16. Un collare per la bestia

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La carta da parati che avvolgeva le mura del monolocale, ormai ingiallita e scolorita dal passare degli anni, iniziava a scollarsi a causa dell'umidità che penetrava dal soffitto. Jeff osservava inerme proprio un lembo di quella squallida carta a fiori anni 50, mentre la sua mente percorreva linee di pensiero così caotiche e veloci da intrecciarsi tra loro perdendo quasi del tutto il loro senso; non riusciva a tollerare quella situazione, aveva bisogno di risposte e soprattutto desiderava tornare ad assumere il controllo sulla sua vita, se mai ne avesse avuto uno.
-Esco per un'ora al massimo- annunciò, lanciando uno sguardo sprezzante alla ragazza seduta sul pavimento, che si limitava ad annuire in silenzio.
-Vedi di non fare cazzate, sono stato chiaro?-.
Ancora una volta Eva annuì, osservando con sgomento la figura del ragazzo che varcava la soglia e richiudeva la porta dietro alle sue spalle, consapevole che "fare cazzate" significasse tentare la fuga o, piu banalmente, disobbedire a uno qualunque dei suoi comandi; d'un tratto si ritrovò completamente sola, e non riuscì a capire se si trattasse di una positiva oppure no.
Il killer scese i gradini scheggiati della palazzina molto velocemente, seppur riuscisse a stento a sincronizzare i suoi movimenti in modo da non ritrovarsi con la faccia a terra; non importava quanto fosse stanco e quanto il suo cervello fosse fottuto in quel momento, doveva assolutamente capire che cosa era successo con Smiley e assicurarsi che lui non intendesse voltargli le spalle.
Non appena fu all'esterno dell'edificio fece qualche passo e poi si voltò indietro, alzando lo sguardo sulla facciata di cemento armato corroso dal tempo sulla quale gli inquilini avevano costruito numerose tettoie in amianto e verande del tutto abusive; in effetti, quello in cui abitava più che un condomino sembrava un'accozzaglia di spazi suddivisi senza una logica, con l'ausilio di materiali di recupero destinati a ricomprirsi di crepe e di ruggine. Nonostante il suo aspetto grottesco, comunque, l'edificio non era poi tanto dissimile da qualunque altra costruzione che componeva il centro della città di Netville.
Infilando le mani in tasca e calando il cappuccio sulla testa Jeff si incamminò velocemente tra i vicoli schivando qualche bidone ed un paio di barboni ubriachi distesi a terra, fino a raggiungere il luogo in cui si incontrava abitualmente con gli altri membri del suo gruppo.
Anche se non ne comprendeva il motivo, in quel momento il ragazzo si sentiva tremendamente scosso e preoccupato, come se dentro di lui già sapesse che le cose non sarebbero di certo andate come sperava; nonostante questo non riusciva proprio ad immaginare cosa Smiley potesse volere da lui, per questo fare una previsione sensata gli era praticamente impossibile al momento.
Salì i gradini del palazzo abbandonato di corsa, fermandosi poi a riprendere fiato dopo aver raggiunto il piano giusto. Curvò leggermente la schiena e poggiò entrambi i palmi sulle ginocchia, lasciando che il suo fiato tornasse a regolarizzarsi.
Il salone era deserto, avvolto in un silenzio tombale che veniva interrotto esclusivamente dai rumori ovattati che provenivano dell'esterno, oltre le vetrate scheggiate; seduto sul davanzale infondo alla stanza, però, notificò subito dopo la presenza di Smiley; l'uomo pareva piuttosto pensieroso, ma non appena si accorse che Jeff era arrivato saltò giù e lo raggiunse a passo lento.
L'altro lo osservò esterrefatto; stando a ciò che aveva detto Jack si aspettava che lo avrebbe come minimo aggredito non appena lo avesse incontrato, eppure lo sguardo dell'uomo non pareva affatto ricolmo di rabbia. Al contrario sembrava semplicemente irritato, e anche parecchio preoccupato.
-Oh, eccoti qua- esclamò il dottore, avvolgendo le braccia attorno al petto come se all'improvviso si trovasse a disagio. Anche il suo sguardo suggeriva la stessa cosa, ora che poteva vederlo più da vicino.
Jeff annuì vagamente, senza esporsi ulteriormente. -Jack mi ha detto che sei incazzato. Qual'é il problema?- domandò, andando dritto al punto; il sudore tra le sue dita e il leggero tremore delle sue braccia, però, gli impedirono di apparire rilassato come avrebbe voluto.
L'altro sospirò silenziosamente evadendo lo sguardo per qualche attimo. -Non avrei mai voluto trovarmi costretto a dirti questo, ma...- borbottò. -Dobbiamo parlare, Jeff, seriamente-.
