10. Sanguina per me

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Per Jeff il dolore era arte. Non solo quello che con tanto compiacimento provocava agli altri, ma anche quello derivato dai danni fisici e morali che consapevolmente procurava a sé stesso.
Quando lo vide avvicinarsi con quel maledetto coltellino svizzero nuovamente stresso in pugno, Eva fu travolta da un'ondata di puro terrore che si rifletteva prepotente nei suoi occhi lucidi e spalancati; iniziò a pregare e imprecare, agitandosi goffamente nel tentativo di liberare i suoi polsi dalla presa della corda che li bloccava uniti tra loro in una morsa mortale, senza tuttavia riuscire a scalfirla. Sentiva la fine dei suoi giorni avvicinarsi a ogni passo che il killer compiva in sua direzione, azione che adesso ai suoi occhi sembrava essere rallentata in modo snervante; l'attimo appena prima del dolore, che diventa esso stesso il dolore.
Ma la cosa che più di ogni altra la terrorizzava a morte, era la consapevolezza che quel mostro non si sarebbe fermato di fronte a niente; non poteva contare sulla sua pietà, né tantomeno sulla sua comprensione.
Negli occhi di Jeff brillava una cattiveria disumana, una di quelle che non dovrebbe possedere il corpo di una persona; era impaziente, tuttavia tentava di tenere a freno i suoi istinti in modo tale da godere appieno di quel momento tanto bramato.
-Ti sconsiglio di urlare- le sussurrò, allargando un sorriso storto sulla sua bocca. -Perché potrebbe piacermi ancora di più-.
La rassegnazione che poteva scorgere chiaramente nello sguardo della ragazza provocava in lui un'eccitazione intensa, sufficiente a farsi venire la pelle d'oca su entrambe le braccia. La raggiunse senza esitare ulteriormente, afferrando un abbondante ciuffo dei suoi capelli rossi con la mano libera, mentre utilizzava l'altra per appoggiare minacciosamente la lama del coltello alla sua gola.
I lamenti soffocati di Eva divennero rantoli a malapena percepibili, nel momento in cui ella capí che ogni sua reazione non poteva far altro che compiacere il suo spietato aguzzino. L'arma tremolante sfiorava la sua pelle con poca delicatezza, rischiando di reciderla un secondo dopo l'altro, mentre il killer chinava il capo in modo tale da avvicinare le sue labbra alle sue orecchie.
-Ecco, così... Brava- sussurrò con un filo di voce, leccando la lama luccicante con un movimento tanto lento quanto estenuante.
Eva strinse le palpebre così forte da percepire un dolore bruciante provenire dai suoi muscoli facciali, quasi come stesse tentando di fuggire il quel rassicurante buio che si celava dietro ai suoi occhi; qualunque luogo, qualunque situazione sarebbe stata di certo migliore di quella che stava vivendo adesso. Sentiva il cuore scoppiarle nel petto e il desiderio di tentate una fuga disperata stava mettendo in tensione ogni singolo muscolo del suo corpo; eppure, l'istinto di sopravvivenza continuava a suggerirle che avrebbe dovuto sopportare in silenzio ogni atrocità che le sarebbe stata inflitta continuando a pregare che, alla fine, la sua vita sarebbe stata risparmiata.
Con un movimento nervoso e prepotente Jeff allontanò il coltello dalla gola della sua vittima e lo infilò rapidamente nella sua tasca, in modo tale da poter contare su entrambe le mani libere per compiere i gesti mostruosi che già stava pregustando nella sua mente; affondando le dita tra l'elastico dei pantaloni e la pelle morbida della ragazza, li abbassò con un singolo movimento mentre le rivolgeva uno sguardo profondamente compiaciuto. In quel momento sapeva di avere il totale controllo della situazione, e non c'era cosa che lo eccitava più di questo.
La povera Eva trattenne il fiato, incredula e tormentata dalla sua stessa impotenza. -Dio ti prego, no- bisbigliò, con la voce soffocata dal pianto.
