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Autunno, 1998

Un gruppo di ragazzine vocianti entrò in una camerata molto ampia. La camerata era tanto ampia quanto fredda e spoglia. Le pareti erano verniciate di grigio e ogni metro c'era un letto di ferro, con sottili coperte di tessuto ruvido e cuscini che avevano perso quasi tutta l'imbottitura.

-...e poi me l'ha fatto rifare tre volte, ti rendi conto, tre volte!

-Non sei mai stata simpatica ad Andrey, lo sai.

-Già. Ma insomma, tre volte!

Il manipolo di ragazzine continuò a parlare vivacemente, mentre ognuna si dirigeva al proprio letto, infilandosi dei vestiti consunti sopra i body che indossavano. 

L'unica che non parlava con nessuno era una bambina molto più piccola delle altre che dovevano essere sui dodici anni. La bambina ne aveva otto. Una cascata di capelli rossi le scendeva sulla schiena e con gli occhi verdi e felini scrutava le compagne. Quella bambina sarebbe diventata mia madre.

-...ora abbiamo tutto il pomeriggio occupato dai corsi di spionaggio? - chiese una ragazzina dai capelli neri.

-No, sono domani grazie al cielo, ma non mi ci far pensare, e di solito quando ci fa quei corsi è più di cattivo umore del solito. Come minimo una frustata tocca a tutte.

-Beh, Natalia non si deve preoccupare  - disse con una smorfia la brunetta - Andrey la adora, non le farebbe mai del male.

Eccoci, pensò Natasha, anche oggi siamo arrivati al punto in cui parlano senza conoscere, non hanno idea di cosa mi faccia passare Andrey...

-Vero...muoviamoci, o la frusta non sarà più il nostro problema principale - disse un'altra ragazzina.

Natasha si infilò una specie di camicia deforme e uscì per prima. Non aveva amiche lì. Le altre avevano legato tra loro giusto per non impazzire di solitudine, ma Natasha ci era abituata. Stava bene da sola, aveva più tempo per pensare. O almeno, quella era la bugia che si raccontava per giustificare la sua solitudine costante.

Raggiunse una delle aule designate per le lezioni di spionaggio e vi entrò a testa alta, senza guardare il soppalco dove era ritta in piedi una donna. Natasha non la degnò di uno sguardo: era miss Hemilton. Insegnava alle allieve ad essere silenziose e invisibili, a non lamentarsi mai. Se Andrey allenava il fisico delle ragazze, miss Hemilton forgiava la mente, era suo compito far sì che la mente delle ragazze diventasse piatta e grigia, pronta per essere manipolata.

-Abbassa la testa, Romanoff - disse in tono aspro.

Natasha non piegò il collo di un millimetro.

-Certo che se le va a cercare - sussurrò la brunetta di prima ad una sua amica.

-Taci, Volkov - la ammonì miss Hemilton.

-Sì. miss Hemilton - disse la brunetta come un automa. La ragazzina rispondeva al nome di Ekaterina Volkov, una delle ragazze più deboli, mentalmente, dell'intero KGB.

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Mezz'ora dopo, le allieva camminavano in piedi su una fune tesa a trenta centimetri da terra, con uno spesso libro sulla testa.  Lo scopo dell'esercizio era sviluppare un equilibrio stabilissimo.

Natasha era appena salita sulla fune. Teneva i muscoli del collo rigidi, per sopportare il peso di quel volume pesantissimo. Mise il piede destro sulla corda, che aveva un diametro di due centimetri e poi aggiunse cautamente il sinistro.

Cerca un punto fisso davanti a te, soffermati su quello; pensava Natasha.

Trenta centimetri non sembravano così alti, quando avevi le piante dei piedi a terra. Ora a Natasha sembrava di essere molto in alto. Prese un profondo respiro e iniziò a camminare. Sentiva i muscoli dell'addome tesi nello sforzo di rimanere in equilibrio, i tendini delle mani bruciare da quanto teneva stese le braccia all'infuori.

