34. Mani sporche, anima nera

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Jeff puntò i palmi delle mani sul materasso e si allontanò da Eva all'istante, notificando solo adesso l'espressione beffarda che si era dipinta sul suo volto.
Era palese che lo stesse sfidando, che stesse cercando un modo per ferirlo più profondamente possibile. E nonostante tutto non aveva alcuna intenzione di permetterglielo.
-Perché parli di questo, ora?- ghignò, posizionandosi a sedere mentre lei, ancora comodamente distesa e completamente nuda dalla vita in giù, si limitava a fissare il soffitto sopra alla sua testa con aria disconnessa.
-Perché non parlarne?- gli rispose, ridacchiando ingenuamente. -Hai sgozzato tua madre tuo padre come due bestie da macello. È stato facile assalirli dopotutto, loro si finivano ciecamente di te-.
Il killer strinse i pugni e serrò le mandibole, osservando il profilo nudo della ragazza parzialmente inghiottito dall'oscurità, che a tratti sembrava quasi perdere la sua consistenza corporea. Lei non era davvero lì e lo sapeva bene; avrebbe potuto semplicemente continuare a scoparla per terminare quello che aveva iniziato e poi andarsene, ma le sue parole avevano risvegliato in lui un dolore che aveva soppresso da troppo tempo e che adesso stava tornando a galla, pronto a devastare quella sua mente instabile una volta per tutte.
A sfidarlo era stato il suo stesso inconscio.
-Che cazzo vuoi saperne tu- le rispose a denti stretti. -Non sai niente!-.
Eva sollevò la schiena lentamente, intrecciando sinuosamente le gambe snelle alle lenzuola sul materasso senza distogliere lo sguardo dall'interlocutore. -Io so tutto, invece- ribatté,  con un sorriso beffardo. -Io sono te-.
L'eco di quelle parole si espanse nella mente del moro come fanno i cerchi nell'acqua di uno stagno quando vi si lancia una pietra. Solo in quel momento realizzò di essere finito in trappola, di non avere più alcun controllo della situazione: Eva era a conoscenza di tutto quanto, ogni singolo immaginabile dettaglio di quella che era stata la sua vita, il suo passato. Probabilmente sapeva esattamente anche quello che lui stava pensando in quel preciso momento e questo significava anche che conosceva i suoi punti deboli, i suoi traumi... E proprio qui sembrava voler colpire più forte che poteva.
-Chiudi quella cazzo di bocca!- le gridò contro il killer, così forte da percepire un violento bruciore alla gola. Ma lei, quasi divertita nell'osservare il suo volto paonazzo e le vene che si ingrossavano sul collo, non accennò a volerlo ascoltare. -Odiavi quei tossici dei tuoi genitori e hai voluto ammazzarli nel peggiore dei modi- continuò a dire a gran voce, sghignazzando tra i baffi. -Ma con tutto questo cosa aveva a che fare tuo fratello? Il povero Liuberth Woods...-.
Un attimo di sordo silenzio, poi Jeff fece un balzo in avanti e la colpì in pieno volto con tutta la forza che aveva. Lo schiocco di un poderoso schiaffo rimbalzò sulle pareti sovrastando il rumore generato dalla pioggia all'esterno, mentre una grossa chiazza rossa compariva sulla pelle chiara del volto di Eva. -Ti ho detto di tacere, puttana!-.
E lei, in risposta, continuò a sorridere come se niente fosse. Ma lo faceva in modo strano: singhiozzva, a tratti sembrava ridere di gusto, in altri momenti pareva quasi che stesse per scoppiare a piangere. La proiezione di Eva era diventata totalmente instabile e imprevedibile proprio come la mente di colui che l'aveva creata.
-L'hai ucciso solo perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dovevi sbarazzarsi di un testimone, non è così?- continuò a inveire la ragazza, il cui tono di voce si faceva ad ogni frase più spigoloso.  -Liu non era altro per te? Solo un semplice ostacolo da togliere dalla tua strada?-.
-Non azzardarti neanche a pronunciare il suo nome, mi hai capito?- ghignò lui, efferrandola per le spalle e sbattendola violentemente contro al materasso, per poi bloccarla con le mani sul petto. -Tu non sai un cazzo!-.
