35 Capitolo (Nicholas)

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Sono due giorni che non faccio altro che pensare al fatto che quel bastardo che ha abusato di Maya stia venendo qui, a Los Angeles. Arriviamo davanti al locale e parcheggiamo, Ory mi guarda con il casco ancora addosso. Scendiamo dalle moto e ci dirigiamo all'interno del locale. Ci togliamo i caschi e ci guardiamo intorno. L'ambiente è madido di sudore, alcool e fumo. «Dobbiamo andare sul retro. » mi dice Ory all'orecchio per non farsi sentire, cosa molto improbabile data la musica al massimo. Attraversiamo la sala e arriviamo alla porta sul retro. Usciamo e l'aria fredda di novembre ci colpisce, mi chiudo la giacca e mi guardo intorno per cercare Mark. Nella parte più buia vedo tre sagome. Do una gomitata a Ory e ci dirigiamo verso le tre sagome. Mark è la sagoma in mezzo, la più bassa. Ai lati ci sono due suoi scagnozzi, che figlio di puttana. «Tieni. » dice Ory tirando fuori la roba, due sacchetti pieni. Mark sorride e poi sposta lo sguardo su di me mentre fa un gesto allo scagnozzo che c'è alla sua sinistra. Questo prende i due sacchetti e Ory si ritrae. «C'è un'altra richiesta. » dice incrociando le braccia. «Cioè? » domando dondolandomi sui talloni. «Maya. » risponde con un sorrisetto. «Cosa? » domando fermandomi e stringendo i pugni. «Hai sentito. Voglio Maya. » ripete. «Col cazzo. » sbotto.

«Porca puttana! » urla Ory quando un colpo lo sfiora. Aumentiamo la velocità e continuiamo ad accelerare per non so quanto tempo. Arriviamo vicino alla parte più popolata della città, qua non potranno farci niente. Mi giro a guardare Ory il quale annuisce. Imbocchiamo la strada a sinistra e ci dirigiamo verso casa.
«Ciò che voglio prendo. » dice Mark, sta iniziando a ritirarsi. «Ma Maya non la puoi prendere. » dico a pugni e denti stretti. «È solo la tua puttanella, condividila. » ride lui, la sua risata duro poco. Gli tiro un pugno dritto in faccia. Mark barcolla e inizi ad uscirli sangue dal labbro spaccato. «Come hai osato. » dice duro facendo segno scagnozzi. «Merda. » borbotta Ory iniziando ad indietreggiare.
Così ci siamo ritrovati a scappare da lui dato che quel figlio di puttana gira sempre con scagnozzi e pistole. Arriviamo davanti casa e scendiamo dalle moto senza neanche parcheggiarle. Mi tolgo il casco e lo lancio, corro verso Ory e vedo che il braccio sanguina ma la ferita è superficiale. Suono alla porta e ci apre Megan. Appena vi vede lascia cadere la tazza che ha in mano e si copre la bocca con le mani mentre le lacrime iniziano a rigarle il viso. «Non è niente amore. » dice Ory entrando. Megan lo fa sdraiare e inizia a toglierli la giacca. Io devo chiamare Maya. Altro che cinque giorni per scappare, ventiquattro ore se non vogliamo ritrovarci tutti morti e Maya schiavizzata da quel maiale. Prendo le chiavi della macchina di Megan ed esco. Megan corre alla porta. «Dove vai? » domanda sempre piangendo. «A prendere Maya. » dico entrando in macchina. «State attenti! Guai se le succede qualcosa! » mi dice lei puntandomi un dito contro. Entro in macchina e accendo il motore. Ovvio Megan, proteggerò Maya, fidati.

«Cosa? » urla lei facendo girare la poca gente che c'è nel bar sotto il suo palazzo, lei si tappa la bocca e qualche lacrima scende rigandole le guance. «Si, quindi... » inizio e lei singhiozza. «Mi dispiace. » dico piano prendendole le mani. È così fragile in questo momento. Ha i capelli rosa legati in una coda, ha addosso la giacca di pelle e sotto una felpa grigia, i jeans neri e le sue solite vans. È così semplice e bella. «Io... Come sta Ory? » domanda lei asciugandosi le guance. «Bene, ma anche lui e Meg sono in pericolo. » dico nervoso. Lei annuisce. «Va bene. Hai ragione. » dice singhiozzando e sorseggiando ciò che rimane del suo caffè.«Scappiamo? » domando titubante, spero abbia capito che è la cosa migliore da fare. «Mi ami? » domanda mettendo giù la tazza e guardandomi negli occhi. «Ti amo. » affermo sorridendo. «Scappiamo. » dice lei alzandosi e prendendomi la mano.

«Dobbiamo andare. » sussurro per non svegliare sua zia. Lei annuisce e lascia un bigliettino attaccato sul frigo, prende lo zaino che ha riempito di vestiti e cose "assolutamente necessarie" secondo lei. «Andiamo. » dice prendendomi la mano e uscendo da quella casa. «Mi dispiace. » dico mentre siamo in ascensore. Lei si appoggia al mio petto e inizia a singhiozzare di nuovo. «Non so cosa fare. » dice. Le alzo il mento. «Sfogati. » dico. «Io... Perché? Porca puttana perché? Io come farò con Bae? Non so cosa fare! Sta andando tutto a puttane! E... » non la lascio finire. È così bella, vederla dare di matto perché si preoccupa per sua figlia è una cosa terribilmente bella. La bacio e lei rimane sorpresa, ma poi ricambia. Chiedo accesso alla sua lingua e lei acconsente approfondendo il bacio. Lei lascia cadere le mani lungo i fianchi e io la abbraccio, senza mai smettere di baciarla. Ci stacchiamo per riprendere fiato e lei mi guarda. «Ti ho incasinata. » dico appoggiandomi alla parete. «Non sai quanto. » dice lei e io alzo un sopracciglio. «Ma Mark mi avrebbe incontrata comunque, è un collega di mia zia. » aggiunge. Sospiro e le sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Usciamo dall'ascensore e camminiamo a testa bassa fino ad uscire dal palazzo. È sera e novembre, fa freddo. Saliamo in macchina di Megan e lei si lascia cadere. Si accarezza la pancia e allaccia la cintura, allaccio anche io la cintura e parto. Entro domattina dobbiamo partire. «Stai bene. » dice sollevata Megan appena ci apre la porta. Maya la abbraccia e poi va diretta verso Ory. Si siede accanto a lui. «Come stai? » domanda. Lui sorride, vuole fare una battuta me non ne ha le forze. «Bene. » risponde, Maya sorride e si toglie la giacca. «Io... Dove andremo? » domanda Meg entrando in salotto con due bicchieri. «Nevada. » risponde Ory. «Lì c'è una delle case dei miei, io ho le chiavi. » spiega mettendosi dritto. «Noi in moto, le ragazze in macchina. » dico sedendomi. Shori si agita accanto a Ory e poi gli lecca la mano. «Loro vengono con noi. » afferma Megan accarezzando Shely. Sospiro. «Va bene, ora è meglio se riposiamo un po'. » dico sedendomi sulla poltrona.

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