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"Wish that I could slow things down.
I wanna let go,
but there's comfort in the panic
and I drive myself crazy."
― Heavy, Linkin Park

Ero sempre stata molto brava a escludere i sentimenti e i pensieri scomodi dalle situazioni potenzialmente stressanti e pericolose e fu esattamente ciò che feci. O almeno, ci provai. Dopotutto se volevo sopravvivere a un volo oltre la velocità del suono non potevo permettermi di avere altro per la testa.

Uscendo dall'hangar venni travolta dall'assordante rombo di un elicottero in decollo proprio sopra la mia testa. Era così vicino che lo sentii rimbalzarmi nel petto, quasi gareggiando con il battito del mio cuore. Alzai lo sguardo all'ombra nera che si stagliava in controluce, come a voler entrare nel sole. Venni percorsa da un brivido, poi sentii un colpo leggero sul braccio e Kaiden mi sorpassò, lanciandomi un'occhiata.

"Andiamo," mi incoraggiò.

Chiusi gli occhi per un istante, prendendo un respiro profondo e ricercando la concentrazione che sembrava dovermi sfuggire da un momento all'altro, poi lo seguii.

La tuta anti-G che indossavo sopra la divisa era compatta e pesante, mi stringeva il busto e le gambe quasi come un'armatura e mi obbligava a camminare con la testa più alta e le spalle più dritte. A ogni passo percepivo il suo peso e mi ricordavo quanto fosse pericoloso quello a cui stavo andando incontro. I giochi erano finiti. L'aria mi accarezzò il viso quasi a invitarmi e per un secondo mi si strinse lo stomaco.

Spostai il grosso casco con la maschera dell'ossigeno dalla mano destra alla sinistra per potermi asciugare il sudore, chiedendomi se sarei stata in grado di gestire quell'improvviso cambio di difficoltà. Comunque, pensai, non potevo tirarmi indietro e presto l'avrei scoperto.

Raggiungemmo una delle piste più lunghe e lontane dal centro. Kaiden camminava di fronte a me in silenzio, con passo molleggiato e sicuro - indossava una tuta identica alla mia - e mi ritrovai a chiedermi a cosa stesse pensando. Ma poi no, distolsi lo sguardo dalle sue spalle e mi guardai attorno, decisa a rimanere concentrata. Stavamo camminando lungo una schiera di C-12 dalle sfumature più varie. Erano grossi almeno il doppio del C-3 su cui avevo imparato a volare, ma feci del mio meglio per non lasciarmi intimidire.

Cercavo di non pensare a nulla, nella mia testa non visualizzavo altro che diagrammi e procedure.

Quando ci fermammo i miei occhi si posarono su una fusoliera grigio perla dai lineamenti aggressivi e aerodinamici che solo un falco reale avrebbe potuto sfoggiare. Scorsi lo sguardo sul profilo alare tagliente come una lama, provando a immaginare come avrebbe infranto la barriera del suono, fluido come una coltellata.

"Questo è il jet C-12 che ti è stato assegnato e sarà soltanto tuo per il periodo a venire," dichiarò Kaiden. "Il nome è Alphard Cinque Zero Uno."

Mossi qualche passo per avvicinarmi, incapace di scollare lo sguardo da quelle linee che parevano brillare alla luce del sole.

"Alphard," assaporai, ripetendolo a me stessa.

Mi pareva un nome strano per un aeroplano, aveva un non so che di antico e all'improvviso mi parve di averlo già sentito da qualche parte. Forse - mi illuminai - l'avevo letto di sfuggita su uno degli articoli di giornale relativi all'incidente di mio nonno. Mi voltai a guardare Kaiden e incontrai il suo sguardo attento.

"Alphard? Era l'aereo di..."

Un angolo della sua bocca ebbe un guizzo.

"Gennady Wade," completò. "Non mi sarei aspettato niente di meno da te."

KalopsiaWhere stories live. Discover now