Capitolo 37

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"Amore, lo sai com'è il mio lavoro. Non posso richiedere una giornata libera con così poco preavviso. Non riuscirò mai ad ottenerla. Per questa volta dovrai fare a meno di me. Però sarai con Roberta, no? Non sarai da sola."

"Strano che tu sia felice che io trascorra il mio tempo con Robi. Di solito, quando parliamo al telefono, fai sempre una faccia scocciata."

"Ma che dici. E' solo una tua impressione. Roberta è una delle tue migliori amiche e mi sta molto simpatica. E' così buffa." Che bugiardo. Io però mi rivolgo a lui con il cosiddetto "musino implorante".

"E' che mi piacerebbe tantissimo andarci con te, per presentarti finalmente agli altri miei amici. Sono importanti per me, nonostante non ci vediamo spesso."

"Sono sicuro che ci saranno altre occasioni, come il nostro matrimonio. Ti ricordi, vero, che tra meno di un anno ci sposiamo anche noi, vero?" Dice, sporgendosi per darmi un bacio dolce sulle labbra. Come potrei dimenticarlo, comunque? Scendo dallo sgabello e afferro la borsa.

"Va bene, ma mi accompagni lo stesso a cercare un vestito adatto, vero?"

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Il fatidico giorno è arrivato. O meglio, quasi. E' giovedì sera e sono alla stazione di Verona. Sto aspettando Roberta. Abbiamo deciso che starà qui qualche giorno in vista del matrimonio, che appunto si terrà in un paesino vicino Verona. Giusto, non vi ho detto che Filippo si sposerà con una ragazza veneta, originaria di Lavagno, un paesino poco distante da quello d'origine dello schiacciatore. Per questo motivo, la funzione si terrà in una chiesetta situata nel centro di Lavagno, mentre per la cerimonia dovremo spostarci un po' più a nord di Verona. Ma insomma, la questione è che sicuramente è più comodo che Roberta venga stare da me, visto che abito nelle vicinanze. Come volevasi dimostrare, il treno è in ritardo e io sono abbastanza infreddolita: sì, è vero, siamo comunque ad aprile, ma non è stata una scelta saggia, quella di uscire di casa solamente con una camicetta e una sciarpa. Avrei dovuto prendere anche la giacca, ma l'euforia di rivedere la mia amica mi ha confusa. Così mi stringo su me stessa e aspetto pazientemente, seduta ad una delle panchine presenti sui binari.

"Arrivo da così tanto lontano e non mi vieni neanche incontro quando scendo dal treno?" Il cellulare mi ha distratta. Girovagavo tra i social ed ero così presa, che non mi sono accorta del treno che è finalmente arrivato a destinazione. Guardo Roberta, mi alzo in piedi e la stringo a me, anzi la stritolo nel vero senso della parola.

"Ma guardati. Come sei bella. Mi sei mancata da morire." – "Dai, su, tutte queste smancerie in stazione, davanti a tutti." Dice, mentre si divincola dalla mia presa. Poi mi guarda dall'alto in basso.

"Oh, al diavolo. Vieni qui. Mi sei mancata immensamente anche tu." Credo davvero che se Roberta fosse un esemplare di sesso maschile, sarebbe sicuramente il mio fidanzato.

"Allora, questo vestito blu notte? L'hai portato, vero? Già te l'immagino addosso: si sposa benissimo con i tuoi capelli castani e i tuoi ricci ribelli." Dico, mentre attraversiamo la stazione e l'aiuto a portare a valigia. Non che ne abbia bisogno: è più alta di me e anche di tanto. Io, in confronto, sembro una ragazzina delle scuole medie.

"Certo che l'ho portato. E a tal proposito, devo rimproverarti. Non mi hai neanche interpellata sulla scelta del tuo vestito. Sono offesa. Anzi, di più. Mi sento tradita." Mi sta letteralmente fulminando con lo sguardo.

