Trentanove

6.8K 150 55
                                    

Torino, 8 settembre 2017

Ogni rientro dopo la pausa nazionali è sempre un trauma. Lo dicono tutti. Lo dicono sempre. Non ho mai capito cosa volesse dire davvero fino a questo momento. Federico in questi ultimi giorni è intrattabile, è sempre nervoso e arrabbiato con chiunque, non riesco nemmeno a capire se gli ho fatto qualcosa di male oppure no.

La partita contro la Spagna per la qualificazione al Mondiale dell'estate prossima è stata una bella batosta per l'Italia. La doppietta di Isco e il gol di Morata hanno steso il morale e il fisico degli Azzurri. Federico ha avuto poco spazio, è entrato al settantesimo e penso si senta in colpa per non essere riuscito a dare quello che può. Questo atteggiamento lo vedo anche ora in campo, mentre guardo i ragazzi finire l'allenamento; l'attaccante bianconero corre a testa bassa e non riesco a vedere la solita luce negli occhi che solitamente ha. Non posso dire di riuscire a capirlo, ma immagino la frustrazione di perdere 3-0 senza nemmeno provare a fare gol.

È ora di dare un aiuto concreto ai miei ragazzi e dare un senso alla mia presenza su questa panchina.

"Ragazzi, venite qua e statemi bene a sentire. Domani c'è il Chievo, so che siete stanchi e molti di voi hanno fatto gli straordinari con le proprie nazionali. C'è chi ha vinto e chi ha perso, ma ora torniamo a essere una grande famiglia e a combattere insieme. Domani affronteremo un avversario che sulla carta è più debole di noi, ma il primo che vedo sottovalutare la partita esce dal campo a calci nelle palle, vi avverto. Adesso andate a casa, rilassatevi e ci vediamo domani." Concludo il mio discorso prendendo il posto di Max, che è dovuto scappare via di corsa dieci minuti prima della fine dell'allenamento per un problema improvviso a casa. I ragazzi mi rivolgono degli enormi sorrisi, nonostante siano stremati e affaticati dopo il duro carico di lavoro.

"Coach, ci vediamo più tardi?" Sento la presenza di Federico dietro di me, mentre raccolgo le mie cose dalla panchina di Vinovo.

"Bernardeschi, ora mi lavo e poi devo correre in aeroporto a prendere papà che torna dall'America. Penso che andremo da qualche parte insieme" spiego al mio ragazzo. Penso che questa sia la conversazione più lunga che abbiamo avuto in questi ultimi giorni, un po' per colpa del ritiro con la Nazionale, un po' per la sconfitta contro gli spagnoli che non riesce a mandare giù.

"Domani viene allo stadio, allora?" Spunta un sorriso genuino sul viso del numero 33 bianconero mentre pronuncia quella domanda.

"Sì, non vede l'ora di vedervi dal vivo" aggiungo, prendendo il mio borsone e sistemandomelo sulla spalla.

"Mi fa piacere che venga" sospira Federico, mentre ci avviamo insieme verso gli spogliatoi.

"Fede, si può sapere che cos'hai? Non riesco a capire" ammetto, girando il viso per incontrare i suoi occhi.

"Niente, sono solo deluso dalla partita che abbiamo fatto con la Nazionale, hai visto, no?" Mi chiede, mentre si passa una mano tra i lunghi capelli sudati.

"Sì, mi dispiace per la sconfitta, ma è solo l'inizio, la prossima andrà meglio" allungo un braccio e gli accarezzo una guancia.

"Speriamo, ci tengo davvero a questo Mondiale" finalmente si gira del tutto e mi guarda negli occhi. I suoi li vedo lucidi, capisco al volo che il mondiale in Russia è più di trampolino di lancio per lui: è un sogno.

"Adesso non ci devi pensare, pensa a domani" mi lascio scappare un sorriso troppo esagerato per la conversazione che stiamo avendo e Federico capisce che gli sto nascondendo qualcosa.

"Perché sorridi così tanto? Devi dirmi qualcosa?"

Ecco, mi ha sgamata in pieno.

Fino alla fine || Federico Bernardeschi || [IN REVISIONE 👩🏼‍💻]Where stories live. Discover now