21. Luci al neon e acqua gelida

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L'oscurità della sera si insidiò tra le mura dei palazzi in modo graduale, come fosse un gigantesco mostro privo di forma fisica che inghiottiva la città tra le sue fauci. Con il calar del sole le prime luci soffuse iniziavano a comparire attraverso le vetrate sporche, piccoli fari tremolanti che parevano voler donare un poco di serenità a quel paesaggio così freddo e desolato.
Con la testa china e le mani affondate nelle tasche, Jeff percorreva una strada stretta che si faceva spazio tra le imponenti mura di diversi edifici in rovina, collegando il centro città con tutti i quartieri limitrofi che componevano la periferia di Netville; aveva un indirizzo ben memorizzato in testa, anche se il tenerlo a mente gli stava richiedendo uno sforzo maggiore di quello che aveva previsto.
Guardava l'asfalto crepato scorrere sotto ai suoi piedi, con lo sguardo fisso nel nulla ed il corpo scosso da qualche lieve tremito; per una ragione che non riusciva a comprendere si sentiva nervoso, quasi come se avesse la sensazione che qualcosa quella sera sarebbe andato storto. Una sorta di ansia da prestazione.
Mentre camminava tra le vetrine sbarrate dei negozi e le accecanti insegne a neon appese sulle facciate delle abitazioni, il ragazzo continuava a deglutire saliva nel vano tentativo di placare la sete; uno degli effetti della sua dipendenza da alcol che detestava di più, infatti, era proprio la disidratazione che provocava in lui una sete pressoché implacabile.
Si trovava ormai piuttosto vicino all'indirizzo che Smiley gli aveva indicato, luogo in cui avrebbe trovato la sua vittima, quando dal cielo nero iniziarono a precipitare alcune grosse gocce di acqua gelida; queste, impattando contro al tessuto della felpa bianca che indossava, emettevano un suono ovattato e quasi del tutto impercettibile. 
-Tsk- mugolò il killer, sollevando un palmo a mezz'aria per valutare l'effettiva quantità di pioggia che stava scendendo dal cielo. Anche se per il momento il maltempo non sembrava essere un problema, probabilmente da lì a poco sarebbe giunto un bel temporale: avrebbe fatto bene a sbrigarsi, portare a termine il suo incarico e rientrare all'appartamento preferibilmente asciutto.
Trovandosi dinnanzi al civico che stava cercando già da qualche minuto Jeff sollevò lo sguardo sul cancello sgangherato, che si frapponeva tra lui e quella che pareva essere una palazzina molto vecchia ma ben tenuta; un breve vialetto di ciottoli fungeva da accesso all'immobile, contornato da un paio di vasi in cotto che ospitavano alcune piante ornamentali. La facciata del piccolo condominio, che probabilmente ospitava non più di due appartamenti al suo interno, era piuttosto malmessa anche se alcune piante di edera che pendevano dai balconi le conferivano un aspetto decisamente più elegante di quello del resto delle abitazioni di Netville.
Jeff sorrise lievemente, osservando con attenzione ogni dettaglio del luogo mente se ne stava fermo immobile sotto alla pioggia; con la mano sinistra sfiorava la lama del suo coltello, che aveva accuratamente affilato proprio per quella preziosa occasione. L'eccitazione dentro di lui stava salendo in modo vertiginoso.
Camminando silenzioso come un gatto fece un rapido giro attorno all'abitazione, facendo molta attenzione a non calpestare le numerose foglie secche che giacevano al suolo; per sua fortuna, il rumore della pioggia riusciva a coprire ottimamente quello dei suoi passi. Una volta giunto sul retro, lo sguardo del ragazzo si incollò alla finestra socchiusa del piano di sotto, che molto probabilmente avrebbe potuto aprire semplicemente spingendola con le dita: un vero e proprio invito ad entrare.
Con estrema attenzione la raggiunse, sbirciando dalla fessura gli interni dell'abitazione in modo da orientarsi meglio; quello che si trovò davanti fu la stanza da bagno, grande una decina di metri quadri e arredato con sanitari piuttosto malmessi; al contrario di quanto aveva potuto suppore con l'ispezione esterna, a vivere in quel posto non era una famiglia benestante.
Le luci all'interno dell'appartamento sembravano essere quasi tutte spente, fatta eccezione per un bagliore che proveniva dal lato destro del corridoio; Jeff rimase per qualche secondo in ascolto di quel silenzio quasi totale, poi spinse delicatamente la finestra e balzò dentro con un movimento agile e silenzioso. Si guardò ancora intorno, facendo scorrere gli occhi sulle numerose chiazze di umidità che tappezzavano le pareti, fino a sporgere la punta del naso oltre la soglia della stanza; a quel punto poté notificare che l'unica luce accesa proveniva dalla cucina,  dove una ragazzina stava leggendo qualcosa china su una tavola estremamente disordinata.
