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"Made it through the maze
to find my one in a million.
Now you're just a page torn
from the story I'm living."
― Dynasty, MIIA

Il mattino seguente non lo vidi più in mensa. Ma quel pomeriggio, decisi, sarei andata a cercarlo. Non me ne importava nulla di quel che mi aveva detto. Gli avrei parlato, gli avrei fatto veder ragione e tutto sarebbe tornato come prima.

Non avevo tempo di aspettare. Eravamo in guerra. E per qualche istante la battaglia dentro di me era stata così forte che quasi me ne ero dimenticata.

Dopo aver visitato il quartier generale e dintorni, puntai all'hangar dodici, sicura che l'avrei trovato lì. Varcai la soglia senza tanti complimenti e mi ritrovai davanti al muso minaccioso del Novilunium. Gli girai attorno, attenta a possibili movimenti e rumori e scrutando la cabina di pilotaggio, ma non vidi nessuno. I miei passi sembravano rimbombare nel silenzio. Raggiunsi allora la porta sul retro, che ormai rappresentava il luogo in cui avevamo parlato per la prima volta.

Decisi di bussare, ma non ricevetti risposta. Allora l'aprii. Il tavolo da lavoro era spinto in un angolo, vicino alle panche su cui ci eravamo seduti. Una nevicata di polvere bianca fluttuava nello spiraglio di luce che filtrava dalla finestra in alto. Entrai e mi guardai attorno con calma, sospirando, mentre i ricordi si proiettavano attorno a me come un filmino. Mi parve quasi di vederlo, seduto di fronte a me, a parlarmi. La mia attenzione venne poi catturata da alcune fotografie appese a una parete, tutte quante raffiguravano aerei in volo o piloti.

Proprio in una di queste ultime riconobbi una ragazza e mi chiesi come avessi fatto a non averla mai notata prima. Era ripresa nella cabina di un C-12 con i capelli legati e scompigliati dal casco, un gran sorriso e i pollici all'insù. Non ci volle molto perchè mi convincessi che si trattasse di lei. Kaiden aveva tenuto una sua foto appesa nell'hangar per tutto quel tempo.

Non riuscii a decifrare la sensazione che mi provocò quella scoperta, ma alla fine uscii dalla stanza e mi richiusi la porta alle spalle, un po' meno audace, un po' meno sicura di poterlo davvero affrontare. Mi trascinai ancora una volta attorno al Novilunium e mi fermai a guardarlo di fronte. Se avessi sollevato una mano sopra la testa probabilmente sarei riuscita a toccarne la punta. Non lo feci. Lo guardai negli occhi dal basso verso l'alto con le braccia lungo i fianchi. Chiunque altro si sarebbe trovato in soggezione di fronte alla stazza imponente di quel C-18 tenebroso. Per me, invece, era il ritratto familiare di un vecchio amico. Ci eravamo rincorsi per ore, nel cielo, giocando a fare la guerra.

"Che ne sarà di noi?" gli domandai, quasi aspettandomi una risposta.

Poi sospirai, abbassai lo sguardo, e me ne andai, con il cuore un po' più pesante.

Passeggiai con le mani rifugiate nelle tasche, attraversando le piste finchè non intravidi il mio Alphard parcheggiato in lontananza. Rimasi immobile in mezzo a un piazzale, guardandolo, indecisa se avvicinarmi o meno. L'ultima volta l'avevo incontrato lì, chissà che magari...
Distolsi lo sguardo. Sei una scema, mi dissi. Le sue ultime parole erano tornate a rimbalzarmi nella mente, severe e molto chiare. Che stavo facendo?

Mossa da un ultimo barlume di speranza, mi ritrovai ad affacciarmi alla lavanderia. Ma, come in fondo mi aspettavo, nessuna delle lavatrici era in movimento e il silenzio regnava sovrano. Hai deciso di rimpiazzarela lavanderia? mi aveva chiesto. No, mai l'avrei fatto.

Quella sera di tanto tempo prima mi aveva trovata lui, qui. Era venuto a rassicurarmi per il mio primo volo da solista. Mi raggomitolai sopra la mia lavatrice e persi lo sguardo su quella di fronte a me, dove un tempo si era seduto lui. Il ricordo mi rubò un piccolo sorriso. Se hai paura significa che non prendi alla leggera ciò a cui stai andando incontro. Questo, invece, sarebbe pericoloso. Mi parve quasi di sentire la sua voce.

KalopsiaWhere stories live. Discover now