29. La forza di una carezza

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Sollievo.
Un enorme, incalcolabile sollievo.
Questo è ciò che provò Jeff nel momento in cui si rese conto di essersi appena svegliato disteso e ansimante nel suo letto, realizzando di aver soltanto fatto un terribile incubo.
Lentamente fece scorrere lo sguardo lungo il profilo del corpo di Eva, soavemente disteso accanto a lui e accarezzato da un timido lembo delle lenzuola; il suo petto si espandeva lentamente per poi ritirarsi in modo ritmico, le sue palpebre erano adagiate delicatamente sui contorni sottili del suo viso, sfiorato da qualche ciocca dei suoi capelli rossi.
Sospirò profondamente, se avesse avuto un Dio da ringraziare in quel momento di certo lo avrebbe fatto più e più volte. Con un gesto istintivo il killer allungò poi una mano e le lasciò una timida carezza sulla spalla, che la fece immediatamente svegliare; a quel punto, colto alla sprovvista, si ritrasse e spostò lo sguardo altrove. Esprimere dei sentimenti, in special modo se si trattava di qualcosa di profondamente positivo nei confronti di qualcuno, era una cosa che per qualche ragione si era sempre vietato di fare e che, proprio per lo stesso motivo, non adesso gli risultava un comportamento dannatamente strano. Un po' come iniziare a parlare per la prima volta nella vita una lingua straniera, pur avendola di fatto sempre conosciuta.
Gli occhi innocenti di Eva si posarono istantaneamente sul suo volto teso ma dalle sue labbra non uscì una singola sillaba, impegnata com'era a domandarsi il motivo di quell'improvviso cambio di comportamento nei suoi confronti: mai prima di allora le era stata concessa una carezza. Non aveva idea se ciò fosse dovuto a una sua presa di coscienza da parte di Jeff oppure al fatto che, nonostante il suo temperamento gelido e meschino, non fosse riuscito a restare indifferente all'idea di diventare padre; ma non le importava. Quella situazione rappresentava per lei una speranza, una sorta di luccichio luminoso appena visibile al termine di quel lunghissimo tunnel di agonia e molestie. Forse, prima o poi, lui le avrebbe concesso la libertà.
Il silenzio che era calato all'interno della stanza fu poco dopo interrotto dalla voce flebile del moro, che parlò continiando a osservare distrattamente un punto fisso. -Devo uscire- annunciò, con un punto di imbarazzo che non riusciva a celare.
-Ti porterò del cibo, e anche dei vestiti puliti- aggiunse.
Eva si mise a sedere sul letto, con le gambe intrecciate e la schiena dritta; alcune ciocche dei suoi capelli spettinati ora le carezzevano dolcemente le gote, mentre con timidezza volgeva lo sguardo a terra. Non seppe che cosa rispondere, così si limitò a restare in silenzio osservando ogni singolo movimento del killer con un'attenzione quasi ossessiva, mentre lui distrattamente infilava un paio di scarpe e una vecchia giacca per ripararsi dall'aria fredda del primo mattino; poi, con la stessa non chalance e quella sua tipica espressione di distacco da qualsiasi cosa lo circondasse, il moro abbandonò l'appartamento assicurandosi di bloccare con accuratezza la serratura della porta d'ingresso.
Lo faceva ogni volta, con una minuzia maniacale.
-Grazie... Jeff-. Quando le labbra della giovane si schiusero per pronunciare queste parole, tremando lievemente, lui stava già abbandonando l'edificio.
Sotto ai colori nostalgici di un'alba gelata la città di Netville si stava risvegliando, mentre le insegne di alcuni negozi iniziavano ad accendersi l'una dopo l'altra e qualche comignolo ancora fumava. Il killer camminava a testa bassa, con le mani affondate nelle larghe tasche della sua giacca e il cappuccio calato sulla testa, calpestando la spazzatura che infestava i marciapiedi del centro. Quel giorno sentiva che qualcosa di molto importante sarebbe cambiato nella sua vita, qualcosa che gli avrebbe concesso di ottenere un'esistenza molto più normale e noiosa di quanto avrebbe mai potuto sperare; forse per la prima volta in vita sua stava valutando l'idea di non dover necessariamente perseguire una carriera da criminale come aveva sempre fatto, ma di poter aspirare a qualcosa di più.
Qualcosa di normale.
Sì, normale.
Una parola che non avrebbe mai sognato di associare alla sua persona fino a quel momento.
Ma adesso che aveva definitivamente terminato la sua collaborazione con Doctor Smiley nuove possibilità si stavano aprendo al suo orizzonte e questa volta non si trattava soltanto di lui, ma anche di Eva e del figlio che ella portava in grembo, sangue del suo sangue. Nel pensare a questo sorrise lievemente, mentre sferrava un calcio distratto a una lattina di aranciata abbandonata a terra. Già, dopo aver trascorso tutti quegli anni in completa solitudine era bello pensare di avere qualcuno da cui tornare.
