Capitolo 16

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"L'indeciso è uno che teme di volere il contrario di ciò che vuole".

Roberto Gervaso


Hayden, Idaho, 1999

Da sola, completamente al buio, seduta in cucina, Bridget guardava fuori dalla finestra.

L'orologio alla parete ticchettava inesorabilmente e la rendeva ancora più nervosa.

Lily dormiva già da un'ora e la cena ormai si era raffreddata sul tavolo.

Ormai mangiare da sola era diventata la routine e più il tempo passava, più la voglia di prendere quel piatto e scaraventarlo addosso al muro cresceva.

Non poteva credere che la stava lasciando da sola di nuovo, nonostante ne avessero parlato proprio quella mattina.

Dovette ricacciare le lacrime, che minacciavano di bagnarle il viso, perché non poteva concedersi fragilità in un momento simile.

Stava trattenendo tutto dentro, ricacciando la rabbia e la delusione, per farle crescere a dismisura.

E quando i suoi occhi vennero colpiti dal forte fascio di luce dei fari della macchina, prese un lungo respiro.

Attese in silenzio, ascoltando il suono della portiera che si chiudeva, i passi veloci lungo il vialetto e poi sul portico, la porta che si apriva e poi si richiudeva, fino a quando la luce del soggiorno non si accese.

Nick, nel vederla lì, da sola e al buio, quasi gli venne un colpo. Sorpreso e anche un po' spaventato, il suo volto cambiò colore, avvicinandosi molto al bianco della parete.

Capì immediatamente che c'era qualcosa che la turbava, ormai da settimane non facevano altro che stuzzicarsi e trovare ogni scusa per litigare.

L'ultima, qualche giorno prima, avvenuta solo ed unicamente perché si era dimenticato di rimettere il latte in frigorifero.

Da lì urla, esasperazione, recriminazioni e accuse che non avevano nulla a che fare con il motivo iniziale del battibecco.

Bridget era nervosa e triste e, nonostante Nick si sforzasse di capire, tramite anche le parole di lei, che cosa avesse la sua compagna, non riuscivano più a comunicare come una volta.

Qualcosa si era inclinato tra di loro. Non rotto irrimediabilmente, ma leggermente scheggiato. Come un vaso che accusa un colpo.

«Ciao» le disse, con un filo di voce, senza menzionare affatto lo stupore di vederla ancora in piedi. Sapeva bene anche da solo che quella era una situazione particolare e che lei stava aspettando proprio il suo rientro.

Bridget in risposta lo guardò dritto negli occhi, trasmettendogli tutta l'amarezza e la rabbia che provava in quel momento. Nick rabbrividì.

Ma quando lei fu sul punto di parlare, la sua voce sembrava perfino troppo tranquilla: «Perché sei tornato così tardi?»

«Dovevo finire di fare gli ultimi conti dopo la chiusura», non era proprio una bugia, non del tutto almeno.

«Avevi detto che stasera saresti tornato presto... ormai non ci vediamo quasi più», Bridget non voleva ammettere che aveva paura, paura di perderlo, e allo stesso tempo che sentiva la mancanza del suo vecchio Nick.

«Hai ragione, mi dispiace» furono le uniche parole che riuscì a pronunciare Nick. Perché cos'altro poteva dire? Nulla sarebbe servito a tranquillizzare Bridget.

Tanto che lei non ascoltò neppure le sue scuse, e aggiunse: «Eri solo?».

Sapeva di aver fatto la domanda giusta, quella a cui Nick non avrebbe voluto rispondere ma, incalzato dal suo sguardo insistente, deglutì e ammise: «Dopo la chiusura ci siamo fermati qualche minuti per finire di compilare alcune pratiche, con i ragazzi, e poi siamo andati a bere qualcosa al bar...».

Notò subito l'espressione di Bridget incupirsi ancora di più, per questo aggiunse: «Non c'è niente di male se ogni tanto passo un po' di tempo con i miei amici».

