Capitolo 23

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Anche quando ormai rientrò, non riuscii ad abbassare la testa e a tornare a mangiare. Rimasi impietrita a fissare la porta di ingresso, anche se ormai non c'era più nulla da vedere. Sembrava scosso, tanto quanto me. Con un po' di confusione, riuscii a finire la mia insalata, poi presi le mie cose ed entrai dentro, cercando di non guardarmi intorno. Mi diressi direttamente alla cassa per saldare il conto e, una volta fatto, mi incamminai verso l'uscita. Stavo riponendo il portafogli nella borsa, quando trovai la strada sbarrata.

"Che ci fai qui?" Mi disse, senza neanche salutarmi e con un tono frettoloso.

"Ciao anche a te." Dissi io, alzando la testa e accennando un sorrisino. "Che ci faccio qui, dici? Ci lavoro. Cioè non lavoro proprio in questo locale, lavoro a Verona. Che ci fai tu qui, piuttosto."

"Lavori qui? Che strana la vita. Comunque niente, Verona e Trento, come ben saprai, non sono molto distanti e sono qui solo per trascorrere una giornata in tranquillità."

"Con la tua ragazza." Aggiunsi io, anche se forse non avrei dovuto.

"Già, con la mia ragazza." Accennò un sorriso e poi continuò.

"Quindi forse è meglio che vada, prima che torni. Mi ha fatto piacere rivederti." Purtroppo non fece in tempo a finire la frase, che spuntò alle sue spalle la ragazza di prima, una tipa bassina rispetto a lui (ma è una cosa alquanto normale, data l'altezza del trentino), con i capelli lunghi e rossi e due grandi occhioni azzurri. Proprio una bella ragazza, non c'è che dire. Più o meno avrà avuto la mia età o forse qualche anno in meno, ovvero quella di Simone.

"Allora questo tavolo ce lo danno o no? Sono stanca di aspettare e ho molta fame. Spero facciano subito o direi di trovare un altro locale."

"Guarda, io ho appena finito di mangiare quindi il mio tavolo si è appena liberato. Potete sedervi lì." Feci io, indicando il mio tavolo vuoto che si intravedeva dalla grande vetrata del locale.

"Oh, che gentile che sei. Visto, amore? Problema risolto. Comunque sono proprio scortese, sicuramente stavi chiedendo un autografo e una foto a Simone e vi ho interrotti per un mio capriccio. Scusatemi, continuate pure." Mentre stava finendo la frase, si girò e avvicinò le labbra a quelle del ragazzo, lasciandogli un lieve bacio. Ma gli occhi di Simone erano ancora rivolti a me, quasi rammaricati per l'ultima affermazione della rossa.

"Ah, non preoccuparti. Ho già chiesto e avuto ciò che mi serviva. Grazie per l'autografo, comunque. Buon pranzo." Mi allontanai prima di poter ascoltare una qualsiasi risposta del ragazzo o della ragazza ed uscii velocemente dal locale.
Decisi di andare a sedermi su di una panchina in un piccolo parchetto nelle vicinanze, visto che avevo ancora venti minuti liberi prima di tornare in ufficio. Non riuscivo a realizzare ciò che era appena accaduto. Avevo rivisto uno dei ragazzi più importanti della mia vita dopo cinque anni, è normale che fossi scossa. Ho risposto anche in modo abbastanza audace e non mi son fatta prendere dall'ansia, nonostante il comportamento della ragazza: si sono baciati di fronte ai miei occhi. Cosa ho provato? Rabbia, nostalgia, gelosia? Non lo so, ma non mi è piaciuto per niente.
Così, per svagare un po' la mente e non stare a ripensare troppo all'accaduto, prensi il telefono e iniziai a rispondere ai tanti messaggi che mi ritrovavo. Uno della mia collega di lavoro, che mi chiedeva se potevo portarle una tazza di caffè prima di rientrare; una chiamata di mia madre, che non sentivo da qualche giorno e voleva sicuramente sapere che fine avessi fatto; un messaggio da parte di Roberta (sì, ovviamente siamo ancora amiche e non abbiamo più smesso di sentirci), che voleva sapere quando mi sarei liberata per fare una delle nostre chiamate settimanali per aggiornarci sulle novità. E che novità avrei potuto raccontarle.

