Capitolo 26

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Sto camminando per via Mazzini e c'è moltissima gente. D'altronde è domenica, che mi aspettavo? Fa caldo e sono quasi le sette di pomeriggio, il clima e l'orario perfetto per un bel gelato in pieno centro. La mia destinazione però non è la gelateria di turno, no di certo. Sono diretta in uno dei miei posti preferiti, in cui ho dato appuntamento a Simone: si tratta di un locale abbastanza isolato, sconosciuto, ma a mio parere caratteristico ed incantevole. Arrivo a destinazione in anticipo e decido quindi di sedermi ad uno dei tavolini antistanti la porta d'ingresso del locale, così Simone non farà fatica a trovarmi. Arriva subito Sara, la cameriera, per portarmi il menù e per salutarmi, dato che vado lì molto spesso e ormai un po' ci conosciamo.

"Ciao Iris! Sei sola oggi? Dov'è Laura?" Laura è una mia amica veronese con cui esco spesso a bere qualcosa prima di cena e, come avrete capito, di solito veniamo in questo posticino, lontano dal caos del cento città.

"Non ne ho idea, non l'ho proprio sentita oggi. Sto aspettando un'altra persona." Le dico sorridendo, mentre inizio a scorrere le bevande del menù che ormai conosco a memoria. Vediamo, che ne dici di una bella cedrata, Iris? No, troppo leggera. Ho l'impressione che qui servirà qualcosa di un po' più forte. Un campari e martini? Una bella birra fresca? Credo sia troppo presto per un cocktail...

"Che fai, non mi aspetti per ordinare?" Alzo lo sguardo e incontro il viso del trentino. E' cambiato, dall'ultima volta che l'ho visto così da vicino e soprattutto con il sole. Ha i capelli leggermente più chiari e lunghetti del solito, la barbetta un po' più folta e anche la voce sembra essere cambiata leggermente. Sembra più maturo, ecco tutto. D'altronde io conosco il Simone ventenne, ora avrà quasi quattro anni in più. Le persone possono cambiare in quattro anni e anche tanto.

"In realtà ti stavo aspettando, ma davo un'occhiata al menù per farmi un'idea." Nel dirlo, mi alzo per salutarlo e mi avvicino, per scambiarci i soliti due baci di rito, come fanno normalmente due vecchi conoscenti come noi. Nel avvicinarmi a lui, mi vengono in mente tante di quelle cose che arrossisco, ma lui non sembra accorgersene. Da quel che ho notato, anche lui è abbastanza teso.
Comunque si accomoda di fronte a me e, totalmente in silenzio, iniziamo a passare in rassegna tutto il menù. Dopo pochi minuti, si avvicina Sara.

"Allora ragazzi, avete scelto cosa prendere?"

"Per me un crodino e sarebbe fantastico se potessi portare anche alcuni stuzzichini." Risponde Simone, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori, al quale Sara risponde a sua volta sorridendo e annuendo.

"Ovviamente. Per te invece, Iris?" – "Per me invece un Gin Tonic, grazie Sara."

Sorrido alla ragazza e le porgo i menù, poi sposto lo sguardo su Simone e noto che mi sta fissando, sorpreso.

"Che c'è?" – "Gin Tonic, sul serio? Non eri tu quella che non beveva nulla di alcolico?"

"Beh, hai detto bene. Non bevevo nulla di alcolico, ma sono cambiata."

"Questo lo vedo." E ritorna così il silenzio, continuiamo a fissarci fino a quando Sara non torna con le ordinazioni. Inizio a sorseggiare la mia bevanda e Simone fa lo stesso con la sua, mangiando di tanto in tanto qualche nocciolina.

"Allora?" Dico io e nello stesso istante lui irrompe con un "Ti ho invitata perché..."

E giù con la solita scena da film del "vai prima tu", "ma no vai prima tu!"

"Allora, come ben saprai, non sono molto bravo con le parole, me la cavo di più a gesti. Ma non c'è bisogno che te lo dica, mi conosci benissimo. Da quando ci siamo... lasciati, sono andato avanti con la mia vita, seppur difficilmente. Ho trascorso dei momenti in cui pensavo di non farcela, ma alla fine eccomi qua. Pensavo che non l'avrei più superata, invece sto bene. O meglio, stavo bene fino a quando non ti ho rivista l'altro giorno." E qui mi ci vuole un lungo sorso di Gin Tonic, mentre lui fa una pausa dal suo discorso.

