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Seasons, they will change.
Life will make you grow.
Death can make you hard.
― Birds, Imagine Dragons

Terminammo le armi senza interruzioni, in un'oretta, il giorno seguente. La mia preparazione era appena sufficiente per superare l'esame e tanto mi bastava.

Quel giorno il cielo era coperto da uno spesso strato di nuvoloni grigi che lasciava il retro dell'hangar dodici più avvolto nell'ombra del solito. L'unica luce a illumimare la piccola stanza era un riverbero del cielo bianco che filtrava da una piccola apetura rettangolare in alto. Tutto pareva più scuro. Fermo, troppo calmo. Come in attesa di un temporale. Come se quella strana sensazione che provavo da qualche giorno si fosse riflessa all'esterno.

Kaiden stesso mi pareva diverso. Di momento in momento riuscivo a scorgere un barlume di irrequietezza nel suo sguardo e nelle sue parole, nonostante lo nascondesse così bene. Non l'avrei notato se non avessi imparato a osservarlo da così tanto tempo.

Non era lo sguardo acceso da un fuoco interiore come quando volava, non era lo sguardo assente e pensieroso dei primi tempi e nemmeno quello pungente di quando mi rivolgeva la sua piena attenzione. Percepivo qualcosa di diverso, che forse c'era sempre stato seppur nascosto, e che ora stava tornando in superficie.

Quando terminammo il ripasso però, qualcosa mi frenò dall'alzarmi e andarmene. Forse perchè Kaiden stesso non si era mosso, come se avesse avuto qualcosa da aggiungere. Come se la conversazione non fosse finita. Eravamo seduti ai nostri soliti posti sulle panche metalliche vicine al tavolo, dove ora giaceva un ammasso abbandonato di fucili e pistole. Ma Kaiden non sembrava avere altro da dire e io non avevo alcun motivo di restare ancora.

“Allora vado,” annunciai, cercando di nascondere la mia incertezza, e mi alzai in piedi.

Mossi i pochi passi che mi separavano dalla porta accompagnata dal silenzio e in fine mi voltai indietro, non capendo perchè non stessi ricevendo risposta. Proprio in quel momento Kaiden si girò e cercò il mio sguardo, per un attimo mi parve addirittura supplichevole. Fu allora che mi convinsi pienamente del fatto che qualcosa non andava. Presi fiato per parlare, ma lui m'interruppe prima che potessi emettere alcun suono.

“Quando hai il prossimo volo?”

“Uhm,” mi colse alla sprovvista. Era questo a preoccuparlo? “Be', considerando che ho l'esame di armi fra due giorni... Dovrebbe andare a finire il giorno dopo. Quindi fra tre giorni,” conclusi.

Distolse lo sguardo, trovandosi intrappolato in qualcosa alle mie spalle. Immagini che io non potevo vedere.

“Volerai con me?” chiesi allora con un po' di leggerezza, speranzosa.

Tornò a studiarmi per un breve istante, poi si alzò in piedi.

“Come al solito.”

Si appoggiò al tavolo con una mano, con l'altra afferrò un proiettile, ma senza alcun vero scopo. Poteva sembrare assente, ma non lo era. Stava cercando di mantenere disperatamente il controllo su qualcosa che gli stava sfuggendo di mano. Sembrava che quel giorno non volesse lasciarmi andare. E non capivo perchè.

“Se abbiamo finito...”

“Sì,” rispose subito, mollando il proiettile e raddrizzando le spalle.

“Bene,” strinsi le labbra.

Mi voltai e afferrai la maniglia sella porta, ma non feci in tempo a spingerla.

“Valyrie.”

Il mio nome rimbalzò sulle pareti della stanza, si ripetè come un eco nella mia mente. Per un istante mi domandai se non fosse stato frutto della mia immaginazione, il tempo parve smettere di scorrere. Mi ero fermata così, con la mano chiusa attorno al metallo freddo della maniglia.

KalopsiaWhere stories live. Discover now