38. Strane sensazioni

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                                                                      "I'll never love again", Lady Gaga

"Schopenhauer dice che non ci sono mai veramente momenti di felicità. Solo assenza di dolore", spiegai, rifacendomi alla spiegazione scritta sul nostro libro di filosofia.

"Secondo me è una gran stronzata", osservò Tyler scrollando le spalle. Di fronte alla sua più totale schiettezza scoppiai a ridere. Apprezzai il fatto che si esprimesse in modo sincero senza timore, per lo meno.

"Stai insultando uno dei filosofi più importanti mai esistiti, Tyler. Si starà rivoltando nella tomba"

"Si rivolti pure, tanto è morto", commentò con nonchalance.

"Sei perfido, sul serio"

"Lo è di più lui. Ma cos'è questo pessimismo? Se uno è felice è felice e basta! Perché deve essere solo assenza di dolore?"

"Avresti dovuto chiederlo a lui", scherzai. Sfogliai il libro, in cerca di altre spiegazioni o qualcos'altro riguardo l'argomento.

"Possiamo fare una pausa? Non ce la faccio più", chiese con tono di supplica.

"Va bene", acconsentii. Chiusi il libro e lo misi sopra gli altri; almeno, quelli delle materie che capivo di più anche io e ero in grado di spiegare a lui.

Mi alzai dalla scrivania della sua camera per stiracchiarmi le gambe: erano almeno due ore che studiavamo senza sosta.

C'era qualcosa che adoravo nel passare interi pomeriggi con Tyler a studiare. Era bello vederlo sforzarsi di seguirmi quando gli spiegavo qualcosa, o mettersi le mani nei capelli in modo disperato quando non capiva.

E da un lato era molto tenero questo suo aspetto. Sapevo che, studio a parte, si sforzava di starmi dietro solo perché voleva passare del tempo con me. Ma lo conoscevo, e non lo avrebbe ammesso mai e poi mai.

"Che cosa facciamo?", domandò alzandosi.

Mi venne incontro e mi poggiò le mani sui fianchi, posando le labbra sulle mie. Intrappolai i miei occhi nei suoi mentre le nostre bocche perdevano il contatto.

Mi sorrise. Uno di quei sorrisi che amavo, che riuscivano a sfiorarmi il cuore per davvero.

"Parliamo?", proposi.

"Parliamo?". Fece una smorfia. "E dov'è il divertimento?"

"Dobbiamo divertirci?"

Distolse lo sguardo, mentre farfugliava parole senza senso. "Beh... Me lo merito dopo due ore di studio, no? Non mi sono neanche lamentato"

Mi allontanai dal suo corpo con un peso nel petto, ma sapevo che avremmo dovuto parlare davvero. In primo luogo, di quello che Dan gli aveva detto ad Atlanta.

Non aveva voluto neanche accennare alla cosa, ma sapevo bene quanto ancora quello che avevamo scoperto lo tormentasse, e non volevo lasciare la cosa sfumare. Già, il tempo passato con lui mi aveva insegnato che i problemi era meglio affrontarli subito.

"Hai insultato Schopenhauer"

"Perché è triste", replicò mentre si sedeva sul suo letto. Batté il palmo accanto a lui sul materasso, così mi avvicinai e mi sedetti al suo fianco.

"E' morto. E' più triste dare del triste a qualcuno che è morto. E poi porta sfiga parlare dei morti. Cambiamo argomento", osservai scuotendo la testa.

"Sei tu che hai detto che volevi parlare. Parla", mi incitò con un sorrisetto strafottente sul volto.

Giocherellai distrattamente con l'orlo del piumone del suo letto, preparandomi psicologicamente alla sua reazione. "Io... Volevo parlare un po' di... Si, insomma, di... quello che ha detto Dan ad Atlanta e tutt... "

Non mi toccare 2Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