"Ho sempre pensato che, quando ti avrei rivista, sicuramente sarebbe stato un duro colpo da incassare, ma non pensavo fino a questo punto. Mi sono ritornati in mente tutti i bei momenti passati insieme, ho rivissuto perfino quelli brutti e sono arrivato alla conclusione che mi manchi, ovviamente."

Troppo tardi, Simone. Sei arrivato troppo tardi.

"Ma io credevo fossi fidanzato..."

"Lo sono, infatti. Lei si chiama Alice, è una bravissima ragazza e non vorrei mai farle del male. Stiamo insieme da qualche mese, me l'ha presentata Matteo Chiappa, è sua cugina..."

"Simo, non ti devi giustificare, non voglio sapere come sono andate le cose, né mi interessa conoscere il suo segno zodiacale."

"Hai ragione, stiamo andando fuori tema. Con quello che ti ho detto non voglio dirti che dobbiamo tornare insieme, sarebbe troppo complicato. Ma io voglio che... Non so nemmeno io cosa voglio."

Sembra un cucciolo smarrito, ha iniziato perfino a guardarsi le mani mentre parla, cosa che fa sempre quando è nervoso.

"Ehi, smettila di guardarti le mani, non c'è nessun motivo per cui tu debba sentirti a disagio." Ha alzato lo sguardo, in modo compiaciuto.

"Te lo ricordi ancora. Ti ricordi le mie abitudini. Quasi nessuno se ne accorge." E' vero, lo conosco ancora come le mie tasche. Gli sorrido e lui, impulsivamente, mette una mano sulla mia, che è poggiata sul tavolo, vicino il centrotavola.

"Insomma, voglio solo che tu sappia che sei ancora nei miei pensieri e credo che ci rimarrai per sempre. Mi sei mancata e spero tu possa accettarmi nuovamente nella tua vita. Non dico che potremmo ritornare ciò che eravamo prima in modo immediato, ma almeno provarci..."

Ritraggo istintivamente la mano, con sguardo rammaricato.

"Simo..." Non so proprio da dove iniziare. E infatti non inizio. Lo fisso per almeno un minuto intero, poi mi alzo.

"Dove stai andando?" Mi chiede, alzandosi di rimando anche lui.

"Mi dispiace, davvero. Ma non sono in grado di darti ciò che vuoi."

"Non so nemmeno io ciò che voglio, come puoi saperlo tu?"

"E' troppo tardi, Simo. Troppo tardi. Quando ci siamo lasciati, sono stata male anche io e non poco. Ma poi mi sono ripresa, mi sono detta che ne avevo passate sicuramente di peggiori. Non che tu non sia stato importante nella mia vita, spero tu capisca ciò che voglio dire." E mentre dico quest'ultima frase, lui annuisce e abbassa gli occhi, per farmi capire che non ha frainteso. "Quando stavamo insieme, ho sempre immaginato il mio futuro assieme a te, pensavo fossimo inseparabili. Ma poi è successo quello che è successo e io non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da te. Ma è anche inutile tornare sull'argomento, ne abbiamo abbondantemente parlato in passato. Quello che voglio dirti è che ormai è troppo tardi. Io ho la mia vita e tu hai la tua e non so proprio come questa cosa possa cambiare." Dicendo questo, mi sottraggo dalla presa del ragazzo, il quale mi aveva afferrato la mano per evitare che andassi via, e vado via, lasciando il trentino da solo al tavolo, con due bicchieri mezzi pieni (o mezzi vuoti, chi può saperlo).
Sono abbastanza lontana e le lacrime iniziano a sgorgarmi dagli occhi, ma sento ancora una voce.

"Iris, non scappare..."

Allora sospiro e cerco di raccogliere tutte la forza che ho in me. Alzo gli occhi al cielo, come per darmi coraggio, e successivamente mi giro.

"Ti prego, Simo, lasciami andare." Il ragazzo sta quasi per versare qualche lacrima, ma non lo fa. Mi guarda ancora una volta e poi abbassa le braccia, come in segno di resa.
Non credo che, in vita mia, abbia mai preso una decisione più difficile di questa. Non avrei mai voluto dirgli ciò che ho detto, in un altro momento avrei ceduto in fretta alle sue parole e mi sarei fiondata nelle sue braccia. Ma, come ho già detto, è troppo tardi. Mi ha fatto del male e queste, purtroppo, sono le conseguenze per entrambi.
Continuo a fissarlo per circa venti secondi, intensamente. Poi mi giro velocemente e mi allontano, sicura che questa volta non mi seguirà nessuno.


Cosa rimane di noiWhere stories live. Discover now