"Oh, andiamo. Lo sai come sono fatta. Scelgo le cose d'impulso. E poi sono andata a fare compere con Francesco, mi ha aiutata lui a scegliere cosa mettere." Questa ultima frase fa bloccare la mia amica, che dopo pochi secondi scoppia a ridere.

"Mi stai dicendo che quel tronco di legno ti ha aiutata a scegliere il vestito per la cerimonia? Ma se di solito sei tu che lo aiuti a vestirsi. Poverino, fosse per lui metterebbe una cravatta verde a pois celesti abbinata con dei pantaloni rosso corallo." – "Dai, Robi. Non parlargli così. E' vero che prima di conoscermi aveva dei gusti alquanto strani nel vestirsi. Ma ora se la cava a pieni voti." – "Spero solo tu non venga vestita con un motivo tigrato, al matrimonio di domani."

Ci impieghiamo circa quindici minuti per raggiungere il mio appartamento. Dopo di che, do il tempo a Roberta di sistemarsi e di farsi una doccia, mentre io mi impegno a preparare qualcosa da mangiare. Naturalmente, Francesco si unirà a noi durante la cena, ma non resterà a dormire, dal momento che in casa c'è soltanto un letto matrimoniale e non sarebbe consono dormirci in tre.
La serata trascorre tranquillamente, tra chiacchiere e risatine, di tanto in tanto.
Finalmente ci ritroviamo a tu per tu, io e Roberta, sdraiate sul letto, rigorosamente in pigiama, intente a metterci lo smalto, visto che nessuna delle due ha avuto il tempo di farlo prima. Anzi, più precisamente, io lo sto mettendo ad entrambe, visto che lei non sarebbe capace di metterlo a me, figuriamoci a se stessa.
E non potrei stare meglio: questi momenti con la mia migliore amica mi sono mancati.

"Sarà il testimone di Filippo domani. Lo sai?" – "No, non lo sapevo, ma l'avevo immaginato. Chissà se ci sarà anche Alice." – "Non ne ho idea. L'ultima volta non me ne ha parlato." Mi blocco sull'indice destro della sua mano.

"Perché, ci parli abitualmente?" – "Beh, non abitualmente. Ma siamo rimasti amici, nonostante tutto. Sai, io, lui, Filippo e gli altri. Come tu sei amica con tutti tranne che con Simone, no?" Giusto, che mi aspettavo, che il mondo si fosse fermato solamente perché io e Simone ci siamo lasciati, ben quattro anni fa? Scrollo le spalle e continuo il mio lavoro di manicure. "Comunque sia, non mi interessa con chi verrà domani."
Continuiamo a parlare un altro po', fin quando non decidiamo di andare a dormire, consce del fatto che il giorno dopo dovremo alzarci presto e che sarà una lunga giornata. Così spengo la luce e avvolgo Roberta tra le braccia, che poco dopo mi scaccia via, come al solito.

La sveglia suona alle sette in punto. La spengo, mi giro verso la mia amica e vedo che, ovviamente, dorme ancora e non ne vuole proprio sapere di svegliarsi.

"Robi..." Sussurro. "Robi... Dai, svegliati. Sarà una giornata grandiosa. Il caffè è quasi pronto." – "Oh, Dio ti ringrazio." Dice, o meglio, biascica.
Mentre sto preparando la colazione, la vedo trascinarsi in cucina, letteralmente. Ha i capelli sconvolti e gli occhi gonfi, a causa del poco sonno.
Le sorrido. "Buongiorno, fiorellino!"

Lei mi fissa. "1) Non mi rubare il soprannome. 2) Come fai ad essere così arzilla a quest'ora del mattino? Non ti capisco proprio." E quest' ultima frase mi riporta tanti anni indietro nel tempo. Certe cose non cambiano mai. E non cambieranno mai.


Cosa rimane di noiWhere stories live. Discover now