11. Le regole del branco

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Con lento sopraggiungere della sera, quando gli ultimi raggi del sole riuscivano ormai a illuminare a malapena le grottesco facciate dei palazzi, Jeff abbandonò silenziosamente il suo sciatto monolocale per addentrarsi tra le vie di Netville. Eva lo vide uscire sbattendosi la porta dietro alla schiena, senza dire una singola parola: la lasciò lì per terra, con le mani ancora legate dietro alle schiena e nuda dalla vita in giù.
La ragazza non aveva più avuto il coraggio di interagire più con lui in alcun modo, per questo non si azzardò ad aprir bocca quando lo vide andarsene via; il suo corpo era dolorante, un terribile freddo si stanva infiltrando nelle sue ossa ma era comunque terribilmente felice di trovarsi finalmente da sola. Per un po', almeno, nessuno le avrebbe più fatto del male.
Il killer non si era minimamente preoccupato di assicurarsi che lei non avrebbe tentato la fuga in sua assenza, ma la sua non fu affatto una semplice dimenticanza: sapeva bene che la porta del suo appartamento era decisamente molto robusta, e non sarebbe mai riuscita a raggiungere l'unica finestra posta in alto all'interno dello strettissimo bagno, legata in quel modo. Per quanto riguardava i suoi possibili tentativi di gridare aiuto, era altrettanto certo che nessun abitante del palazzo sarebbe mai intervenuto. Così funzionavano le cose in quel posto, e Jeff era molto temuto nel circondario per via della sua evidente quanto incontrollata aggressività.
Passeggiando rilassato con entrambe le mani infilate nelle tasche, il ragazzo percorse un lungo marciapiede calciando di tanto in tanto qualche lattina vuota, fino a raggiungere l'edificio abbandonato all'interno del quale si trovava il suo abituale ritrovo con Jack e Smiley. Tentava in ogni modo di mantenere il controllo della situazione ed apparire quanto più naturale possibile, ma iniziava a percepire di tanto in tanto delle violente fitte di dolore lungo le sue gambe, come se qualcuno vi stesse conficcando per gioco la lama di un coltello; bere un po' di alcolici in quella occasione gli sarebbe stato molto utile, se solo non avesse del tutto esaurito la scorta che conservava gelosamente lontano da occhi indiscreti.
Giunto sul posto salì rapidamente le scale ricoperte di detriti e spazzatura fino a raggiungere la stanza vuota in cui Smiley, per qualche motivo, lo stava aspettando con le braccia avvolte attorno al petto e lo sguardo truce. L'uomo, che in quell'occasione non stava indossando il suo camice ma vestiva con un completo di un colore scuro che somigliava molto a quello dei suoi capelli accuratamente pettinati e ordinati, fece un breve quanto intenso applauso nel momento in cui Jeff varcò la soglia.
-Era ora, mi chiedevo se per caso ti fossi dimenticato- ghignò. -Per un volta, ti ho sottovalutato-.
Il moro ricambiò il suo sguardo aggrottando la fronte; in realtà, non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando.
Per sua fortuna, giusto un attimo dopo giunse sul posto anche Jack il quale, con un amichevole sorriso che venne tuttavia completamente celato dalla maschera, lanciò in aria un piccolo oggetto che l'altro afferrò al volo.
-Occristo, menomale- bisbigliò Jeff. -Sei il mio salvatore, Jack-.
Ciò che adesso il ragazzo stringeva nel palmo della mano era un piccolo sacchetto di plastica trasparente, che conteneva una buona quantità di cocaina in polvere. Era in astinenza da diverse ore, ormai aveva già iniziato ad accusare i primi sintomi.
-Sì ma ricorda di portarmi i soldi- puntualizzò acidamente il giovane mascherato. -Che mi devi anche quelli della volta scorsa-.
-Ehm, scusate- intervenne all'improvviso Smiley, che iniziò ad agitare le braccia per attirare l'attenzione degli altri due. -Potete finirla con questa cazzo di pagliacciata, adesso?- ghignò. Subito dopo volse il capo e concentrò la sua attenzione esclusivamente sul volto annoiato di Jeff, stringendo le labbra e inarcando le sopracciglia.
-Ehi, coglione di merda, prima di sniffarti quella robaccia ti ricordo che devi ancora fare il tuo dovere- esclamò, con uno sguardo che adesso di amichevole aveva ben poco. -Quindi alza il culo e portami quello che mi serve. Avrai tempo dopo di bruciarti il cervello e sballarti per bene-.
Solo in quel momento il moro realizzò di cosa l'altro stesse parlando, e nel farlo non riuscì a trattenere una brevissima risata carica di frustrazione e nervosismo; si limitò ad annuire e poi, nascondendo con cura il sacchetto di plastica nella tasca dei suoi pantaloni, si allontanò dagli altri due tornando a dirigersi a passo veloce verso la rampa di scale che lo avrebbe condotto ai piani inferiori.
Ormai da molti mesi era entrato in un circolo di follia, patti e favori che erano diventati una sorta di porto sicuro nel quale attraccare. Aveva conosciuto Smiley in circostanze insolite, aveva compreso di non essere poi tanto diverso da lui e alla fine erano divenuti in quale modo alleati; l'arrivo dello strano ragazzo di nome Jack, qualche tempo dopo, era stata una sorta di chiusura del cerchio.
Tra le strade oscure e sporche di Netville quel trio di svitati compivano quasi ogni giorno atti disumani, talvolta senza scopo, altre volte per ottenerne un qualche tipo di guadagno; proprio in merito a questo, Smiley aveva chiesto a Jeff pochi giorni prima di procurargli qualcosa di cui necessitava per svolgere un qualche tipo di esperimento medico.
Era così che funzionava: Jeff era l'esecutore, la bestia che veniva sguinzagliata in città a caccia di vittime appetibili, mentre Smiley era la mente sopraffina e sottile che tirava con estrema attenzione i fili connessi ai suoi burattini. Quando a Jack, lui se ne stava solitamente in disparte, limitandosi a procurare al moro la droga in cambio di denaro e osservare con malsana curiosità ogni folle azione del resto del gruppo.
Il cielo era ricoperto da una fitta coltre di nubi scure, mentre Jeff si apprestava ad abbandonare il vecchio palazzo abbandonato per addentrarsi verso le vie del centro; attorno a lui regnava un'oscurità paralizzante, spezzata di tanto un tanto dalla fioca luce gialla di qualche lampione o dalle fastidiose insegne al neon appese sulle facciate dei condomini. L'aria era fredda, tanto da riuscire a penetrare il tessuto spesso della felpa e raggiungere la sua pelle, facendola rabbrividire; da lì a poco, probabilmente, avrebbe iniziato a piovere.
Passeggiando con lo sguardo perso nel vuoto, a un certo punto il ragazzo svoltò a destra dirigendosi verso un vicolo cieco che ospitava nient'altro che una fila di bidoni dell'immondizia strabordanti di robaccia e qualche vecchio elettrodomestico abbandonato da chissà chi. Sapeva bene di dover portare a termine il suo compito alla svelta, ma i sintomi dell'astinenza stavano diventando sempre più insopportabili.
Con una mano tentò di pulire come meglio poteva il davanzale di una piccola finestra, sul quale ripose con estrema attenzione una piccola dose della polvere bianca che conservava tanto gelosamente nella tasca; nell'aspirarla su dal setto nasale chiuse gli occhi e volse la testa al cielo, lasciando che un brivido di piacere e sollievo percorresse interamente il suo corpo.
Il suo cuore sembrò rallentare i battiti, avvolto da un velo di pace e rassegnazione.
La sua missione per quella notte sarebbe stata quella di procurare a Smiley il corpo di un ragazzino, uno qualunque; si trattava di un compito semplice, una cosa che aveva già fatto così tante volte da non poterle contare con entrambe le mani. Ma il cielo scuro sopra la sua testa quella sera sembrava sopraffarlo, e mentre tirava su con decisione quel poco di cocaina che era rimasta nel suo naso, Jeff lasciò che la città lo divorasse ancora una volta.

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