Era davvero fuori di sé. Non solo quella ragazza (o qualunque cosa fosse) lo stava palesemente prendendo in giro, ma stava usando le sue debolezze per farlo soffrire. E quando le labbra di lei tornarono a inarcarsi in un odioso sorrisetto tutta la rabbia e la frustrazione che aveva trattenuto fino a quel momento non poterono più essere contenute e scoppiarono dentro di lui: con la mano destra le sferrò un pugno sul volto che le ruppe il setto nasale mentre allo stesso tempo, con altrettanta violenza, avvolse l'altra mano attorno al suo collo e iniziò a stringere con tutta la forza che aveva in corpo.
Vide gli occhi di Eva spalancarsi, sentiva le sue vene pulsare rapidamente sotto alle dita e si rendeva conto che tutto ciò che desiderava adesso era vederla morta. L'avrebbe macellata come un maiale, si, e poi si sarebbe aperto una bella lattina di birra.
-Così come ti ho creata, ti distruggo- esclamò, con la voce che tremava di rabbia e di dolore. -Ti distruggo!-.
Le tentò di afferrare le sue mani e respingerlo, di far penetrare un soffio d'aria nei suoi polmoni, di emettere un disperato grido di aiuto, ma la stretta dell'aggressore era troppo forte. Iniziò ad agitarsi, tentò di urlare, ma sentiva che da lì a poco sarebbe svenuta e avrebbe dovuto farlo mentre guardava dritto il volto sfregiato del suo assassino.
Jeff sentì che i suoi muscoli iniziavano ad allentarsi e sapeva che cosa significasse; questa volta fu lui a sorridere, eccitato all'idea di aver finalmente compiuto il gesto che avrebbe dovuto, e forse anche voluto, fare fin dal primo istante che lei gli era apparsa.
-Crepa, stronza...-.
Ma proprio quando si sarebbe aspettato di vedere il suo sguardo spegnersi Eva scoppiò in una risata incontrollata, sghignazzando come se fosse conscia del fatto che il suo potere in quel momento era infinito. -Tsk, maledetto idiota- esclamò, guardandolo dritto negli occhi. -Pensi di potermi ammazzare in questo modo? Io non mi trovo neanche qui-.
Il moro si alzò in piedi e fece un passo indietro, visibilmente scosso, guardando compulsivamente le sue mani che tremavano come foglie secche al vento. Continuava a sottovalutare quanto la sua mente fosse in grado di avere la meglio sulla parte cosciente di sé, e soprattutto quanto sembrava divertirsi a prendere a calci ogni sicurezza che si era costruito.
Capì che non poteva niente contro di lei.
Non poteva controllarla.
-Sei davvero sciocco, Jeffrey-.
Si voltò verso destra, riuscendo a individuare il suo coltello riposto sul mobile del cucinotto nonostante la luce della torcia illuminasse l'ambiente molto scarsamente. Senza fermarsi troppo a pensare lo raggiunse con un balzo e lo afferrò, per poi scaraventarsi come una furia sul corpo della ragazza; la colpì a una spalla facendo penetrare la lama sotto alla clavicola, ma la estrasse subito dopo per sferrarle un altro colpo mortale alla gola.
Fiumi di sangue iniziarono a sgorgare fuori dal solco che aveva creato e lei, questa volta, crollò all'istante impattando violentemente contro al pavimento.
Jeff le sferrò un calcio per girare il suo corpo in modo da posizionarlo con la pancia in su, poi tornò a sfogare tutta la sua furia colpendolo più e più volte sulla pancia, sul petto, sulle gambe, ed anche in pieno viso.
Affondava la lama nella sua carne e gridava.
Poi sferrava un altro colpo, ed i suoi occhi si riempivano di lacrime.
Ma era tutta la rabbia che aveva dentro a muovere il suo braccio come un marionettista fa con il filo e così, piangendo e ridendo allo stesso tempo, non si fermò fino a che il corpo della ragazzo non fu diventato totalmente irriconoscibile.

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