Dieci secondi dopo era di nuovo in piedi sul pavimento, dopo aver percorso tutta la fune.

-Sarebbe utile leggerli questi libri, non portarli in testa - disse la bambina, molto più spavalda, ora che non rischiava di slogarsi un polso o una caviglia.

-Non così arrogante, Romanoff. Devo rammentarti chi è che comanda qui? - chiese la donna.

-Non lei, se non sbaglio - affermò Natasha, sfidando con lo sguardo miss Hemilton.

-Nemmeno tu, quindi ora chiudi quella bocca prima che qualcosa ti obblighi a farlo.

-Qua l'unica legge che conoscete è quella del più forte, vero? Siete poco originali - Natasha stava superando il limite. Tutte le sue compagne lo sapevano e nell'aula si stava formando una tensione palpabile.

-Per quanto tu possa essere la favorita di Andrey, Romanoff, sei sempre una sottomessa. Sottomessa al KGB, alle nostre regole, a me!

-Non potete controllarci per sempre - Natasha strinse i denti - prima o poi qualcuno si ribellerà e voi non potrete farci niente.

-Attendo il momento in cui la tua previsione si avvererà, ma nel frattempo, qua davanti a me, Romanoff. 

Natasha si avvicinò con gli occhi fissi in quelli di miss Hemilton.

-La frusta non ha effetto su di te, Romanoff, dai piani alti...

-Piani alti? - la interruppe Natasha, sapendo che ormai tanto il danno era fatto - a me risultava che la sede centrale del KGB fosse un bunker da qualche parte vicino a Mosca.

-...dai piani alti hanno consigliato un nuovo tipo di punizione, per te, Romanoff - riprese imperturbabile miss Hemilton.

-Wow, appositamente per me, allora è vero che avete in mente di farmi diventare qualcosa di più di un'altra spia russa. 

-Questo non sta a me dirlo, Romanoff. Seduta a terra.

Natasha obbedì. La spavalderia la stava abbandonando. Aveva paura, adesso. La nuova punizione che la aspettava si prospettava peggiore della frusta. E poi davvero il KGB aveva riservato per lei un futuro diverso da quello delle sue compagne?

Natasha vide miss Hemilton avvicinarsi ad un lavandino incassato nel muro, prendere una delle bacinelle che gli inservienti usavano per pulire e riempirla d'acqua. Sapeva cosa voleva fare quella donna.

Voleva immergerle la testa nell'acqua, e tenercela appena un secondo in meno di quanto ci sarebbe voluto per farle collassare i polmoni. Non avevano intenzione di ucciderla, quindi poteva sopportare la tortura. Aveva pensato che avrebbero adoperato coltelli o pugnali. La bacinella d'acqua andava bene.

Miss Hemilton mise con cura la bacinella di ferro davanti a Natasha. La bambina vide il suo viso smunti riflettersi nel liquido scuro. Miss Hemilton le afferrò brutalmente il collo, e senza preavviso, spinse il viso di Natasha in acqua. Era gelida. Natasha non era pronta, non aveva preso abbastanza fiato. Serrò gli occhi e la bocca, sentendo i polmoni dilatarsi spasmodicamente alla ricerca dell'aria che era stata negata loro all'improvviso. 

Natasha si dimenò follemente finché la presa di miss Hemilton non lasciò la presa. Prendendo una grande boccata d'aria, Natasha si raddrizzò, tossendo violentemente.

-Brutto, eh? Direi che ce ne vogliono almeno un paio, perché tu impari.

Natasha non disse una parola e prese fiato, aspettando il secondo impatto con l'acqua gelida.

Quando sarò fuori di qui, si disse, farò in modo che nessun bambino venga più venduto a questo posto, dovessi lavorare anche di notte.

Natasha non sapeva ancora che l'avrebbe fatto davvero, che un giorno lontano e futuro, un enorme numero di bambini sarebbe stato salvato da quel destino orribile, dato in adozione a famiglie amorevoli.

Miss Hemilton le ricacciò la testa in acqua.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora