29. Un Natale diverso

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         "Get it right", Lea Michele

Che diavolo, non avevo portato nulla per quel genere di cose! Pensavo che avremmo passato il Natale a casa, non che avrei dovuto incontrare la famiglia materna di Tyler.

Ero frustrata. Avevo paura di non piacergli. E sarebbe stato un gran problema, visto il tempo che passavo con lui.

"Per quanto mi riguarda stai bene anche così", commentò Tyler spuntando dall'uscio della porta. La doveva smettere seriamente di comparire all'improvviso. Mi faceva mettere paura.

Sbuffai, e continuo a rovistare. "Sei pronto?"
In fondo alla valigia scorsi un vestito a maniche lunghe. Non ricordavo di averlo portato. Non ricordavo proprio di averlo.

Alzai lo sguardo per cercare di capire come dovessi vestirmi, ma lui era messo peggio di me. Indossava i pantaloni di una tuta, ed un maglione completamente nero, da cui spuntava una maglietta più leggera.
"Non ti sei ancora vestito?"

"Sono le undici. Non ti sembra un po' troppo presto?", domandò con tono tranquillo.

"No, dobbiamo stare lì come minimo tra un'ora, e ci sarà traffico, perché è il giorno di... ". Cavolo, mi era passato completamente di mente.

Mi alzai dal pavimento e mi avvicinai a lui.
"Buon Natale". Senza aspettare un secondo, mi afferrò per un braccio e mi attirò a se. Posò le labbra sulle mie con passione.

"Buon Natale, nocciolina. E... grazie per stanotte".

"Si, beh... Mi sentivo in colpa a farti dormire sul pavimento", ribattei con un sorriso.

"Certo, come no. Ammetti che ti mancavo", disse con un sorrisetto arrogante.
Mi mancava, certo che mi mancava, ma non volevo dargli questa soddisfazione.

Ero riuscita a dormire fino alle due di notte. Poi mi ero svegliata e, senza esitare, mi ero sdraiata accanto a Tyler. Non mi andava di svegliarlo, era troppo stanco.

Volevo solo... stargli vicino e basta. Da stamattina, quando si era svegliato e mi aveva vista lì accanto a lui, non faceva altro che sorridere. Ed erano sorrisi che mi riempivano il cuore, perché ieri avevo davvero paura per lui e per quello che aveva affrontato.

"Mi sentivo sola su questo letto grande".

"Quindi hai pensato bene di sdraiarti sul pavimento accanto a me", ribadì, come se ripeterlo lo rendesse più sicuro di se stesso.

"Non farti strane idee. Ci sei solo tu in carne ed ossa in questa casa"

"Potevi andare ad abbracciare la caldaia se ti sentivi sola", disse tranquillamente.

"Se non gli piaccio?", domandai nervosamente.

"Alla caldaia?". Scoppiò a ridere, ed io scossi la testa, senza speranze. Ma apprezzai il fatto che stesse cercando di farsi due risate.

Sospirò e sorpassò la porta, sedendosi sul letto mentre rovistavo ancora nella valigia, in cerca di qualcosa di adatto da mettere.

"Gli piacerai. Sei piaciuta a me, a mia madre". Si rabbuiò. "E loro sono la sua famiglia, la nostra famiglia. Ti adoreranno come abbiamo fatto noi", concluse in un sospiro.

"Lo spero", sussurrai tra me e me.

* * *

Dopo un'ora eravamo già in macchina. Da quando ero arrivata lì, le strade erano affollatissime. Avevamo decisamente scelto l'ora peggiore per uscire di casa. Sia per la neve che per il traffico.

Non mi toccare 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora