46. "Mi ami?"

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"Rise up", Andra Day

Colpii la porta con dei colpi secchi. Le mani mi tremavano, e non ero sicura di essere in grado di pensare in modo lucido, in quel momento.

Ma avevo bisogno di fare solo una cosa.

Ci avevo pensato per più di un'ora dopo che se ne era andato. Non volevo che quello fosse un addio.

Ma ero io che l'avevo trasformato in tale, e lo sapevo.

Continuai a colpire la porta con tutta la forza che mi rimaneva in corpo, fin quando i miei pugni incontrarono l'aria e mi ritrovai davanti Tyler.

"Ciao", mormorai.

Mi guardò per pochi istanti, da capo a piedi. Sembrava che mi stesse analizzando al microscopio.

Poi mi sbatté la porta in faccia senza sbattere ciglio.

Beh, me l'aspettavo, perlomeno. Ma non mi sarei arresa tanto facilmente.

Ricominciai a battere prepotentemente i pugni sulla porta di casa sua. "Tyler, aprimi"

"Vattene, Ele", disse da dietro la porta.

"Non me ne vado. Apri", replicai in modo deciso. Ero intenzionata ad accamparmi contro quella maledetta porta, se fosse stato necessario.

Lo sentii sospirare. Non sentii passi che si allontanavano come pensavo. Era ancora lì dietro, dove tentava di non farsi ferire da me ancora una volta dietro un pezzo di legno.

Appoggiò la schiena alla porta. Me lo immaginai chiudere gli occhi, coprirsi il volto con le mani.

L'aria immobile mi permetteva persino di sentire il battito del suo cuore impazzito.

"Vattene", ripeté. Non era tanto sicuro di quello che stava dicendo. Forse me lo immaginai, ma la sua voce sembrava spezzata.

"No. Rimango qui, finché non apri questa maledetta porta"

Lui non si mosse. Sentii un leggero colpo quando la sua testa urtò il legno. Lo sentii scivolare fino ad accasciarsi a terra. "Tyler?"

"Non abbiamo nulla da dirci", sussurrò.

"Beh... Io si, però. Quindi apri"

"Hai già detto abbastanza"

Chiusi gli occhi. Era difficile cercare di non piangermi addosso e di non sentirmi ancora più in colpa di quanto già non fossi se lui continuava a ricordarmelo.

Era ferito, e non serviva un genio per capirlo. E più precisamente, era ferito da me.

La consapevolezza era straziante, se non lo era ancora di più il fatto che non ero sicura di poter fare molto per cancellare le cose che gli avevo buttato in faccia nell'ultima ora.

Ma non volevo ancora perdermi d'animo. Se non avesse lottato lui, lo avrei fatto lui.

Perché la verità era che mi erano bastati solo pochi minuti per capire che avrei preferito accettare le conseguenze di una vita con lui, piuttosto di una senza.

Ero sicura che, nel secondo caso, lui mi avrebbe aiutata. O ci avrebbe almeno provato.

"Mi dispiace, ma... Ti prego, fammi entrare", lo supplicai. Percepii un briciolo di speranza farsi strada nel mio petto quando lo sentii alzarsi da terra. Rimase lì in piedi, la fronte appoggiata alla porta.

"Non sono più sicuro che ti dispiaccia davvero. Non sono più sicuro di nulla"

"Mi dispiace tanto", mormorai. "Aprimi, Tyler"

Non mi toccare 2Where stories live. Discover now