«Ma certo, Nick, solo che "ogni tanto" ormai è diventato sinonimo di "tutte le sere"», lo redarguì lei con tono velenoso, aggiungendo: «Ed io sono stanca».

Aveva quasi la sensazione che Nick si fosse stufato della loro vita e, pian piano, si stesse allontanando da lei e dalla loro bambina. Con lentezza programmata, sperando che lei non notasse la differenza.

Nick non prese bene le sue parole e con tono tagliente, cercò di difendersi: «Scusami tanto se, dopo che studio all'Università e vado a lavoro per portare un po' di soldi a casa, io senta il bisogno di divertirmi un po'».

«Perché io non faccio nulla invece? Me ne sto chiusa in casa tutto il giorno, se non mi prendo cura di Lily passo il mio tempo tra i libri... Credi che me la spassi?»

«Sei stata tu a decidere di tornare a scuola, ricordi? E sei sempre stata tu a scegliere di farlo a casa, se non sbaglio. Hai detto che sarebbe stato meglio che pagare una babysitter ed io ho acconsentito. Ho sempre cercato di accontentarti, sempre...»

I toni iniziarono ad alzarsi ed entrambi le parti sentirono il bisogno di tirar fuori tutto ciò che si stavano tenendo dentro da giorni, settimane se non mesi.

«Quindi vorresti dire che è tutta colpa mia?» lo incalzò Bridget, aggiungendo: «È colpa mia se tu preferisci passare il tuo tempo libero a lavoro o con i tuoi amici piuttosto che con noi? È colpa mia se ci hai lasciate praticamente da sole?»

«Non dire stupidaggini, Bri, io sono qui».

«Non è vero, tu non ci sei Nick. Non come dovresti esserci. Credi che non me ne sia accorta? Credi che non noti quanto tu sia assente, non fisicamente ma mentalmente? È come se, quando sei con noi, in realtà con la tua testa tu sia da un'altra parte».

Bridget abbassò improvvisamente il tono, mettendo tutta la sua amarezza e tristezza nelle sue ultime parole: «Tu non ci sei più Nick, e non riesco a capire cosa sia successo. Perché non parli con me?»

Nick indietreggiò, allontanandosi sempre di più da lei e avvicinandosi alla porta, quasi fosse stato colpito da uno schiaffo.

«Parla con me, Nick, cerchiamo di risolvere i problemi insieme... Ti prego», Bridget era in lacrime, implorante, e Nick si sentiva male solo a guardarla.

Non voleva ferirla, non aveva mai voluto farle del male e mai avrebbe immaginato che un giorno potesse davvero spezzarle il cuore.

Per questo si era tenuto dentro tutto il malessere e l'insoddisfazione, andando avanti come meglio poteva.

All'inizio credeva di farcela, pensava che nonostante fosse difficile, era forte abbastanza per affrontare la vita che li stava aspettando.

Ed era andato tutto come immaginava, fino a quando i desideri e i sogni del passato non avevano di nuovo fatto breccia nel suo cuore.

«Io credo che abbiamo fatto uno sbaglio a tenere Lily...», ammise, sotto voce, quasi avesse paura a pronunciare quelle orribili parole.

Perché provava ribrezzo per se stesso soltanto per averle pensate. E quando rialzò il volto per guardare Bridget, capì che non avrebbe potuto dire niente di peggio.

Con gli occhi sbarrati, bianca in volto e la bocca spalancata, rimase in silenzio ad osservarlo. Sembrava avesse perso ogni energia, le braccia lasciate libere sui fianchi e la schiena leggermente ricurva.

Non riuscì a tenere lo sguardo su di lei per più di qualche secondo. E non riusciva neanche a restare in quella stanza, in sua presenza.

Ormai non poteva rimangiarsi ciò che aveva detto, nonostante se ne fosse pentito un secondo dopo. Perciò si voltò di corsa, riaprì la porta e corse via, il più lontano possibile.

Lasciando una crepa più grande su quel vaso che era la rappresentazione della loro vita insieme.

Let her goWhere stories live. Discover now