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"I've been walking through
a world gone blind.
Can't stop thinking
of your diamond mind."
― Ocean eyes, Billie Eilish

Per tutta la settimana successiva non rividi Kaiden e mi addestrai sull'Alphard con un altro pilota esperto del suo anno. Non avevo idea del perchè fosse avvenuto quel cambiamento e non avevo idea di quando l'avrei rivisto, tutto ciò che quella sera riuscivo a concepire era la tensione per il giorno a seguire.

Era arrivato il momento di volare da solista sul mio Alphard, superare la velocità del suono di diversi Mach e riatterrare in sicurezza. Non avevo mai volato da sola, non mi ero mai ritrovata da sola in una cabina di pilotaggio e un senso di panico e impotenza mi stavano assalendo man mano che le ore passavano.

Mi sembrava di essermi dimenticata tutto e soltanto due cose sapevo con certezza: la prima, che un pilota avrebbe volato al mio fianco su un secondo caccia, anche se non mi era ancora stato comunicato chi; la seconda, che non ero in condizioni mentali ideali per decollare.

Quest'ultima consapevolezza non faceva che mandarmi ancora più in crisi. Stavo ricadendo in una spirale di pensieri e ansie senza fine e, quando mi sentii sul punto di soffocare nelle mie stesse preoccupazioni, uscii dal dormitorio e mi diressi in punta di piedi verso la lavanderia, alla debole luce bianca d'emergenza del corridoio. Il mio cuore pareva più rumoroso dei miei piedi sul pavimento.

Per un attimo fui tentata di trovare il modo di svegliare Aryan, ma poi mi parve ingiusto e infattibile. In effetti non avevo più visto nemmeno lui, le lezioni di volo ci tenevano sempre impegnati a orari opposti e a mala pena ci beccavamo alla mensa. Proseguii verso la lavanderia, dove ad attendermi trovai le familiari mattonelle gelate e la luce opaca dell'unico neon sul soffitto.

Mi arrampicai sulla mia lavatrice e rabbrividii al contatto della mia schiena contro la parete fredda. Come sempre indossavo una t-shirt e dei pantaloni di tessuto al ginocchio, la mia tenuta da dormitorio. Mi strinsi le gambe al petto con le braccia e respirai profondamente, lasciandomi cullare dal lontano rumore di fondo di una lavatrice in movimento.

Per tutti quei giorni che avevo trascorso senza Kaiden, non era passato momento in cui non gli avessi rivolto almeno un pensiero. Per ricordarmi i suoi consigli, per chiedermi cosa stesse facendo, a cosa stesse pensando. Ogni volta che passavo per il quartier generale o attraversavo le piste mi guardavo attorno nella speranza di scorgerlo; se udivo un lontano boom sonico mi chiedevo se ci fosse lui, nel cielo.

E quella sera mi sentivo più sola, esplorando quei pensieri. Cercavo ingenuamente rifugio nel ricordo della sua sicurezza, delle sue risposte pronte, dei suoi sorrisi timidi. Quella settimana, più che mai prima d'allora, avevo sentito la mancanza di qualcosa che fino a prima aveva riempito le mie giornate. Non avrei mai voluto aver bisogno di qualcuno. Eppure quella sera, mentre mi abbracciavo le ginocchia sopra la lavatrice vuota, mi resi conto che avevo bisogno di Kaiden Westfall.

“Non dovresti essere fuori dal tuo dormitorio a quest'ora, Wade.”

Sussultai dallo spavento e mi voltai di colpo, avevo riconosciuto quella voce dal primo istante. Non mi domandai nemmeno come avessi fatto a non sentirlo arrivare. Kaiden era in piedi a un paio di metri dalla mia lavatrice, le braccia incrociate davanti a sè. Senza nemmeno farci caso ero saltata giù.

“Uhm, sì, io...”

Non avevo idea di cosa dire, la sua comparsa improvvisa mi aveva privata di qualsiasi parola. Ma per fortuna non aspettò spiegazioni e sciolse le braccia, camminando finchè non mi fu di fronte. Appariva tranquillo.

KalopsiaWhere stories live. Discover now