20. La legge del più forte

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-Tanto per cominciare, io non ho amici- esclamò il killer, quasi come fosse irritato dalla domanda che gli era appena stata posta. -E poi, se ti riferisci a Smiley e Jack, diciamo che in un modo o nell'altro collaboriamo per trarne ognuno un beneficio personale, ecco tutto-. Nel dire questo strinse una sigaretta tra le labbra, per poi incendiarla e riempirsi i polmoni di fumo nel tentativo di sciogliere la tensione nel suo petto.
Eva annuì vagamente, giocherellando con un'estremità della catena arrugginita che le imprigionava i polsi. -Sei... Una specie di mercenario, è così?-.
Il killer scosse il capo, lasciandosi scappare un sorriso impertinente. Non riusciva a comprendere per quale motivo la ragazza apparisse così tranquilla nel comunicare con lui, ma quella sorta di rapporto complice che si era creato tra loro non gli dispiaceva affatto; piuttosto inusuale per uno come lui, che detestava chiunque provasse a ficcare il naso nei suoi affari personali. -Normalmente non risponderei a questa domanda- ammise, intrecciando distrattamente le braccia sul petto. -Ma a questo punto non penso che ti lascerò mai uscire viva da questa casa, quindi immagino di poter essere sincero fino in fondo-. Sorrise ancora, avvicinandosi lentamente a lei senza mai staccarle gli occhi di dosso; incorniciato dall'ambiente insalubre e squallido di quel monolocale, il solco della cicatrice che portava sul volto sembrava adesso anche più evidente e raccapricciante del solito.
-Non mi definisco un mercenario. Certo, di persone ne ho uccise parecchie, ma non sempre per denaro-.
Lo sguardo di Eva in quel momento parve farsi più spento, quasi come se avesse sperato di sentirsi dare una risposta ben diversa. -Perciò... Farai lo stesso con me- farfugliò, e nello stringere involontariamente i pugni tremanti percepì una nuova sensazione di profonda angoscia farsi strada dentro di lei.
Non ricevette mai una risposta a quella domanda, perché Jeff questa volta scelse di restare in silenzio e si diresse con aria disinvolta verso la porta del bagno, spegnendo il mozzicone della sigaretta contro alla parete.
La ragazza, ora rimasta sola, non poté far altro che ascoltare lo scosciare dell'acqua attraverso il cartongesso scolorito, sforzandosi di non permettere alla paura e alla disperazione di portarsi via del tutto la sua speranza; anche se non sapeva ancora in quale modo, sarebbe prima o poi riuscita a scappare da quel putrido appartamento e sarebbe tornata ad abbaracciare sua famiglia.
Il suo carceriere non le rivolse più una singola parola per il resto della giornata, neanche dopo aver terminato quella lunga doccia fredda che pareva non avere mai fine; fumò un altro paio di sigarette, sorseggiò del wiskey e poi, nel tardo pomeriggio, uscì sbattendosi la porta dietro le spalle senza indicare dove avesse intenzione di andare. Ed Eva, ancora una volta rimasta da sola con i suoi pensieri, si concesse un inevitabile pianto silenzioso che scosse il suo fragile corpo più volte, come fosse in preda a un attacco epilettico.
Torturata dal freddo e dalla fame ebbe l'impressione che quelle mura sporche la stessero lentamente inghiottendo. Ma mai per un solo secondo le balenò in testa l'idea di arrendersi.

...

