25. La felicità endovena

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Jeff stava inspirando lentamente una manciata di fumo ma d'un tratto si bloccò, restando con il fiato sospeso e la sigaretta stretta tra le labbra a fissare il vuoto. Le parole che Eva aveva appena pronunciato con un filo di voce giunsero taglienti come lame, causandogli un tale scompiglio mentale che dapprima fece enorme fatica a darvi un senso.
Con un movimento lento e calcolato poggiò i gomiti sui braccioli della portona e issò la schiena, rivolgendole uno sguardo allarmato e neutrale allo stesso tempo.
-Cos'hai detto?- farfugliò, facendo involontariamente cadere sul pavimento la sigaretta accesa che poi schiacciò con la suola di una scarpa.
La rossa avvolse le braccia attorno al petto, cercando invano di infilarsi gli stracci che lui aveva trappato di dosso; con una mano si copriva il seno, mentre con l'altra armeggiava per infilare la testa nel colletto senza interrompere il contatto visivo con il suo aguzzino. Non aveva idea di come lui avrebbe potuto reagire a una notizia simile, proprio per questo ne era terrorizzata; tuttavia, esisteva anche la possibilità che quella novità avrebbe potuto cambiare le carte in tavola.
-Sono incinta- ripeté, utilizzando un tono di voce ancor più basso; le risultò incredibilmente difficile far risalire quelle parole dalla sua gola per una seconda volta.
Gli occhi gelidi di Jeff erano puntati fissi su di lei come quelli di un falco che dall'alto fissa la sua preda, ma non sembravano essere in grado di esprimere alcun tipo di sentimento: il volto del ragazzo era contorto in una lieve smorfia di fastidio, non sembrava che credesse a quelle parole. Probabilmente in quel momento stava cercando di capire se si trattasse di una balla.
Restando in silenzio il killer si alzò lentamente in piedi e solo allora Eva ebbe occasione di notare la ferita sul suo braccio, una lacerazione profonda che sembrava essere stata causata da una bestia feroce. -Sei... Sei ferito?- balbettò, stritolando un lembo della maglia nel pugno destro nel tentativo di placare la sua agitazione. Ma ancora una volta il ragazzo restò in totale silenzio, avvicinandosi passo dopo passo fino a posizionarsi proprio davanti a lei, mentre con alcuni gesti poco eleganti tornava a sollevare la zip ed allacciare i pantaloni.
-Mi prendi per il culo?- esclamò poi, scuotendo energicamente il capo. -E se anche fosse vero, credi che faccia qualche differenza?-.
La rossa evase il suo sguardo, riprendendo involontariamente a tremare come una foglia. Era terribilmente arrabbiato, poteva comprenderlo facilmente dal tono della sua voce e dalla posizione ostile che aveva assunto il suo corpo. -Ho pensato che.... fosse giusto dirtelo- balbettò, annaspando.
Quell'affermazione fu subito seguito da una risata nervosa che il moro sputò fuori come veleno, assumendo un'espressione profondamente disgustata. -Stai cercando di dirmi che sarei io il padre?- domandò, tornando a scuotere il capo. -Credi forse che sia stupido?-.
Già piena di lividi doloranti Eva iniziò a trascinarsi sul pavimento per allontanarsi da lui, poi a fatica riuscì a mettersi in piedi. Di certo la reazione alla notizia non era stata neanche lontanamente simile a quella che aveva sperato; a quel punto sapeva che, qualunque cosa avesse risposto, avrebbe dovuto fare in modo di non alimentare ulteriormente la sua ira. -Beh, sì- bisbigliò. -Sicuramente sì, io non ho... Insomma...-.
Un brivido gelido attraversò il suo corpo, realizzando che potesse aver appena firmato la sua condanna a morte.
Vide Jeff intrecciare le mani attorno al petto, con un sorriso beffardo a incorniciargli il volto. -Non so a che gioco stai giocando bambolina, ma non funziona- le rispose, ridacchiando.
Eva tirò su con il naso, aggrappandosi al bordo della finestra sbarrata come per rendersi più agevole il mantenimento della posizione eretta, minato dalle continue fitte di dolore che percorrevano il suo corpo.
-E sentiamo, in che modo l'avresti capito?- continuò a inveire il moro, che non sembrava in alcun modo voler valutare l'idea che lei non stesse mentendo. -Perché mi sembri abbastanza convinta, perciò sono curioso. Come l'hai capito?-.
