Capitolo 40

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Quel momento imbarazzante e la risata continua avevano portato via la conversazione astiosa che io e Simone abbiamo avuto all'esterno. Forse è sbagliato, forse no, ma stare seduta con lui in sala, mentre chiacchieriamo tranquillamente e sorseggiamo, ora mi sembra la cosa più naturale del mondo. Stiamo ridendo e scherzando, addirittura facciamo battutine. E io sto bene. Riesco solo a pensare a quanto stia bene in questo momento.
Siamo quasi arrivati, inconsapevolmente, alla fine del pranzo. I camerieri stanno servendo il sorbetto e io non potrei essere più felice di così. Adoro il sorbetto al limone. E infatti, appena il cameriere poggia il bicchierino in corrispondenza del mio posto, mi ci fiondo su, finendolo in neanche due minuti. Soddisfatta del gusto ma non della quantità, poggio la schiena alla sedia, sospirando. Ma noto che Simone ha poggiato il suo, di sorbetto, ai margini del mio piatto. Lo sa che lo adoro. Il sorbetto, eh.

"Prendi anche il mio, non ho voglia di mangiarlo." Dice, sorridendo. Non è vero, fa finta di non volerlo soltanto per farlo mangiare a me. Così lo guardo, inclino la testa e increspo la bocca.

"Ok, non è che non ho voglia di mangiarlo. Ma so quanto ti piace e preferisco che sia tua mangiarlo."

"Ora va meglio. E va bene, mi sacrificherò per la patria. Ma sappi che non lo faccio con piacere." E gli faccio un occhiolino che lui sembra apprezzare.
Mentre sono intenta a finire la mia seconda porzione di sorbetto al limone, sento una mano sulla spalla.

"Eccomi qua. Scusami, sono andata in bagno e poi mi sono fermata a parlare fuori con Tiziano."

Non sa dire le bugie. E lo sa bene anche lei, visto che mi sta guardando con l'aria di chi ha scritto in faccia:
***EHI GUARDATEMI, STO DICENDO UNA BUGIA***

"Rob..." – "E va bene. Sono uscita con Tiziano e... diciamo che... abbiamo avuto da fare."

Scoppio a ridere, seguita da Simone.

"Che ti ridi? Eddai, non ridere! Simo, ti ci metti anche tu?"

"Lo sappiamo già che stavi con Tiziano. Vi abbiamo visti. Ehm, sentiti... Insomma, lo sapevamo." La ragazza mi guarda e inizia ad arrossire, assumendo il colorito di un peperone appena uscito dal forno.

"Sentiti?" – "Tralasciamo i dettagli, che è meglio. Ma a proposito di Tiziano... Dov'è? Ho il suo telefono, dovrei ridarglielo."

"Ecco, ce l'hai tu. E' al vostro tavolo, lo sta cercando."

Così Simone si alza, alla ricerca del suo amico, congedandosi da noi, ma promettendo di ritornare in pochi minuti.

"Gliel'avevo detto io che il luogo non era sicuro. Ma cosa avete visto? Che vergogna, Iris!"

"Nulla in particolare, siamo andati via poco dopo che abbiamo compreso la gravità della situazione. Non volevamo certo fare i guardoni." Dico io, ridendo, mentre la mia amica inizia a fissare il pavimento, in preda all'imbarazzo. Dopo circa due minuti, alza la testa di scatto e mi fulmina con lo sguardo.

"Mi stai facendo sentire in imbarazzo e ridi di me, quando dovrei essere io a puntarti il dito contro! Che pessima amica!" La guardo con aria interrogativa.

"Tu e Simone! Che ci facevate da soli fuori? E seduti qui al tavolo? Ero così presa dall'accaduto che non ho nemmeno notato la situazione strana! No, signorina! Non mi sfuggi. Sputa il rospo."

Ridendo, inizio a raccontarle di ciò che è successo fuori. Ma esaurisco le parole in pochi minuti, dal momento che, effettivamente, c'è poco da raccontare.

Cosa rimane di noiWhere stories live. Discover now