicando il cadavere sanguinante che aveva lasciato sui suoi passi pochi metri più indietro.
Eva riempì i polmoni di tutta l'aria che riuscì a prendere, per poi tentare un'ultima disperata volta di liberarsi dalla presa; poco dopo, le sue palpebre iniziarono a diventare all'improvviso più pesante.
-Stai diventando una checca, Jeff- ribatté l'uomo, del quale Eva non era ancora riuscita a scrutare il volto. -Fino a poco tempo fa le saresti saltato addosso ancora prima di assicurarti che fosse una femmina-.
La ragazza aggrottò la fronte, sentiva le sue palpebre farsi sempre più pesanti mentre la siringa veniva estratta dal suo collo e gettata a terra, ove rotolò sull'asfalto bagnato fino a fermarsi contro al bordo del marciapiede. Riuscì a scrutare per pochi secondi il volto indifferente del ragazzo dai capelli neri, prima di cadere in un sonno dal quale, forse, avrebbe dovuto sperare di non risvegliarsi mai più.
-Su, dammi una mano. Aiutami a portarla via-.

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