Flash Forward

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If you saw my darkest parts,
the wicked things inside my heart.
Would you run away?
Or are you the same?
― Lonely, Nathan Wagner

Un boato riecheggiò sopra le nostre teste, il pavimento tremò e le vibrazioni mi attraversarono da capo a piedi. Sussultai solo leggermente, non mi lasciai sfuggire nessun'altra reazione. Continuavo a studiare i lineamenti del suo viso, la mascella contratta, lo sguardo concentrato. Temevo quasi che potesse scomparire nell'ombra alle sue spalle, da un momento all'altro.

In realtà avrei dovuto prestare attenzione al modo in cui stava assemblando un fucile, ma in quel momento non c'era verso che riuscissi a concentrarmi sull'arma. Era silenzioso, attento. Le sue mani lavoravano veloci e precise, pezzo dopo pezzo. I suoi silenzi avevano qualcosa di rassicurante e stavano cominciando a diventare il mio suono preferito. Le sue parole erano riservate a pochi, un tesoro che conservavo segretamente dentro di me.

Un altro boato scosse l'intero hangar, i muri vibrarono così come le panche metalliche su cui eravamo seduti. Era il tipico ruggito dei jet quando superavano la velocità del suono, accadeva sempre proprio sopra la Base. Questa volta mi colse di sorpresa e trasalii.

I suoi occhi scattarono su di me e per un attimo colsi il suo sguardo buio prima di abbassare il mio sul fucile, facendo finta di aver prestato attenzione fino a quel momento. Percepivo il peso dei suoi occhi su di me mentre indugiavo sul fatto che a ogni colpo lui non si muoveva di nemmeno un millimetro. Come se non sentisse nulla di quello che accadeva fuori.

Un altro ruggito risuonò nella stanza e strinsi i denti, tenendo lo sguardo fisso sul fucile. Non avevo altre opzioni. Sotto il suo sguardo ero in trappola. Non importava quanto ci provassi, non riuscivo a muovermi.

«Lo odiavo quando sono arrivato qui per la prima volta,» disse la sua voce all'improvviso.

Fu una sorpresa calda e accogliente. Il battito del mio cuore accelerò un pizzico mentre mi rendevo conto che ascoltarlo parlare era tutto ciò di cui avevo bisogno. Trovai il modo di alzare lo sguardo, ma lui distolse il suo, perdendolo nel nulla. Lo faceva spesso.

«Davvero?» chiesi con cautela, in qualche modo sembrava aver capito a cosa stessi pensando. «Sembra che tu non lo senta neanche.»

Un piccolo sorriso apparve per un istante sulle sue labbra sottili e forse, in quel momento, mi calmai.

«Conosci la storia del cosmonauta?» mi chiese, e alla fine i suoi occhi incontrarono i miei.

Scossi la testa, «Cos'è?»

Lui sembrò aspettarsi la mia risposta, e tornò a osservare il fucile.

«Il cosmonauta sale su una grande nave spaziale con una piccola finestra oblò e vede la curvatura della Terra per la prima volta,» iniziò a raccontare. «Poi, all'improvviso, uno strano ticchettio comincia a uscire dal pannello di controllo. E non riesce a trovarlo, non riesce a fermarlo. E quello continua. Che cosa farà? È da solo nello spazio. Allora il cosmonauta decide che l'unico modo per non impazzire è innamorarsi di quel suono.»

Un altro forte ruggito rimbalzò nell'atmosfera a coronamento delle sue parole e lui tornò a guardarmi. Il battito del mio cuore divenne più rumoroso dell'eco delle vibrazioni nella Base. Le sue parole aleggiavano nell'aria attorno a me e tutto ciò che desiderai fu di poter restare intrappolata in quell'istante per sempre, ascoltando quel che aveva da dire.

Gli angoli della sua bocca si curvarono all'insù in modo quasi impercettibile, conoscevo quell'espressione fin troppo bene. Ero l'unica a cui regalava quei piccoli sorrisi. O, forse, ero l'unica che aveva iniziato a vederli davvero.

«Devi innamorarti dei tuoi demoni se vuoi sopravvivere all'inferno, Valyrie Wade.»

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