Un sottile e malefico sorriso apparve in quel momento sul volto sfregiato del killer, ma prima di entrare in azione aveva bisogno di conoscere meglio l'ambiente e soprattutto verificare se la vittima fosse effettivamente sola in quella casa: voltò quindi a sinistra, dirigendosi verso ina grossa stanza buia all'interno della quale riusciva a scorgere i profili di un paio di grossi mobili in legno con ante di vetro; si diresse poi verso una porta socchiusa in prossimità delle scale, ma solo per rendersi conto che conduceva semplicemente allo sgabuzzino. Ogni cosa sembrava essere al suo posto, le condizioni erano ottimali.
Giocherellando ancora con la lama del coltello che conservava in tasca l'intruso tornò ad avvicinarsi alla cucina, quando all'improvviso una grande massa scura sul fondo del corridoio catturò la sua attenzione pur essendosi resa visibile solo per un istante; dapprima non riuscì a capire di cosa si trattasse, ma ebbe giusto il tempo di deglutire prima che suono di in ringhio feroce raggiungesse le sue orecchie causandogli uno scossone. Nello stesso istante la ragazza seduta al tavolo della cucina balzò in piedi con il cuore in gola, voltandosi in sua direzione.
Jeff indietreggiò di un singolo passo quando un grosso cane a pelo lungo si fiondò su di lui a fauci spalancate, aggrappandosi al tessuto sottile dei suoi pantaloni; era una bestia molto grossa, con un paio di lunghe orecchie a penzoloni e una folta pelliccia che faceva sembrare la sua corporatura ancor piu imponente.
La ragazza cacciò un urlo di terrore non appena si rese conto che il cane stava aggredendo qualcuno che evidentemente si era intrufolato in casa sua, quasi certamente con cattive intenzioni; presa dal panico si avvicinò al bancone della cucina forse cercando qualcosa che avrebbe potuto utilizzare per difendersi dall'intruso, ma per un attimo pensò che forse non ce n'era alcun bisogno perché Dogo, il suo amico a quattro zampe, lo avrebbe di certo messo in fuga.
Nel tentativo di scrollarsi la bestia di dosso Jeff gli sferrò un violento calcio sulla pancia, gesto che tuttavia aumentò a dismisura l'aggressività dell'animale. Tentò disperatamente di recuperare il coltello che aveva un tasca, ma il bestione riuscì ad agguantare il suo braccio sinistro impedendogli il movimento, per poi stringere le fauci e affondando i denti nella sua carne; con la mano libera, intanto, il ragazzo tentava di difendersi mirando agli occhi del suo aggressore. Sotto alle suole delle sue scarpe il pavimento era ricolmo di numerose pozze di sangue, che zampillava fuori dalle sue ferite come un fiume in piena. Una vocina dal fondo del suo inconscio iniziava a suggerirgli che sarebbe stato fatto a pezzi e sbranato.
L'adrenalina in quel momento gli stava impedendo di percepire il dolore, e forse fu solo per questo che il moro riuscì ad approfittate del breve istante in cui il cane mollò la presa sul suo braccio per fare un balzo indietro e sbarrare la porta della cucina, lasciando la bestia ad abbaiare insistentemente nel corridoio impossinilitata a raggiungerlo; girò la chiave per maggior sicurezza, poi con un'espressione sconsolata si voltò indietro.
La ragazzina si era rifugiata nell'angolo più remoto della stanza, con gli occhi spalancati e le guance rigate dalle lacrime. Tremava come una foglia, era così terrorizzata da non riuscire a dire neppure una singola parola eppure nelle sue mani stringeva ossessivamente il manico di un coltello da cucina.
Lui annaspando la guardò attentamente, per verificare se il suo aspetto corrispondesse alle informazioni che Smiley gli aveva fornito: effettivamente le caratteristiche erano esatte, ma non si aspettava che si sarebbe trovato dinnanzi a una vittima così giovane. A giudicare dal suo volto, pareva avesse non più di dodici anni.
Il killer scosse la testa, come per voler evidenziare a sé stesso quanto non gli importasse affatto, mentre stringeva energicamente il braccio ferito per limitare la perdita di sangue.
-Dì al tuo merdoso cane di stare zitto- le ordinò freddamente.

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