Capitolo 6

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Una scrivania. Un armadio. Una finestra. No, quella non era la camera di Giulia. Dove cavolo mi trovavo? Mi girai e vicino a me non vidi né Giulia, né Roberta. Sbattei le palpebre più volte, con il tentativo di riprendermi. Ma quindi non è stato tutto un sogno? Sono ancora qui. Chissà dov'è finita la mia amica, però. Nel giro di pochi secondi, la vidi tornare in camera con un vassoio colmo di brioches, succhi di frutta e cappuccini.

"E no, peccato. Sei sveglia. Volevo farti una sorpresa." Disse, poggiando il tutto ai piedi del letto.

Facemmo colazione con molta calma e poi decidemmo di vestirci e di uscire a fare un giro per Modena, con lo scopo di comprare qualcosa da indossare, visto che, ovviamente, non avevamo con noi un cambio pulito. Non incontrammo nessuno, in giro per l'albergo. Sicuramente i ragazzi della Diatec erano al PalaPanini per allenarsi in vista della semifinale per il terzo e quarto posto della Supercoppa. Prima di uscire, ci toccava riconsegnare le chiavi alla reception.

"Ah, bene. Siete le signorine della 314. Ho un biglietto per una certa Iris." Disse la receptionist.

"Spero che alla fine tu sia riuscita ad addormentarti. Mi farebbe molto piacere se veniste a vedere il nostro allenamento mattutino, anche se l'orario non è di migliori (11:30/13:00). E' un allenamento a porte chiuse, ma se dite i vostri nomi  vi faranno entrare. A dopo (spero).  Simone."

Le mie guance divennero un fuoco. Il biglietto era indirizzato a me. A me. Capite? Chi se lo sarebbe mai aspettato. Senza dire nulla, ringraziai la ragazza e spinsi la mia amica fuori dall'hotel. Non riusciva a smettere di guardarmi e di ridere, allo stesso tempo.

"Sono già le nove e mezza. Andiamo di corsa in centro, compriamo le prime cose che capitano e poi ci dirigiamo subito al palazzetto. Non voglio obiezioni. D'accordo?"

"Si', signor capitano. Come faccio a dirti di no, se mi guardi con quel musino imbronciato?"

Facemmo un giro veloce per i negozi, ci cambiammo e non esitammo a prendere un taxi, per arrivare a destinazione. Le dodici meno un quarto. Orario perfetto. Tutto andò secondo i piani, all'entrata ci fecero entrare senza problemi e, silenziosamente, ci sedemmo sugli spalti, intente a guardare attentamente tutto l'allenamento. Nessuno si accorse di noi, fino a quando Simone e Tiziano non si girarono e ci salutarono con la mano, sorridendo. Da quel momento in poi, ci sentimmo a dir poco osservate: tutti i ragazzi della Diatec si stavano chiedendo che cosa ci facessimo noi lì, visto che all'allenamento non sarebbe potuto entrare nessuno. In tutti i casi, le 13:00 arrivarono immediatamente e, una volta finito lo stetching, Simone ci fece segno di avvicinarci. Ci trovammo di nuovo a parlare a tu per tu: io, Rob, Simone e Tiziano, il quale prese in disparte la mia amica, non so per quale motivo.

"Spero non vi siate annoiate molto, ma mi ha fatto molto piacere che siate venute a vederci. Inoltre, ti ho chiesto di venire perché volevo chiederti se... ti andrebbe di pranzare con me. La partita sarà alle sei e posso prendermi due o tre ore di pausa, prima di tornare in palestra dalla mia squadra."

"Mi piacerebbe, davvero, ma non posso lasciare Rob..." Non feci in tempo a finire la frase che la mia amica mi interruppe.

"Vado a pranzo con gli altri ragazzi, spero non ti dispiaccia se ti lascio pranzare con Simone."

Mi girai e incrociai prima il sorriso di Simone, poi il sorriso complice di Tiziano e, infine, quello di Roberta, accompagnato da un occhiolino e da un sorrisino.

Ci separammo e io e Roberta decidemmo di aspettare i ragazzi all'uscita degli spogliatoi, dove decine e decine di ragazzine stavano facendo esattamente la stessa cosa. E pensare che, fino al giorno prima, ero una di loro. Non che fosse cambiato qualcosa. Non montarti la testa, Iris.
I miei futili pensieri furono interrotti dalle urla delle ragazzine alla vista di Filippo Lanza e, successivamente, di Sebastian Solè. Pian piano stavano uscendo tutti, ci aveva raggiunte anche Tiziano. Mancava solo Simone e, dato che sarebbe venuto a pranzo con me, gli altri giocatori decisero di non aspettarlo e andare direttamente a mangiare, compresa la mia amica.

"Allora, noi andiamo. Ci vediamo qui alle quattro e mezza. Per qualsiasi cosa, chiamami. Have a nice day." Nulla, era proprio Roberta. Stava andando a pranzo con l'intera squadra della Trentino Volley e riusciva comunque a rimanere calmissima. Al posto suo sarei impazzita. O meglio, stavo impazzendo. Non dimentichiamoci che stavo per pranzare con Simone Giannelli. Che, tra l'altro, era sempre il solito. Si stava facendo attendere e anche le ragazzine che lo stavano ancora aspettando iniziarono a spazientirsi. Dopo cinque minuti, eccolo uscire, accompagnato anche lui dalle urla. Ci impiegò circa dieci minuti a firmare tutti gli autografi e a scattare tutte le foto con le persone presenti, rivolgendomi un sorriso di tanto in tanto.

"Allora, dove andiamo?" Feci io, una volta rimasti finalmente soli.

"In un posto tranquillo, ci sono andato qualche volta quando sono venuto qui a Modena. Vedrai, ti piacerà."

Il ristorante era molto carino, rustico ma allo stesso tempo raffinato. Si trovava nel centro storico di Modena, vicino l'Accademia Militare. Mangiammo molto bene, ma ci mantenemmo leggeri. Non dimentichiamoci che Simone avrebbe dovuto giocare un'importante partita dopo poche ore. Durante il pranzo, parlammo molto. O meglio, io parlai molto, mentre Simone si limitava a chiedere e ad ascoltare attentamente ciò che io avevo da dire. Aveva capito che ero a conoscenza di molte cose che lo riguardavano, quindi preferì "mettersi in pari" e chiedermi tutto quello che gli veniva in mente. Raccontai della mia vita al sud, delle mie coinquiline, di quello che studiavo, di ciò che mi piaceva e di ciò che, invece, detestavo.

"Non posso credere che studi due lingue difficilissime. Come fai anche solo a passare dallo studio del russo, allo studio del cinese in un solo giorno?" Mi chiese, quando ormai eravamo usciti dal ristorante e stavamo passeggiando per i vicoletti della città emiliana.

"In effetti non so cosa mi sia preso, al momento dell'iscrizione. A volte mi rendo conto di aver fatto una cazzata. A volte, invece, mi faccio coraggio e mi dico che un giorno, forse molto lontano, ringrazierò il cielo di aver preso questa decisione."

Continuammo a scherzare del più e del meno, fino a quando non assunse un tono serio e mi pose una domanda diretta.

"Ieri, mentre stavamo parlando, ti ho fatto una domanda alla quale non hai risposto. Forse non era una vera e propria domanda... In tutti i casi, ce l'hai o non ce l'hai il ragazzo?"

"Ecco, io...."

Cosa rimane di noiWhere stories live. Discover now