Capitolo 28 - Viejos amigos.

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We need someone just for a hug
Just for a hug
Cause we are the wild ones
But we are not strong at all
We are the wild ones
But we know we can't swim on our own.
[We are the wild ones, Cinemaboy.]
~~~

Molte persone che conoscevo dicevano che Leo avesse sempre avuto una cotta segreta, ma io non ero mai stata convinta. Senza pensare, misi le mani intorno al suo collo, e lui spalancò gli occhi per la sorpresa. Dopo un primo momento di stupore, mi avvolse i fianchi con le braccia.
Erano minuscole rispetto a quelle muscolose di Paulo, erano coperte dalla sua solita camicia azzurro chiaro. Paulo non l'avrebbe mai indossata per andare in un locale. Avrebbe indossato una maglietta bianca o nera che mostrasse la sua pelle abbronzata.

Gli occhi color oceano di Leo si fissarono nei miei, mentre ballavamo stretti l'uno all'altro. Quella scena mi riportò indietro agli anni del liceo, quando al ballo di fine anno gli concedevo sempre un ballo, indipendentemente dal fatto che fossi fidanzata o meno. C'era sempre stata una qualche chimica tra noi, ma io non mi ero mai presa la responsabilità di scavare a fondo in quel nostro legame, e mi ero limitata a rimanere la sua migliore amica.

Passò una buona mezz'ora prima che Mel venisse ad avvisarci che il suo ragazzo, Riccardo, le aveva fatto una sorpresa ed era tornato prima da un viaggio, perciò era passato a prenderla. La salutammo, e a quel punto restammo soli.
Devo ammettere che era passato tanto tempo dall'ultima volta che io e Leo avevamo potuto stare un po' insieme.
Mi aveva sempre capita, aiutata, e mai giudicata.
Forse è proprio per questo che c'era una grandissima intesa tra di noi. In qualche modo lui era riuscito ad accettare e a farmi affrontare alcuni lati di me stessa che nemmeno io stessa sapevo di avere, o ignoravo.

Accompagnammo Melissa fuori dal locale, e ci trovammo nel freddo di inizio Marzo senza niente da fare o un posto predefinito in cui andare.
"Ti va se andiamo al Parco del Valentino? Come ai vecchi tempi." chiese Leo, rompendo il silenzio,
"Non penso di essere lucida abbastanza per avere idee migliori. Quindi, vada per il parco." dissi decisa, e lui liberò una risatina.

Andare al Parco del Valentino era sempre stata una tradizione solo nostra. Non che avessimo mai voluto escludere Mel, ma il mio rapporto con Leo era molto più profondo rispetto al suo. Appena arrivati a Torino andavamo quasi tutti i pomeriggi al parco e ci raccontavamo le cose nuove scoperte quel giorno. A proposito della città, o dell'università, del vivere da soli, dell'essere lontani da casa, del non saper far la lavatrice o di non saper cucinare senza bruciare qualsiasi cosa. Nei momenti bui ci eravamo sempre stati l'uno per l'altra, e da quando stavo con Paulo il tempo che avevo passato con Leo era ben poco. Mi dispiaceva molto averlo trascurato così, non lo meritava. E io avrei dovuto cercare un equilibrio, invece che passare tutto il mio tempo con una persona sola, per quanto essa fosse importante.

Salimmo nella macchina di Leo, e si diresse verso il parco. Le case e le luci sfrecciavano velocemente nella notte torinese, mentre noi chiacchieravamo del più e del meno, con la radio come sottofondo.

Una volta arrivati, ci sedemmo in una panchina sulla riva del Po. Il freddo era abbastanza pesante, considerando che fosse quasi l'una di notte, ma comunque era sopportabile. Non avevo guardato il telefono per tutta la sera, e non ero minimamente intenzionata a farlo. La sbronza mi era quasi completamente passata.
La vista da quella panchina era veramente stupenda: il Borgo Medievale era completamente illuminato e si ripeteva nel Po, come colonna sonora c'erano solo il vento e lo scorrere dell'acqua del fiume.

Gli raccontai le ultime ventiquattro ore, che erano state alquanto folli.
"Beh, non vorrei dirti che te l'avevo detto, ma te l'avevo detto."
Alzai gli occhi al cielo e lui scoppiò a ridere.
"Non ti merita, se pensa di poterti trattare così. Non sei una seconda scelta, dovrebbe metterti prima di ogni cosa, e se la fama gli dà alla testa e gli fa fare cazzate come quella che ha fatto ieri, allora non ha capito niente di te."
"Si ma era ubriaco, e magari mi sono sbagliata io a sentire una voce femminile, magari era solo la televisione." cercai di convincermi con tutte le mie forze,
"Davvero pensi che uno alle tre di notte di metta a guardare la tv?" chiese, alzando un sopracciglio,
"Non lo so, ma non lo escluderei." mormorai,
"Non ci credi nemmeno tu." disse, in tono fermo ma con la sua solita punta di allegria e dolcezza.
Al sentire quelle parole, abbassai gli occhi realizzando che avesse ragione, e mi chiesi dove fosse finita la me realista di qualche mese fa.

Probabilmente Leo notò che stavo cominciando a cambiare umore, e stavo piano piano scivolando di nuovo in quel senso di vuoto, quindi tirò fuori un pacchetto di sigarette.
