Due

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Torino, 22 giugno 2017

Mi sveglio alle 8:30 con una strana sensazione di felicità addosso. Ho dormito davvero bene nonostante quello che è successo. Sembrerà strano, ma quando succede qualcosa di brutto non sono una persona che rimane a rimuginare sul passato, ma mi butto tutto alle spalle sperando di ricavare qualche insegnamento da tutte le cicatrici che i brutti ricordi mi hanno lasciato.

Papà non c'è, è già andato a lavoro e dato che ci siamo appena trasferiti non può permettersi ritardi o permessi. Sono contenta di essere da sola, non vedo l'ora di andare ad esplorare la mia nuova città.

Mi vesto semplicemente, come sono solita fare: jeans con strappi non troppo evidenti su entrambe le ginocchia, le mie amate Adidas Superstar bianche a strisce nere e una anonima maglietta bianca senza scritte o disegni. Ho deciso di andare in università per memorizzare il tragitto da percorrere e sistemare alcune pratiche burocratiche per il mio trasferimento. 

Dopo un paio d'ore sono finalmente libera di esplorare il mio nuovo mondo. Inizio a camminare a caso per le vie di Torino, scoprendo vie secondarie lontane dalla folla di turisti e pendolari frenetici del centro. Devo dirlo, è davvero una città splendida. Non lo nego, Milano è bellissima, c'è tutto ed è al primo posto in ogni cosa. Ma abitarci a volte diventa davvero esasperante. Semplici spostamenti come andare in piazza Duomo o in università diventano viaggi interminabili in mezzo a orde di turisti meravigliati dall'imponenza architettonica e pendolari frustrati e irascibili. Torino è la giusta via di mezzo. Certo, i pendolari e i turisti ci sono anche qui, ma è molto meno caotica e frenetica di Milano. 

Sto camminando lentamente per le vie torinesi, con lo sguardo perso ad ammirare palazzi e monumenti a destra e a sinistra quando improvvisamente sento una forte spinta che mi fa sbilanciare e cadere per terra con poca grazia. La mia vista è offuscata, chissà dove sono finiti i miei occhiali da vista. Li cerco tastando con le mani il marciapiede con scarsi risultati mentre vedo la sagoma di una mano davanti a me. 

"Scusami, sono un coglione che guarda il cellulare mentre cammina e non ti ho vista" dice una voce maschile.

"Non ti preoccupare, ero distratta anche io" gli sorrido per rincuorarlo mentre afferro la sua mano e mi rialzo in piedi massaggiandomi la spalla che aveva appena avuto un incontro ravvicinato con i sanpietrini. "Scusami eh, vedi i miei occhiali? Sono caduti e senza sono una talpa" dico, maledicendomi mentalmente per non aver messo le lenti a contatto.

"Tieni" mi dice, mettendomi gli occhiali sul palmo della mano.

Li inforco e finalmente riesco a mettere a fuoco la persona che ho davanti.

Non ci posso credere.

Federico Bernardeschi. In carne ed ossa. Qui. Davanti a me.

Rimango a bocca aperta per qualche secondo, sperando di non avere la bava che mi cade dagli angoli. Devo aver dissimulato alla grande perchè il mio interlocutore sembra non accorgersene. 

"Ma tu sei... Cioè, davvero sei tu?" chiedo a voce bassa. Non vorrei attirare l'attenzione su di lui, o meglio su di noi, anche se siamo da soli. 

Lui annuisce sorridendo semplicemente, senza mostrare i denti. Wow, non posso credere di avere un giocatore della Juventus a un metro di distanza senza collassare.

"Scusami, ti sto trattenendo, probabilmente dovrai andare ad allenamento ma per me è un sogno incontrare un giocatore della Juve" dico tutto d'un fiato, in preda all'emozione di aver incontrato il numero 33 bianconero.

"Sì ma respira" mi interrompe ridacchiando e sistemandosi i capelli che erano scesi sulla faccia. "Comunque no, oggi niente. Strano incontrare una ragazza che segue il calcio" afferma, con un'espressione quasi stupita.

"Guarda che ci sono un sacco di ragazze che seguono il calcio" rispondo, quasi offesa da quelle parole, incrociando le braccia al petto e facendo il broncio. "E poi io non sono una semplice tifosa, io amo la Juventus da sempre e per sempre. Da piccola quando mi chiedevano 'Che cosa vuoi fare da grande?' rispondevo 'Il capo dei Drughi ultrà'  per farti capire" dico sorridendo, con gli occhi lucidi e la pelle d'oca solo al pensiero di essere in curva a cantare i cori da stadio con la bandiera zebrata e la maglia di Del Piero.

"È bello conoscere qualcuno così legato a una squadra di calcio. Comunque non ci siamo presentati ufficialmente, io sono Federico e tu sei?" mi chiede, porgendomi la mano per stringerla.

"Olivia" gli stringo la mano e lui mi sorride, questa volta mostrando i denti. Un sorriso genuino, spontaneo. Ed in quel momento penso a quanto sia carino.

Stiamo camminando da ormai diversi minuti e io non ho la più pallida idea di dove siamo finiti. Parliamo di calcio. Di quanto per lui a volte è difficile stare in panchina, si sente inferiore rispetto ai titolari in campo quando l'unica cosa che vuole fare è giocare per dare una mano alla squadra. Sono seriamente colpita dalle sue parole, dal modo in cui le dice. Si capisce che ci tiene davvero tanto, ha uno sguardo sincero.

Una volta in Piazza Castello riesco finalmente ad orientarmi. 

"Ora devo andare, mio padre mi darà per dispersa credo" dico guardando lo schermo del cellulare che segna le 18:10. "Beh, è stato davvero bellissimo incontrarti e avere modo di chiacchierare con te. Mi raccomando, non buttarti giù. Mai. Ricordati che se sei alla Juventus è perché hanno visto qualcosa in te che forse nemmeno tu sai di avere." Le mie parole sono sincere, schiette. Penso davvero quello che dico e, dopo esserci salutati, salgo sul tram numero tredici che mi riporta all'hotel.

Mentre ascolto "Good Life" dei One Republic mi rendo conto di quanto sono stata fortunata ad incontrare un giocatore della Juve in mezzo a Torino. E considerando che io alle coincidenze non ci credo, qualcosa vuol pur dire. 

Scendo dal tram e arrivo in hotel. Papà è alla scrivania, sepolto da carte e fatture.

"Papi, non puoi capire che mi è successo oggi!" esordisco così, col sorriso stampato sulla faccia. "Ho conosciuto Bernardeschi!" esclamo, catturando l'attenzione di mio papà, che mi rivolge un sorriso che va da una parte all'altra del volto, chiedendomi per filo e per segno cosa era successo. 

Ad un tratto sento il telefono vibrare nella tasca posteriore dei jeans. Lo sblocco e vedo una notifica di Instagram:

@fbernardeschi ha iniziato a seguirti

E il mio cuore deve essersi fermato per qualche secondo.


Oggi sono ispirata e ho scritto un sacco. Vi piace? Fatemi sapere con una stellina o un commento che apprezzo molto. Ah, e speriamo bene per stasera con Italia-Portogallo. 

FORZA AZZURRI!!!

A presto,

C.

Fino alla fine || Federico Bernardeschi || [IN REVISIONE 👩🏼‍💻]Where stories live. Discover now