Lei aveva paura.
Una paura pietrificante, che quasi le impediva di respirare.
Sapeva che una risposta sbagliata avrebbe potuto scatenare nuovamente la sua ira e magari, questa volta, Jeff avrebbe deciso di farla fuori una volta per tutte in modo da sbarazzarsi del problema.
In quel momento Eva si pentì amaramente di avergli rivelato quel segreto, che tale sarebbe dovuto rimanere. -Io... Lo sento- borbottò, con un filo di voce. -Non te lo so spiegare ma... Lo so e basta-.
Una nuova risatina nervosa precedette l'avvicinarsi del killer, che aggrappandosi energicamente con una mano alla sua spalla le causò un violento brivido lungo la colonna vertebrale. -Stavi iniziando a piacermi davvero, ma odio quando le persone mi mentono- ghignò. -E se pensi che avrò più riguardo nei tuoi confronti perché credi di essere incinta, sei fuori strada-.
Eva annuì, stringendo le palpebre come se si aspettasse di ricevere uno schiaffo. -Volevo solo che lo sapessi, tutto qui- riuscì a mormorare.
E lui, chiaramente innervosito dalla situazione, emise un lamento di disprezzo. -Non era necessario, non è un mio problema-.
Con un movimento rapido Jeff ritrasse la mano e fece un passo indietro, lanciandole un ultimo sguardo indecifrabile per poi tornare a buttarsi sulla poltrona sgualcita che aveva sistemato al centro della stanza, lasciandosi cadere a peso morto sul cuscino ingiallito.
Si sentiva irrequieto.
Non aveva modo di poter verificare se ciò che lei aveva detto fosse vero oppure no, almeno non nell'immediato; tuttavia, l'idea che Eva potesse realmente essere incinta gli causava una sorta di agitazione che non riusciva a identificare. Ma non si trattava di senso di colpa: proprio come non si era fatto problemi a picchiare selvaggiamente quella ragazza appena qualche decina di minuti prima, non avrebbe avuto rimorsi nel continuare a farlo anche sapendo che lei portava in grembo una nuova vita.
Ciò che agitava l'animo di Jeff in quel momento era qualcosa di diverso.
Da qualche parte dentro di sé sentiva di provare qualcosa di molto profondo nei confronti di quella ragazza dai capelli rossi, l'emozione più simile all'amore tra tutte quelle che era stato in grado di provare nell'arco della sua intera vita. Nonostante ciò, il dubbio che lei fosse realmente incinta era un pensiero martellante tra le sue sinapsi che sembrava destinato a farlo impazzire. E se il figlio fosse stato frutto del suo seme, avrebbe mai potuto accettarlo?
Voltando la testa di scatto rivolse ad Eva uno sguardo carico di odio, mentre con una mano indicava insistentemente l'angolo vuoto sotto alla finestra. -Non guardarmi, mettiti seduta con la faccia al muro- le ordinò, con una freddezza quasi disumana. E lei, ancora in piedi immobile nella stessa posizione, eseguì immediatamente la richiesta pur non comprendendone il motivo; si sistemò sul pavimento, con le gambe incrociate e lo sguardo fisso sull'intonaco ammuffito che ricopriva la parete.
Solo un attimo dopo udì Jeff alzarsi dalla poltrona e frugare tra i cassetti alla ricerca di qualcosa. Aveva un disperato bisogno di sfuggire da quella realtà, di interrompere il flusso dei suoi pensieri e rilassare i nervi; per questo motivo, in quell'occasione, scelse di ricorrere all'arma più potente che aveva; ma non voleva che lei lo vedesse in quello stato così pietoso e umiliante.
Dopo aver strofinato sulla pelle un lembo di tessuto intruso di candeggina, il killer impugnò con fermezza una siringa e la fece penenteare lentamente nella sua pelle avendo cura di centrare correttamente la vena, per poi disperdere lentamente la cocaina nel suo sangue in circolo. Sentì il cuore iniziare a pompare con più energia e le sue ansie abbandonare il corpo in modo quasi istantaneo, mentre i pensieri si facevano più leggeri; proprio di questo aveva bisogno.
Con la cosa dell'occhio si rese conto che Eva si era voltata a guardarlo, ma non gli importava più.
Come una barca a vela spinta da una tempesta, la direzione in cui stava andando non era più nelle sue mani.

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