2 Capitolo

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«Ci vediamo domani, ciao Maya. » mi saluta la professoressa di italiano. Oggi esco quattro ore prima perché devo andare dall'avvocato per parlare di ciò che è successo.
Mi dissocio dalla realtà mentre raggiungo mia madre in macchina. Ultimamente mi capita abbastanza spesso di dissociarmi.
La cosa mi tranquillizza, ma allo stesso tempo mi spaventa. Ma la realtà, a volte, mi spaventa un po' di più.
«Tutto okay? » domanda la mamma partendo. È preoccupata, lo sento nella sua voce nonostante lei cerchi di nasconderlo.
Annuisco e mi giro a guardare fuori dal finestrino. Il cielo è grigio e pieno di nuvole, fa freddo ma non è proprio una brutta giornata. Il cielo grigio va a braccetto col mio umore.
Accendo la radio e metto la chiavetta, parte "Soli assieme" di Emis Killa. Attraversiamo la città in macchina fino ad arrivare dall'avvocato.
Penso di volermi isolare di nuovo, ma devo essere completamente lucida. Faccio dei respiri profondi.
Mamma parcheggia nel primo posto che trova e scendiamo. «Andiamo. » mi prende sotto braccio ed entriamo nel grande edificio. Entriamo nell'ascensore completamente nero con una parete a specchio.
Un colore più allegro non lo potevano scegliere.
Mi guardo allo specchio e mi guardo anche la pancia, la accarezzo delicatamente e poi mi giro verso la mamma.
Non faccio spesso il gesto di accarezzarla... Ho quasi paura a farlo...
«Vedrai che andrà tutto bene. » mi rassicura la mamma mentre le porte si aprono.
Annuisco.
Usciamo dall'ascensore e camminiamo fino alla porta dell'ufficio. La mamma bussa ed entriamo.
«Maya, signora Rossi. » Marco, l'avvocato, si alza in piedi e ci fa entrare nel suo ufficio.
«Ciao. » saluto sedendomi. «Come va? » domanda sedendosi anche lui. Mi guarda attentamente.
«Bene. » dico velocemente per poi spostare il mio sguardo sui fogli sparsi sulla sua scrivania. «Okay, ehm, Nathan è condannato colpevole ed è in prigione. È stato condannato a sei anni di galera. » ci informa Marco. Io annuisco, non mi cambia tanto ora, la mia vita è cambiata. E gli anni di galera, non rimediano.
«Se non sbaglio lei non è la prima, vero? » domanda la mamma.
Mi si annida lo stomaco.
«Uhm, no infatti. Aveva altre due denunce. » risponde Marco guardando i fogli sulla scrivania.
«Lui... non ha alcun diritto sul futuro bambino? » domando. Di sicuro, non voglio faccia parte della sua vita. Marco si gratta la nuca e mi guarda. «Quando nasce deve venire riconosciuto dal padre, se non lo riconosce non ha alcun diritto. » spiega. Annuisco abbastanza sollevata.
«Bene, sono molto sollevata. » dice mamma sospirando.

