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Wow, oggi è il mio compleanno.

A scuola nessuno si ricorda di farmi gli auguri tranne Jongin, l'unica persona che davvero conta nella mia vita.
Durante la pausa pranzo tira fuori un enorme pacco regalo dalla sua cartella per poi posarlo sul tavolo.

<<Buon compleanno JunJun.>> mi dice sorridendo.

<<Jongin non serviva davvero...>>

<<Ma sta zitto, avresti pianto se mi fossi presentato a mani vuote!>> ironizza.

Scarto con foga la carta, lanciandone brandelli ovunque. Non appena scopro il contenuto i miei occhi si riempiono di stupore.

<<Ma sei impazzito!? Tutte queste cose ti saranno costate una fortuna!>> dico meravigliato mentre osservo ogni singolo capo marcato Gucci nei dettagli.

Sapevo che Jongin era economicamente troppo benestante ma nonostante ciò non si atteggiava a scuola e anzi infinite volte mi aveva comprato il pranzo o qualsiasi cosa mi piacesse. Se fossi stato gay, avrei sicuramente amato Jongin.

<<Sei l'unico amico che mi vuole bene per l'idiota che sono e non per i soldi che ho..>> risponde abbracciandomi.

Finisco di ripiegare i miei nuovi abiti appena in tempo per la campanella.

3 ore di matematica...

Io e Jongin entriamo in classe e ci sediamo ai nostri posti, il professore arriva poco dopo.

<<Professore, io ho il permesso di uscita anticipata!>> gli ricorda il mio migliore amico sventolando il libretto personale.

<<Quando devi andare vai.>> risponde lui cinico.

Dopo soli 45 minuti Jong mi abbandona.
Mi sento estremamente solo quando manca lui e mi annoio da morire.

<<Kim Junmyeon, hai portato i compiti di matematica che erano per ieri?>>

<<No prof.. non ho avuto tempo...>>

<<Allora spero che lo troverai ora perché ti sto mandando dal preside.>>

Mi alzo indifferente ed esco dalla classe, omettendo l'inchino formale.
Una volta arrivato dal preside questo mi regala due poderose stangate sulle mani con il suo righello di legno. Faccio qualsiasi cosa per non scoppiare a piangere davanti a lui, ma mi è quasi impossibile.

<<Tornatene in classe e che ti serva da lezione!>> mi rimprovera nuovamente la vecchia pellaccia.

Esco dal suo studio e capisco che uno dei miei profondi attacchi di depressione si sta facendo nuovamente strada tra le mie emozioni. Al posto di tornare mi rifugio nell'aula di musica e mi siedo davanti a quello che era stato uno dei miei pochi compagni durante quei 5 anni, il piano.
Pigio dolcemente sopra i suoi tasti, come se avessi paura di ferirlo. Nel mentre guardo le mie mani arrossate e gonfie, che mi causavano ancora dolore.

Qualche minuto dopo la porta si apre ed entra il cinese, che sta a significare l'ultima persona che avrei voluto vedere.
Si avvicina a me per attaccarmi verbalmente, ma si ferma con le parole in gola quando vede le mie ferite.

<<Non immaginavo che sarebbe arrivato a tanto, non ti avrei mai mandato altrimenti.>>

Mi limito ad alzare le spalle, non voglio avere nessun altro contatto con lui per oggi.
Lui invece, oppressivo ed ostinato che era, si fa spazio sul comodo sgabello rivestito e mi guarda suonare.
Anche se non lo vedo percepisco che è coinvolto profondamente perché si è zittito del tutto.

<<Non ti ho mai visto così ragazzo.. qualcosa ti turba?>>

<<Si, la sua presenza.>>

<<Volevo solo dirti che oggi non serve che vieni, ci sono io a casa.>>

<<Se mi fa una domanda allora perché ne ignora la risposta? Non è forse quella che si aspettava? >>

<<Vieni con me.>> dice con voce improvvisamente seria prendendomi per un avambraccio e trascinandomi fuori dall'aula.

•|Call me Daddy|•  Zyx - KjmWhere stories live. Discover now