-E allora parla e basta- ribatté il ragazzo, evidentemente irritato. Il suono delle loro voci, all'interno di quella grande stanza completamente vuota, risuonava leggermente distorto.
Smiley annuì con un movimento del capo appena percettibile. -Vado al punto allora, il problema è il corpo di quel ragazzino che mi hai procurato-.
Jeff sollevò le sopracciglia ed assunse un'espressione confusa, senza distogliere lo sguardo dal suo interlocutore. -Il corpo? Ti ho portato quello che volevi, cosa cazzo c'è che non va?- ghignò. Non riusciva a comprendere cosa l'altro stesse cercando di dirgli, e questo non faceva altro che alimentare la frustrazione che già gli stava mozzando il respiro. La loro collaborazione fino a quel momento era sempre andata a gonfie vele; come dichiarato più volte dallo stesso Smiley, lui era il killer migliore che avesse mai assoldato negli ultimi anni.
-Ti avevo chiesto un cadavere giovane e quanto più integro possibile- continuò l'uomo, scuotendo il capo. -E mi sono ritrovato un ammasso di carne irriconoscibile!-.
Il moro a quel punto restò in silenzio qualche attimo, come per elaborare ciò che aveva appena udito. -Ma di che cazzo parli?- esclamò poi, gesticolando con entrambe le mani. -Il corpo era perfettamente integro, ho fatto tutto come mi hai chiesto tu-.
Come fosse dispiaciuto di doverlo contraddire, Smiley assunse un'espressione rammaricata. -Credo che tu abbia bisogno di aiuto, Jeff- mormorò a voce bassa. -Sei continuamente strafatto di roba e non ti rendi neanche più conto di quello che fai. Questa cosa deve finire-.
-Ma cosa..-.
-Su quel cazzo di corpo c'erano cinquantotto coltellate, per giunta inflitte post mortem!- gridò infine Smiley, interrompendo ogni vano tentativo del moro di giustificarsi. -Era del tutto inutilizzabile, ho dovuto disfarmene. Si può sapere cosa cazzo ti prende, Jeff? Se continui così ti dico gia che i nostri affari sono finiti-.
L'altro scosse il capo lentamente, tentando di capire se lo stesse prendendo in giro. Anche se non poteva affermare di avere il pieno controllo dei suoi istinti omicidi, era pressoché certo di non aver danneggiato il corpo di quel ragazzino; non ricordava di averlo fatto, proprio per niente. Inoltre, non si trattava di certo del primo incarico che aveva portato a termine negli ultimi mesi, conosceva perfettamente le regole. Consegnava a Smiley il tipo di corpo di cui necessitava per i suoi esperimenti e lui lo pagava dopo averlo ricevuto. Perché mai avrebbe dovuto danneggiare il cadavere, facendo sfumare l'affare?
-Non sono stato io- mormorò, con un tono di voce palesemente irritato. -L'ho lasciato nel posto che mi hai indicato, come da accordi. Ed era integro-.
-E allora chi cazzo è stato?- ribatté severo l'uomo, afferrandolo per una spalla e iniziando a scuoterlo energicamente. -Jeff devi riprenderti, cristo santo! Ultimamente fai cose che non hanno senso, stai perdendo il controllo!-. Nel pronunciare queste parole Smiley strinse il pugno della mano destra, afferrando un lembo della felpa di Jeff. -Se n'è accorto pure Jack, ti comporti in modo strano. Voglio dire, più del solito. E noi iniziamo a preoccuparci, onestamente-.
Con una reazione violenta e improvvisa il moro gli afferrò il polso e lo respinse, assumendo un'espressione adirata. -Levami le mani di dosso- ghignò schivo. -Ti ho già detto che ti sbagli-.
Pronunciando queste ultime parole Jeff gli voltò le spalle, e frettolosamente si avviò verso l'uscita del palazzo sotto allo sguardo inerme dell'amico, che nonostante avesse voluto farlo non tentò di fermarlo. Era terribilmente arrabbiato, così carico di frustrazione che non poté fare a meno di stringere i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani; non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma più di ogni altra cosa detestava che Smiley non avesse creduto alle sue parole.
Percorrendo in silenzio i vicoli stretti del centro diede un calcio a un paio di lattine, facendole rotolare sull'asfalto bagnato; aveva bisogno di placare la sua rabbia e rilassare i nervi, perciò decise di procurarsi qualche bottiglia prima di rientrare al suo appartamento. Soltanto in seguito avrebbe potuto ragionare lucidamente sul da farsi.

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