Le mani tremanti del killer si avvolsero subito dopo attorno alla sua gola, bramose di poter sentire il rapido pulsare del sangue nelle vene sotto ai polpastrelli. -Non pregare tesoro, non ti serve- esclamò, conficcandole il suo sguardo glaciale negli occhi. -Adesso sono io il tuo Dio, perché soltanto a me spetta decidere se morirai o vivrai ancora-.
Con disumana noncuranza la sbattè a terra, facendo impattare violentemente il vuoto volto contro al tappeto sporco sul pavimento; Eva possedeva un corpo giovane e bello, ma ciò che più di ogni altra cosa stava facendo salire l'eccitazione in Jeff era il fatto che lei fosse totalmente rassegnata e sottomessa alle sue volontà, come un fedele cagnolino preso a calci dal padrone.
Non ebbe bisogno di pensare a lungo a ciò che intendeva fare adesso; tornò ad afferrarle i capelli, mentre con la mano dominante si sbottonava i pantaloni che stavano celando il suo membro già eretto. Desiderava possedere quella ragazza, e voleva farlo adesso.
La rossa non disse una singola parola durante tutta la durata dello stupro, limitandosi a mantenere le palpebre rigorosamente serrate e sforzandosi di immaginare di trovarsi altrove; il suo volto era gonfio, pieno di lacrime che scendevano giù dalle sue guance creando rigature luccicanti. Sentire il fiato del suo aguzzino sul collo le faceva venire la nausea, così come detestava profondamente il contatto con la sua pelle sporca e piena di cicatrici e lividi.
Ad ogni spinta il suo pianto si faceva più intenso e allo stesso tempo piu silenzioso, mentre nella sua testa continuava a ripetersi che presto sarebbe tutto finito; eppure, quella maledetta fine, sembrava non arrivare mai. Per accrescere il suo piacere il moro era tornato a maneggiare il suo coltello senza interrompere l'amplesso, avvicinando più volte la lama alla pelle immacolata della sua vittima solo per vederla rabbrividire; e di tanto in tanto, senza una motivazione precisa, faceva in modo che la lama penetrasse di qualche millimetro in modo da causare la fuoriuscita di un po' di sangue.
Al passare si ogni secondo la nausea della povera Eva cresceva, mentre le mani del killer si avvolgevano suoi suoi polsi come lurido rami di rovi spinosi che le impedivano di sottrarsi a tutto quel dolore; le ferite che gli stava causando, seppur fossero soltanto dei graffi superficiali, generavano un intenso bruciore nel momento in cui il corpo di lui vi premeva contro.
Pregò che tutto finisse, arrivò a sperare di morire subito per non dovrer piu sopportare quella disgustosa violenza; poi, improvvisamente, Eva sentì tutta la frustrazione e l'odio di quell'essere immondo riversarsi dentro di lei, e capì che finalmente era finita.
Trattenne il fiato mentre lo sentiva allontanare il suo corpo per poi alzarsi lentamente in piedi, soddisfatto di aver dato finalmente sfogo ai suoi istinti; eppure, per qualche ragione, lo sguardo del killer adesso pareva non essere più lo stesso di qualche secondo prima. Lo vide lanciarle un'occhiata strana, mentre lei tentava invano di coprire le il suo corpo nudo con entrambe le braccia; non aveva alcun motivo di provare vergogna in quel momento, eppure si sentiva dannatamente sporca. E non si trattava del sangue spalmato sulla sua pelle, o del sudore che quel bastardo le aveva lasciato addosso: si sentiva sporca dentro.
Con il corpo scosso da contini tremori la ragazza tentò di allontanarsi, rannicchiandosi a terra in posizione fetale con la schiena premuta contro alla parete gelida; il caos di oggetti sparpagliati che riempivano quel lurido appartamento, adesso, sembrava un grottesco quadro dell'orrore all'interno del quale lei era involontariamente precipitata.
-Dopotutto, potrei ospitarti per un po'- recitò poco dopo la voce di Jeff, che teneva lo sguardo basso intento a rimettere i pantaloni al loro posto. Il suo atteggiamento adesso era rilassato e incurante, del tutto sconnesso dagli atti mostruosi che aveva appena compiuto.
-Così magari... Vediamo se mamma e papà sono davvero intenzionati a pagare per il tuo riscatto-.

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