Capitolo 12

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"Ci si domanda: se Dio è perfetto, perché ha creato l'uomo imperfetto? Ma chi ci dice che in tanta imperfezione non ci sia una meravigliosa perfezione?"

Roberto Gervaso


Hayden, Idaho, 1998.

I lavori nella casa erano iniziati immediatamente. E dopo che Nick e Luke avevano rimesso apposto gli infissi, e pulito i muri dalla muffa, Bridget decise di andarci a vivere.

Non era ancora pronta per essere vivibile, ma a lei non importava.

Il salotto era stato adibito con tutti i giocattoli e le cose di Lily, perché la sua camera da letto non era pronta.

Nick si ostinava a voler tenere la porta chiusa a chiave. Le diceva: «È una sorpresa».

Bridget fremeva dalla voglia di scoprire cosa si nascondesse al di là di quella porta e dovette quasi farsi autoviolenza per rispettare il suo volere.

Così quando finalmente Nick uscì, completamente sporco di vernice e con un sorriso soddisfatto in volto, Bridget capì che la cameretta era pronta.

«Vieni a vederla?» le chiese con la gioia di un bambino.

Sarebbe stato difficile capire chi dei due fosse più emozionato, se Bridget e  Nick.

Lanciando una breve occhiata a Lily, che dormiva beatamente nel suo lettino, proprio al centro della stanza, Bridget seguì il padre di sua figlia fino alla porta di quella stanza.

Il nome della bambina, inciso su pezzi di legno decorati con immagini di fiori, era attaccato a chiare lettere proprio al centro della porta.

Bridget lo sfiorò delicatamente, quasi fosse una creatura da proteggere, con i polpastrelli. Non sapeva cosa aspettarsi dall'altra parte, ma già intuiva che le sarebbe piaciuto.

Nick, al suo fianco, con un sorriso che gli attraversava tutto il viso, da una guancia all'altra, allungò la mano per afferrare la maniglia, avvicinandosi così tanto a Bridget da lasciargli un dolce bacio sulla guancia. Quasi a tradimento.

Con un unico gesto aprì e lasciò andare la porta che, sospinta dal vento, si spalancò da sola, mostrando al mondo quella piccola isola di paradiso.

Bridget fu letteralmente accecata dai colori presenti all'interno della stanza. Un caleidoscopio così vasto da far girare la testa.

Intolleranti ai convenzionali colori per le camerette dei bambini - azzurro per il maschietto e rosa per la femmina - avevano optato per un bel giallo canarino. 

La sfumatura l'avevano scelta insieme ma vederla esposta su tutte le pareti era un altro effetto. Sembrava fosse scoppiato il sole, così accecante da non poter smettere di sorridere.

E poi, su tutte le pareti, Nick aveva attaccato enormi adesivi di animali. Un leone, una zebra, una giraffa, un elefante, e molti altri ancora. 

Sembrava di stare in una piccola foresta in formato cartone animato. Una foresta con lo sfondo giallo. 

La culla che aveva ospitato Bridget anni prima era stata riverniciata e posta proprio al centro della stanza, vicino all'unica finestra.

Una vecchia sedia a dondolo, che gli era stata regalata da un parente di Nick, era lì, non molto distante, con un grosso cuscino bianco e un peluche a forma di leoncino. 

Su una parete erano state attaccate tre mensole, arancioni e di diverse altezze, sulle quali Nick aveva posto tutti i libri che Bridget adorava quando era bambina.

Quello grande in cui erano raccolte tutte le storie delle principesse, quelli che quando si aprivano iniziava una canzoncina - nonostante tutti gli anni passati - e tutte le favole che aveva imparato ad amare nel tempo.

Sua madre non gliele aveva mai raccontate, perciò quando era troppo piccola per poter leggere, si limitava a sfogliare le pagine e ad osservare, ammaliata, le bellissime immagini raffigurate.

Cresciuta, aveva letto e riletto ogni notte le storie impresse in quei libri, quasi a farsi venire la nausea. Lo aveva fatto così tante volte che ormai erano consunti, rovinati, e proprio per questo avevano acquisito ulteriore fascino. 

Immaginava di sedersi su quella sedia a dondolo, ogni sera, e raccontare un pezzo di favola alla sua bambina prima di andare a dormire.

Perché aveva promesso a Lily, e anche a se stessa, che sarebbe stata una madre migliore della sua. 

Con un sorriso da ebete, entrò piano in quel piccolo e bellissimo santuario, con riverenza. Con un giro su se stessa, osservò tutto a 360° prima di esclamare: «Nick, è bellissima, non posso credere che hai fatto tutto da solo».

Non si era fatto aiutare neanche dal cugino. Testardo, aveva vietato a chiunque di entrare in quella stanza.

E si era sbrigato per finire nel minor tempo possibile.

In risposta il ragazzo entrò insieme a lei, fissò la stanza quasi fosse la prima volta che la vedeva.

Con le mani sui fianchi, un cipiglio quasi critico, affermò: «È ancora un po' vuota, però sono soddisfatto».

Non avevano abbastanza soldi da permettersi mobili nuovi, ed infatti la maggior parte delle cose in casa erano usate e regalate dai parenti e amici.

Ma Bridget riusciva pian piano a vedere una sorta di tocco personale in quella casa.

Letteralmente la stavano ricostruendo loro, inserendo nei muri e nelle fondamenta dei ricordi della loro vita. Ricordi che sarebbero rimasti lì per sempre.

E per questo era unica, diversa dalle altre, proprio come loro.

«È perfetta, la riempiremo con tutti i giochi che hanno regalato a Lily».

«E non hai ancora visto la parte più bella», le annunciò Nick con un sorriso malandrino.

L'espressione interrogativa di Bridget lo fece gongolare ancora di più.

Ma invece di rivelarle a cosa si stava riferendo, decise di farglielo vedere.

«Che cosa stai facendo?» chiese nel vederlo chiudere di corsa prima la porta e poi la finestra.

Ma non ci fu bisogno di risposta perché non appena la camera venne avvolta nel buio Bridget lo vide.

Una luce bluastra illuminava tutta la stanza, fiocamente, e lei, intuendo dove fosse l'origine di tale luce, alzò gli occhi a fissare il soffitto.

Un cielo luminoso, blu come la notte, aveva sostituito il solito bianco smorto.

Le piccole stelle che Nick aveva affisso, fluorescenti, riflettevano la loro luce su quel colore, trasformando tutto come se fosse davvero notte.

Non riuscì a fermare le lacrime che, violente e incontrollate, le rigarono il viso.

«Quelle sono le costellazioni del leone, dei gemelli e della vergine», affermò lui con sicurezza, indicando tre gruppi distinti di stelle, messe lì per una ragione.

Stupita, Bridget staccò gli occhi dal soffitto per qualche istante, solo per guardare Nick.

«Sono i nostri tre segni zodiacali».

Nick annuì: «Lily andrà a letto ogni notte e guardarà queste stelle, sarà l'ultima cosa che vedrà prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi al modo dei sogni... E grazie a ciò saprà che saremo sempre insieme».

Bridget lo abbracciò, nascondendo il volto, ricolmo di lacrime, sul suo petto.

«Me lo prometti?»

«Te lo prometto».

Let her goWhere stories live. Discover now