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Ed ecco che torniamo al presente. Sono sdraiata sul divanetto di casa mia, come sempre con una tazza di infuso tra le mani. Prendo il telecomando e accendo la televisione. Un film romantico, "Amici", una fiction italiana, un altro film, un programma a premi. Niente, non c'è niente che mi interessi. Prendo allora il telefono e decido quindi di fare una telefonata.

"Oh, finalmente. Non ci sentiamo come si deve da almeno due settimane. Ce l'hai fatta a trovare un minuto libero per me, eh?" Dico io, scherzando.

"Io? Ma se tu sei sempre super impegnata tra lavoro, palestra e Dio solo sa cos'altro." Mi risponde Roberta, dall'altro capo del telefono.

"Va bene, va bene. Diciamo che la colpa è di entrambe. Allora, come stai? Come andiamo con Marco?" Marco è il fidanzato storico di Roberta, forse non ve ne ho mai parlato. Stanno insieme da ormai otto anni e sono una coppia stabile, non litigano quasi mai e si vogliono molto bene.

"Come al solito, la lontananza un po' si sente, ultimamente litighiamo spesso ma poi facciamo subito pace. Sono solo molto stressata per il lavoro, non smettono mai di chiedermi se sono disposta a fare gli straordinari." Dopo la laurea in Farmacia e un anno all'estero, Roberta è stata assunta in un'azienda cosmetica italiana a Torino.

"Andiamo, pensa che è tutta esperienza e soldi in più che ti ritroverai in tasca. Non fare la lamentona come il tuo solito." La sento ridere dall'altra parte e allora sorrido anche io. Che tipa che è.
Iniziamo così a parlare di tutto, dai nostri programmi per il weekend, a consigli su cosa potremmo cucinare per la cena e così via. Tocchiamo anche il tasto "pallavolo", ovviamente.

"Mi manca venire con te a vedere le partite, ormai da quando lavoriamo è praticamente impossibile vederne una dal vivo." Che carina.

"Possiamo sempre vederne una in televisione contemporaneamente. Domani sera ci sono i play-off e trasmettono Trentino-Perugia."

"Che ideona! Ci connettiamo su skype, ordiniamo una pizza e una birra e commentiamo insieme, in memoria dei vecchi tempi." Già, i cari vecchi tempi.

Il giorno seguente trascorre in modo alquanto tranquillo e normale. A lavoro non succede niente di nuovo, così posso tornarmene a casa presto, passando prima dalla pizzeria vicino casa per ordinare la mia solita pizza e non una, ma due birre. Quando ci vuole, ci vuole. Salgo le scale un po' affaticata, viste le buste della spesa, la borsa e la pizza, ma riesco ad entrare senza combinare danni. E' una casa piccola, la mia. C'è solamente un bagno, una piccola cucina, una camera da letto abbastanza spaziosa e un salottino con una televisione e un divano a due posti. Ovviamente vivo da sola, visto che quando mi sono trasferita non avevo proprio voglia di condividere la casa con qualche sconosciuto o sconosciuta, non ho più diciotto anni.
Comunque, poggio le buste a terra e inizio a svuotarle, riponendo il contenuto in frigo e in dispensa. Poi corro sul divano e accendo il computer e la televisione giusto in tempo per l'inizio della partita.

"Ce l'hai fatta! Pensavo te ne fossi dimenticata."

"Come avrei potuto? Non ho fatto altro che pensare a questo momento per tutta la giornata."

"Non ti smentisci mai, Iris." Le rispondo solamente con una linguaccia.
La partita è in corso, conduce il Trentino per 1 a 0 e noi abbiamo entrambe finito la pizza, ma non la birra. Intanto commentiamo inesorabilmente qualsiasi cosa, dalle scarpette nuove di Antonov, alla battuta di Lanza, al muro infallibile di Atanasijevic.

"Mamma Simone che palla ha alzato! Ma come diavolo fa quel ragazzo? Non ne sbaglia una." Sbotta Roberta. E in quel momento, mi rendo conto che ho saltato qualche pezzo.

"L'ho visto ieri." - "Sì, anche io. La Rai ha mandato in onda una sua intervista, ma non hanno detto niente di nuovo."

"Io intendo che l'ho incontrato, ieri."

"Tu... cosa?"

Cosa rimane di noiWhere stories live. Discover now