Da quando andavamo al liceo avevamo un patto, per cui potevamo fumare solo insieme. In modo che nessuno dei due ne facesse un vizio.

"Pensavo che te ne fossi dimenticato." dissi, indicando il pacchetto,
"Non potrei mai. Anche se in realtà penso di aver rotto il nostro patto." annunciò, con un sorrisetto colpevole.
Anche Paulo faceva spesso quell'espressione, ma la sua era molto più giocosa e decisamente meno seria.
"In che senso l'hai rotto? Non ne avrai fatto una dipendenza?" chiesi, già quasi consapevole della risposta,
"Hai indovinato." sorrise,
"Hai un motivo valido?" alzai un sopracciglio,
"No, ma mi piace come sensazione. Il fumo che ti brucia la gola, mi piaceva già quando abbiamo fumato la prima sigaretta dietro a quel palazzo."
"Penso avessimo avuto quindici anni, al massimo sedici. Credevamo di essere davvero fighi solo perché stavamo fumando una sigaretta di nascosto dai nostri genitori. Non so se ridere o piangere ripensandoci."
"Dovresti ridere. Sei bellissima quando lo fai. Dovresti avere qualcuno al tuo fianco che ti faccia sempre ridere, e non che abbia questi alti e bassi."

La sua frase mi lasciò un po' di stucco, ma feci finta di niente e appoggiai la testa alla sua spalla, mentre lui mi circondava la schiena con un braccio. I suoi capelli biondi e i suoi occhi chiari erano chiaramente visibili grazie alla luce di pochi lampioni.

"Mi sei mancata tanto." disse, dopo aver acceso la sigaretta e aver fatto un paio di tiri.
Sorrisi nella notte mentre ne accendevo una per me, e lasciavo che quel sapore così forte invadesse la mia gola dopo tanto tempo.
"Mi sei mancato anche tu. Mi dispiace per essere stata assente in questi mesi, e mi sento davvero tanto in colpa per essermi allontanata senza un motivo preciso."
"Sai benissimo che c'è un motivo." disse lui, in tono un po' freddo,
"Si hai ragione, c'è un motivo. Ed è Paulo. Lo amo tantissimo, ma nonostante questo avrei dovuto cercare di trovare un equilibrio, invece di buttarmi a capofitto nella nostra relazione e allontanarmi dai miei migliori amici."
"Non ti preoccupare, non voglio che tu ti senta in colpa. Piuttosto, voglio che tu sia felice."
"Anche io voglio lo stesso per te. Cambiando discorso, hai trovato la tua anima gemella?" chiesi, mentre facevo gli ultimi tiri di sigaretta, e lui scosse la testa.

Leo aveva sempre detto di essere convinto di avere un'anima gemella e che, un giorno, si sarebbero trovati. Era sempre stato un ragazzo serio, e non si era mai preso gioco di nessuna ragazza, pur facendo comunque le sue esperienze. Lo ammiravo e lo stimavo tanto per questo, dato che nella società è difficile trovare un ragazzo così.

Restammo sulla panchina a chiacchierare e a fare piani per il futuro, come facevamo sin dall'adolescenza.
Quando il freddo si fece insopportabile erano circa le due di notte, risalimmo in macchina e Leo mi riaccompagnò a casa.
Lo ringraziai per la bella serata e salutai con un bacio sulla guancia, e lui fece lo stesso.
Scesi dall'auto e tirai fuori dalla borsa le mie chiavi di casa. Mentre entravo in ascensore mi venne in mente che non avevo ancora guardato il telefono. Appena lo tirai fuori dalla tasca trovai otto messaggi e nove chiamate tutte di Paulo.
Realizzai che, se mi aveva chiamata così tante volte, le opzioni erano due: o gli era successo qualcosa, oppure voleva spiegarsi riguardo alla notte precedente.
Appena aprii il primo messaggio, scoppiai in lacrime:

Dove sei, mi amor? Perché non rispondi alle chiamate? Stai bene? Mi dispiace per qualsiasi cosa io abbia detto o fatto ieri sera, voglio parlarti faccia a faccia e spiegarti tutto. Non ti ho tradita, non lo farei mai, se è questo che pensi. Sono sul pullman per tornare a Torino, dimmi solo si estas bien. Te amo.

Il familiare rumore che avvisava l'arrivo dell'ascensore mi distrasse dalla lettura dei messaggi. Una volta sul pianerottolo mi diressi verso la porta del mio appartamento, e trattenni a stento un urlo quando sentii una voce chiamarmi.
"Mi amor?" 

Paulo.

Seduto sulle scale del mio condominio, con la testa tra le mani e il borsone della Juventus al suo fianco, c'era il mio bellissimo ragazzo. Ero molto arrabbiata per ciò che immaginavo potesse aver fatto, ma vederlo in quello stato mi fece scivolare via la rabbia come fosse olio. Non scomparve, ma fu come se la lasciassi in un angolo per un secondo, volendo disperatamente sentire cosa Paulo avesse da dirmi.
In quel momento, quella candela dentro di me che avevo cercato di spegnere per tutta la sera, si riaccese di una speranza e un amore infiniti verso il ragazzo con gli occhi di ghiaccio e la pelle abbronzata che stava davanti a me, pronto a lottare per il nostro amore.

Sólo tú y yo. || Paulo Dybala. Where stories live. Discover now