Facendo scorrere l'indice sui mattoni di un muretto imbrattato da centinaia di murales il moro percorse un vicolo piuttosto stretto che conduceva al luogo in cui si teneva il mercato cittadino, ma non appena ebbe voltato l'angolo notificò la presenza di una pattuglia di agenti di polizia appostati sul fondo della strada.
-Merda, che ci fanno qui?- ghignò sottovoce. Nonostante il preoccupante tasso di criminalità era molto difficile imbattersi nelle forze dell'ordine a Netville, poiché la polizia stessa era restia ad addentrarsi tra quelle strade piene di criminali e tossicodipendenti pronti a qualsiasi cosa pur di ottenere una dose; per questo motivo, quando capitava di incontrare una pattuglia nella maggior parte dei casi si trattava di omicidio. Il recupero dei corpi e le indagini, seppur ben poco approfondite, erano gli unici motivi per cui gli sbirri trovavano il coraggio di addentrarsi tra i vicoli di quella città dimenticata da Dio.
Nonostante almeno per il momento Jeff non avesse nulla da nascondere decise comunque di cambiare strada, perché non poteva proprio permettersi alcun intoppo quel giorno: tutto ciò che desiderava era recuperare del cibo per sé e per Eva, portarlo a casa e chiudere a chiave la porta lasciando fuori tutto il resto.
E così fece.
Utilizzò una parte dei suoi risparmi per acquistare dei viveri e poi, sulla via del ritorno, deviò leggermente il suo percorso per recarsi presso uno dei suoi contatti; adesso che aveva deciso di non voler più avere più niente a che fare con Smiley e di conseguenza anche con Jack, per procurarsi le sostanze di cui era dipendente avrebbe dovuto affidarsi ad alcune vecchie conoscenze.
Recuperò tutto quanto nel giro di poco più di un'ora, poi si mise sulla strada di ritorno quando le prime gocce fredde iniziarono a cadere dal cielo segnalando l'arrivo imminente dell'ennesimo acquazzone. I primi segni di astinenza iniziavano a farsi sentire, ma li ignorò, almeno per il momento.
Con una grossa borsa piena di viveri appesa al suo braccio sinistro Jeff inserì la chiave nella toppa dandosi una rapida occhiata intorno, poi si infilò cauto all'interno del suo appartamento e tornò a bloccare la serratura. Solo dopo qualche secondo, tuttavia, iniziò a realizzare che qualcosa li dentro sembrava essere cambiato: nell'aria aleggiava della polvere illuminata da un fascio di luce esterna che penetrava dalla finestra attraverso la carta di giornale, ogni cosa sembrava essere esattamente la dove l'aveva lasciata, eppure c'era qualcosa di diverso.
Eva non era lì.
Proprio come era accaduto nel terribile sogno di quella notte Jeff si ritrovò a ispezionare caoticamente l'intero appartamento alla ricerca della ragazza, questa volta chiamandola insistentemente per nome; ma di lei non vi era traccia. Una sensazione di panico si impadronì del killer che in un attimo realizzò di essere stato ingannato: Eva doveva aver approfittato del fatto che lui avesse abbassato la guardia per fuggire, ma da dove era uscita?
Furioso iniziò a strattonare la porta chiusa a chiave, ma solo per realizzare che la serratura era integra e non era stata in alcun modo forzata; allo stesso modo i vetri delle finestre non erano stati danneggiati.
Iniziò ad annaspare per via della rabbia, della delusione, della frustrazione che lo stava investendo con la forza di un tornado. Non vi era alcuna possibilità che la ragazza fosse potuta uscire da quell'appartamento senza lasciare alcun segno, e questo inizialmente non pareva avere alcun senso.
Si fermò un secondo, gonfiando il petto di tutta l'aria che riuscì a inalare, fino a che il suo sguardo non finì per cadere sulle lenzuola spiegazzate del letto; a quel punto la sua fronte si aggrottò ed i suoi occhi chiari si ridussero a due piccole fessure.
Diverse piccole schiazze di sangue ancora fresco erano distribuite sulla superficie del materasso e proprio qui, spostando un poco le lenzuola, Jeff notificò anche la presenza di un lembo di carne che pareva a tutti gli effetti il lobo di un orecchio umano, probabilmente asportato con l'ausilio di una lama. Oppresso da un crescente panico iniziò a spostare lo sguardo a destra e sinistra, ispezionando il letto da cima a fondo mentre la sua mente iniziava ad annebbiarsi e la rabbia ne prendeva progressivamente il controllo.
Poco dopo si rese conto che, proprio ai suoi piedi, giaceva sul pavimento una grossa ciocca di capelli rossi.

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