-Che ci fai qui, Jeff?-.
Il volto di Smiley era freddo e truce, specchio della sua anima da trentacinquenne disadattato; stringeva tra le dita una penna a sfera, era impegnato a scrivere qualcosa sulla sua agenda prima dell'arrivo inatteso del moro, che accolse poco calorosamente. -Perché sei venuto?- disse ancora.
Jeff si avvicinò lentamente, con entrambe le mani affondate nelle tasche dei pantaloni; forse per la prima volta poteva dire di sentirsi a disagio al cospetto dell'amico.
-Mi chiedevo se hai qualche nuovo incarico per me- si limitò a rispondere volgendo uno sguardo distratto alle vetrate piene di crepe, dalle quali penetrava un pungente venticello notturno. Non amava elemosinare attenzioni.
L'uomo sbuffò aria fuori dal naso, innervosito. -Lo avevo, ma l'ho affidato a Jack- gli rispose. -Per cui al momento non mi servi-.
Il moro aggrottò la fronte, assumendo un'espressione profondamente stupita. -A Jack?- ripeté, scuotendo la testa. -Da quando si occupa lui di queste cose?-.
-Da quando sento di non potermi più fidare di te, Jeff- rispose il dottore, alzando leggermente il tono della sua voce. -Non è niente di personale-.
Il ragazzo tacque per qualche istante, cercando di ripercorrere con la mente gli ultimi incarichi che aveva portato a termine. Non riusciva a comprendere il motivo per cui Smiley fosse così sospettoso nei suoi confronti, dopo tutto quel tempo. Aveva sempre detto di non aver mai avuto al suo fianco un killer meticoloso e spietato come lui, aveva sempre lodato le sue gesta. -Andiamo, ma di che cazzo stai parlando?- ribatté, agitando le mani a mezz'aria. -Ho sempre completato ogni fottuto incarico alla perfezione, Smiley. Qual'é il problema?-.
L'uomo sospirò pesantemente e dal suo sguardo si intuiva che volesse terminare quella conversazione il prima possibile. -L'ultima volta hai fatto un casino- esclamò, passando una mano tra i suoi capelli perfettamente ordinati. -Sei sempre più distratto, solitario... Alle volte direi che mi sembri disconnesso, capisci che intendo?-.
Jeff strinse le labbra. -No-.
-Hai la testa da qualche altra parte, non posso fidarmi di te finché le cose non cambieranno in qualche modo. Rischiamo di farci beccare-. Con lo sguardo basso, l'uomo iniziò a camminare avanti e indietro lungo la stanza.
-E va bene, dammi un cazzo di incarico e ti dimostrerò che ti stai sbagliando- ribatté il killer, avvolgendo le braccia attorno al petto. Si sentiva estremamente nervoso e frustrato, ma cercava in ogni modo di non darlo a vedere. Purtroppo però, le parole che l'amico pronunciò subito dopo non fecero che aumentare l'intensità di quelle emozioni.
-Non funziona così, Jeff. Dimmi una cosa, quante volte ti sei fatto da stamattina?, grugnì Smiley, puntandogli un dito addosso. -Quanti alcolici hai bevuto, uh?-.
-Questo cos..-.
-Te lo dico io cosa c'entra!- lo interruppe bruscamente, alzando la voce fin quasi ad urlare. -Devi darti in contegno, perché mi rifiuto di affidare incarichi così importanti a una persona che è evidentemente poco lucida mentalmente. Tutto chiaro?-.
Il giovane killer ebbe ancora una volta l'impulso di controbattere, ma dovette sforzarsi di non farlo. La sua collaborazione con Doctor Smiley era stata sostanzialmente la sua unica fonte di guadagno durante gli ultimi mesi, per cui non poteva permettersi di peggiorare ulteriormente la situazione.
Scelse il silenzio, e senza pronunciare una singola parola tornò ad affondare le mani nelle tasche avvicinandosi alle grandi finestre che si affacciavano sulla città. Da quell'altezza era possibile osservarne una buona porzione, con i suoi squallidi palazzi ammassati l'uno sull'altro e le luci provenienti dagli appartamenti che si scontravano con l'oscurità di quella fredda sera di ottobre. Vista così, Netville sembrava davvero un luogo affascinante, colmo di mistero e storie da raccontare.
Jeff chiuse i pugni, continuando a fissare il panorama attraverso il vetro scheggiato, finché la voce di Smiley non raggiunse nuovamente le sue orecchie.
-Mi servono gli organi di una ragazza- esclamò l'uomo, emettendo un sospiro carico di nervosismo. -È una missione davvero importante, l'incarico viene da uno dei miei clienti migliori-.
Il moro si voltò rapidamente in direzione dell'amico, proseguendo il suo silenzio ma dedicandogli piena attenzione.
-Mi serve che ti rechi al suo indirizzo e la uccidi, ma senza danneggiare il corpo in alcun modo. Niente tagli, niente lividi, deve restare immacolata. Tutto chiaro?-.
Jeff annuì con un piccolo movimento del capo, afferrando il foglietto che l'altro gli stava porgendo con poco entusiasmo; sulla carta era impresso un indirizzo, assieme al nominativo completo della persona che avrebbe dovuto rintracciare e togliere di mezzo. Sul lato retrostante, inoltre, era stata spillata una piccola foto simile a quelle che si usano solitamente per i documenti di identità: ritraeva il volto di una ragazza, incredibilmente simile a quello di Eva.
-È un incarico estremamente importante, quindi vedi di seguire le istruzioni alla lettera. Non appena avrai finito, mettiti in contatto con me e mi occuperò io del resto; ripeto, la cosa importante è che il corpo non venga danneggiato in alcun modo-.
-Ho capito, lo faro questa stessa notte- rispose lui, con un ritrovato entusiasmo che fece brillare nei suoi occhi un barlume di speranza.
Ma il dottore, evidentemente preoccupato, non poté risparmiarsi un'ultima raccomandazione prima di lasciarlo andare. -Ti sto dando un'ultima opportunità, vecchio mio. Vedi di non deludermi-.

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