«Tutto okay? » domanda la mamma mentre parcheggia la macchina. Annuisco stanca e mi tiro su la zip della giacca.
Mi butterò a letto a dormire. Attraversiamo la strada ed entriamo in casa. Zago, il mio cane, un pitbull, mi corre incontro.
Ho lottato per poter prendere Zago, la mia bambina.
I miei fratelli sono ancora a scuola e papà è al lavoro.
Silenzio e pace. Pace e silenzio. «Domani viene la zia. » mi informa la mamma. «Quale zia? » domando salendo le scale lentamente con dietro Zago. «Zia Lauren. » risponde la mamma entrando in cucina. Sbuffo salendo gli ultimi gradini.
Mi sento vecchia per la fatica che faccio nel salire le scale, ma in realtà è la gravidanza.
Zia Lauren è la gemella di mamma, ed è incinta.
Un po' irónico, se ci penso. Sarò madre e cugina di due bambini della stessa età.
Entro in stanza e mi tolgo le scarpe e la giacca, la giacca la butto sulla sedia e le scarpe accanto alla porta. Prendo da sotto il cuscino i pantaloncini e la canotta che uso come pigiama, vado all'armadio e prendo delle mutandine e un reggiseno.
Vado in bagno e appoggio tutto, torno in stanza e apro il primo cassetto del comodino, prendo il test di gravidanza e torno in bagno. So benissimo di essere incinta, ma voglio rifarlo, per sapere che non è un sogno, anche se ne ho già la certezza.
Non è facile accettarlo. E penso questo sia il decimo che faccio.
Vedere il risultato positivo mi fa capire che è tutto vero.
Faccio la pipì e appoggio il test sul lavandino, devo aspettare cinque minuti. Prendo il telefono ed entro su YouTube. Metto "Come Milano" di Ghali, e inizio a spogliarmi. Apro l'acqua della vasca e la lascio riempirsi, ci metto dentro tanto bagno schiuma al pompelmo, l'odore di vaniglia mi da la nausea e mi ricorda un gelato.
Come fa a piacere tanto alla gente? Guardo il telefono, sono già passate due canzoni, adesso ce "Stereo hearts" di Adam Levine e un altro. Prendo il test e lo guardo. Positivo 2-3 mesi di gravidanza. Prossimo mese il quarto. Sospiro e butto il test nel cestino, entro dentro la vasca e mi rilasso. Sospiro rumorosamente e mi immergo completamente dentro l'acqua.
Trattengo il respiro e osservo la stanza da sott'acqua. Vedo i miei capelli fluttuare attorno alla mia testa, guardo i piedi e su quello sinistro, appena sotto le cavigliere, osservo la piccola ancora tatuata. Chiudo gli occhi due o tre volte e poi torno su con la testa. Respiro a fondo e poi abbandono la testa sul bordo freddo della vasca.
Chiudo gli occhi e ascolto attentamente "7 years" di Lucas Graham.
Mi sento fuori dal mondo in questi momenti.
Dopo circa venti minuti mi alzo ed esco, lascio andare l'acqua e mi metto l'intimo e poi mi avvolgo in un asciugamano bianco e ne avvolgo un altro sui capelli. Mi guardo allo specchio e con una salviettina struccante tolgo i residui del trucco. Prendo i vestiti e li butto nel cesto della roba sporca, prendo il telefono e spengo la musica. Esco dal bagno e torno in stanza.
Zago è sdraiata sul mio letto. Mi metto davanti allo specchio a corpo intero e sciolgo l'asciugamano che mi avvolge il corpo, cade a terra in pochi secondi. Mi guardo e percorro tutto il corpo con lo sguardo. Mi soffermo a guardare il tatuaggio sulla clavicola: "You are my happy ending". Me l'ero fatto fare insieme a Nathan, ora lo detesto.
Dopo quella sera, l'ho grattato così forte  da sanguinare... Ma i tatuaggi sono permanenti.
Scuoto la testa facendo cadere anche l'altro asciugamano e corro verso l'armadio, ho deciso che voglio uscire. Spalanco le ante e cerco qualcosa da mettermi, opto per dei leggings neri e una maglia bordò con le maniche a tre quarti. Indosso il tutto e vado in bagno. Raccolgo i capelli in una coda disordinata e mi metto il mascara, sciolgo i capelli e li spazzolo velocemente per poi asciugarli col phon.
Una volta finito corro in stanza e prendo il telefono, entro un po' su facebook, scorro un po' sulla home e poi esco da facebook.
Voglio uscire, ma a quest'ora sono tutti a scuola.
«Mae vieni giù! » mi chiama la mamma col mio soprannome. Mi alzo dal letto e scendo di sotto, entro in cucina e vedo mia mamma seduta su una delle sedie con i gomiti appoggiati al tavolo mentre legge una rivista. «Dimmi. » mi siedo di fronte a lei. Lei abbassa la rivista. «Ti ho già detto che la zia viene domani, no? Bene, la zia starà nella camera degli ospiti, puoi vedere com'è messa? » mi chiede spostandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio. Sbuffo sonoramente e mi alzo dal tavolo diretta alla stanza degli ospiti, che è vicina al bagno di sotto. Entro dentro e accendo la luce, è abbastanza in ordine: il letto è fatto, le tende sono abbassate e la finestra chiusa, ce un po' di polvere ma per il resto è tutto apposto. Starnutisco due o tre volte per colpa della mia allergia alla polvere ed esco dalla stanza chiudendo la porta. «Si! È apposto! » urlo tornando su nella mia stanza. Prendo le scarpe vicino alla porta e le indosso. Prendo la borsa nera attaccata dietro la porta e ci metto dentro il portafogli e le chiavi di casa. Prendo il telefono e scendo di corsa le scale. «Ciao mamma! » urlo uscendo con Zago alle calcagna. Cammino fino alla fermata del bus e mi siedo sulla panchina ad aspettare. Metto le cuffie e metto "Ginza" di J Balvin. Entro su whatsapp e mi trovo cinque messaggi in due conversazioni. Tre in un gruppo e due da Jennifer.
Apro quello di Jenny.
1 messaggio:
-Ei Tata! Usciamo?
2 messaggio:
-Appena lo leggi chiama!
Sorrido lievemente e la chiamo. Dopo tre squilli risponde. «Tata! » urla contenta. Rido mentre mi alzo in piedi per salire sul bus. «Dove sei? » domando timbrando l'ABO e sedendomi. «Sono al Casanova, vieni? » domanda.
Si, lei è ciò di cui ho bisogno in questo momento.

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