Capitolo 6

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Quando entrai in macchina mia madre iniziò a farmi domande su questo "amico", ma presa dallo sconforto per le mie risposte a monosillabi, poco dopo si mise in silenzio.
Volevo suonare, suonare come se non ci fosse un domani.
Appena tornai a casa presi il violino e uscii. Andai nel mio piccolo posto sulla spiaggia. Mi portai la bici sulla sabbia e la buttai li vicino. Poi presi il violino con tale foga e violenza che mi sorpresi da sola.
Volevo perdermi nella musica e farmi trasportare. Arrivare a quel punto in cui non ti rendi neanche più conto di cosa stanno facendo le tue mani. Arrivare a quando le dita ti fanno male, ma continui a costo di non fermare quella melodia che ti trasporta altrove, in un posto dove l'unica cosa che conta sei tu.
Non importa cosa hai appena fatto o cosa pensi, perché in quel momento sei così presa da non badare neanche a ciò che ti circonda.
Iniziai a suonare Bach una sonata di cui neanche ricordo il nome, e poi continuai non seguendo più lo spartito ma facendo musica libera. Era in quel momento che ti sentivi così padrona dello strumento, e allo stesso tempo un tutt'uno con le corde e l'archetto. Era la sensazione che ogni musicista o apprendista che sia, amava.
Il sole iniziò a tramontare e aprii gli occhi allontanando il violino dal mio mento. Mi buttai a terra come scarica dall'energia che avevo fino a poco fa e riposi lo strumento nella custodia.
Il vento che veniva dal mare, ricco di salsedine, mi entrò dentro.
Chissà cosa stava facendo William... sicuramente stava "parlando" con qualcuna, se non altro. O forse stava con i suoi amici a fare chissà cosa. Speravo solo che non avesse problemi con gente losca. O magari stava facendo entrambe le cose... e io che facevo? Ammiravo la cosa più bella mai vista, il sole rosso tingenva il mare dello stesso colore per poi andare a sfumare, avrei voluto disegnarlo con il mio carboncino. Il disegno, un'altra delle mie passioni.
Si stava facendo tardi ed era il caso di tornare a casa.

Il giorno dopo arrivai a scuola e alla prima ora avevo biologia, bene l'unica ora con William. Speriamo passi rapidamente.
Una volta seduta William entrò in classe e si catapultò di fianco a me, regalandomi uno di quei suoi sorrisi che riusciva ad essere mozzafiato nonostante quello affannato fosse lui. Probabilmente fino a cinque secondi fa correva.

-ehi-

-ciao- non so perché ma quella mattina non mi sentivo di interagire con le persone più del solito.

-alla fine ieri è venuta tua madre?-

-no, mi ha lasciata li. Sono dovuta tornare a piedi.- dissi ironicamente, e lui sorrise leggermente.

-acida già di prima mattina, ma come fai-

-nel caso non lo avessi capito "acida"- dissi imitando le virgolette con le mani -è il mio secondo nome, accostato da mille altri e ne vado più che fiera-

-bene, allora inizierò a chiamarti acida-

-fa come ti pare- non riuscivo più a tenere il contatto visivo così alzai gli occhi al cielo e guardai il professore entrare in classe.

-allora ragazzi! Avete portato le relazioni che vi avevo assegnato?- qualcuno rispose, poi continuò -signor Miles, può gentilmente raccogliere i compiti?- quello si alzò sbuffando. Si chiamava Thomas, insieme facevamo biologia e arte, ma non ci siamo mai parlati, probabilmente neanche sapeva come mi chiamavo.
Passò davanti al mio banco aspettando che gli dessi i fogli. Giusto li avevo stampati io ieri non questo tizio alla mia sinistra. Presi i fogli dallo zaino e mi sorrise calorosamente, e feci lo stesso di ricambio. Non mi aveva mai sorriso in tanto tempo.

-perché ti ha guardato così?- sentii William borbottare da sotto la mano.

-prego?- mi girai alzando le sopracciglia incredula.

-hai capito bene- ora lo stava squadrando -vi conoscete?-

-geloso Smith?-

-vorresti che io lo fossi?-

Devil's Seduction #Wattys2018Where stories live. Discover now