Capitolo 43

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Lo sguardo di Simone si posò sui miei occhi. Aveva lasciato perdere il dolce che stava mangiando, prima che io proferissi quella frase. Non disse nulla per alcuni secondi. Poi un sorriso spuntò sul suo viso.

"Dai, bella questa. Ci sono quasi cascato." E tornò poi ad addentare la forchettina e, con essa, un po' di quel budino al cioccolato che tanto gli piaceva.

"Simo, dico sul serio. Non sto scherzando."

"Andiamo, conoscendoti non l'avresti mai fatto. Dico, non avresti preso una decisione del genere senza neanche consultarmi. Dai, di solito mi chiedi consiglio anche su quale colore di tovaglioli acquistare o sul gusto del gelato, figuriamoci sul trasferirsi in un altro continente" Continuò ad assaporare il suo dolce, mentre io mi zittii.

"Perché è così, vero? Non l'avresti mai fatto, no? Mi avresti quantomeno avvisato della possibilità di questo presunto trasferimento, giusto?" Non riuscivo a muovere le labbra. Aveva ragione. Non gli avevo nemmeno detto di aver partecipato a questo maledetto bando di concorso. E perché, poi? Per paura. Paura che lui non potesse accettarlo e che mi avrebbe lasciata andare, in tutti i sensi. Abbassai lo sguardo.

"Iris!" Mi ammonì. "Dimmi che non è vero. Dimmi che stai scherzando. Dimmi che accetterai la mia proposta e che volevi soltanto tenermi sulle spine. Dimmi che non mi hai messo da parte."

"Non posso farlo." – "Non puoi fare cosa?" – "Dirti che è tutta una farsa, che non è vero. Perché invece ti sto dicendo esattamente la verità. Mi trasferirò a Los Angeles e partirò tra una settimana."

Ormai aveva capito che il mio non era affatto uno scherzo. Sicuramente non scelsi il momento adatto per sganciare la bomba, né tantomeno le parole esatte. Ma aveva capito e questo è l'importante. Poggiò delicatamente la posata sul piattino, con un'espressione che era un misto tra dubbiosa e disgustata. Poi mi guardò, ma già non lo riconoscevo più.

"Perché?"

Partii a razzo. "Beh, perché è quello che ho sempre voluto e mi auguro caldamente che tu lo sappia. Il mio sogno è sempre stato quello di viaggiare oltreoceano e..."

"Perché non me l'hai detto? Perché cavolo non mi hai detto che avevi intenzione di partire così, dal nulla? Perché non mi hai detto che stavi organizzando questa cosa? Sapevo che volessi andarci, ma non credevo che volessi andarci subito. Credevo volessi andarci un domani, magari in vacanza, ma non ora!"

"In vacanza? Certo, una vacanza in quelle zone non farebbe male a nessuno, ma sai bene che io ho sempre sognato di andarci a vivere, anche per un breve periodo."

"Ma perché non me l'hai detto?" Iniziò ad agire e a chiedere con rabbia.

Già, effettivamente perché non gliel'ho detto?

"Non lo so." – "Non lo sai?" – "No, non lo so." Era pensieroso.

"Evidentemente non hai preso sul serio il nostro rapporto come ho fatto io."

Quella sera mi lasciò lì, seduta al tavolino del pub, a rimuginare su ciò che era appena accaduto. Quando andò via, decisi di non seguirlo, di lasciargli i suoi spazi. Finii allora il tiramisù e poi andai a casa. Certo, le mie coinquiline si spaventarono un po', vedendomi rientrare in casa nonostante avessi comunicato che avrei dormito da Simone, ma non dovetti dare molte spiegazioni: la situazione era ben chiara anche senza. Non dormii molto, quella notte. Ripensai molto alle parole dette dal trentino. Non era affatto vero che non avevo a cuore la nostra situazione. Ma aveva ragione sul fatto che avrei potuto aggiornarlo man mano, avrei potuto dirgli almeno che avevo mandato la candidatura per il bando e che, quindi, avevo intenzione di partire. Aveva ragione e io dovevo dirglielo. No, non gli scrissi nessun messaggio. Non ci sentimmo per due giorni, entrambi avevamo bisogno dei nostri spazi e di un po' di tempo per digerire la situazione.

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