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Clint raggiunse Natasha, posandole con fermezza una mano sulla spalla. Natasha si fermò senza fare storie, guardando fisso il suolo.

La polvere del terreno fluttuava attorno ai suoi piedi, e mancava poco che le finisse anche negli occhi, ma non le importava.

-Ehi - ansimò Clint, esausto - certo che corri in fretta anche sui tacchi, eh?

Natasha non disse nulla. I capelli tagliati di fresco le scivolavano sul volto e lasciavano scoperto il suo collo pallido. Clint vedeva una cena che si ingrossava e si sgonfiava secondo un ritmo sempre più veloce. Il respiro di Natasha era sempre più rapido, sempre più affannato.

-Nat - disse pacato Clint - cosa c'è? Dimmi cosa c'è, per favore. Io non ti posso aiutare se non lo fai. Per favore.

Natasha scosse la testa, stringendo convulsamente i pugni. Le unghie affondarono nella pelle della rossa.

-Okay, senti - disse gentilmente Clint - facciamo così. Tu non dirmi nulla se non vuoi, non sei obbligata. Ma devi dirmi quello che ti potrebbe fare sentire meglio.

Natasha annuì, e fece un lungo respiro per calmarsi, ma una grossa lacrima le scivolò lungo il naso. Non era... Non sapeva come mai stesse piangendo, ma lo odiava. Era confusa, stordita. Oddio, eccola, un'altra lacrima che seguiva la prima, percorrendo un percorso diverso sulla guancia di Natasha.
Cristo, una terza. Natasha si detestava sempre di più, tremava incontrollabile e non staccava lo sguardo da sola.
"Dai, smettila" pensò in russo, ben conscia dello sguardo di Clint che le penetrava la nuca "ti sei sfogata, no? Tre lacrime sono sufficienti, cara mia, ora basta."

Clint non sapeva cosa fare. Non era mai stato bravo a consolare le persone, figuriamoci una come Natasha, con  la sua storia alle spalle.

Con sua enorme sorpresa, Clint constatò che la spia russa stava lentamente smettendo di piangere. La rossa si passò il dorso della mano sulle guance per pulirsi dalle lacrime e stava smettendo di tremare. 

-Nat? - provò, chiedendosi perché diamine avesse ancora il permesso di parlare ad alta voce.

Natasha, rendendosi improvvisamente  conto del fatto che il suo corpo stesse agendo di testa propria, fece un velocissimo saltello verso Clint e gli gettò le braccia al collo, stringendolo fortissimo. Fu la sensazione più strana che avesse mai provato: trovarsi bene fra le braccia di qualcuno.

Rabbrividì quando le braccia di Clint le cinsero la schiena, ma non si spostò. Emise un ultimo singhiozzo e poi si calmò del tutto. Natasha desiderava tanto poter fare qualcosa per Clint, che l'aveva aiutata così tanto, di cui si fidava.

Socchiuse le labbra e le parole le fluirono con meravigliosa facilità su per la gola per poi essere pronunciate in maniera perfetta, senza il minimo accento.

-Clint... grazie - mormorò - grazie. Per tutto quello che stai facendo per me.

Si rese conto di aver parlato in inglese solo tre secondi dopo averlo fatto. Natasha si allontanò di scatto da Clint, uardandolo come se fosse un fantasma.

-Nat! – esclamò lui, stupito – hai parlato in inglese! Ce l'hai fatta!

Clint sprizzava felicità da tutti i pori, i suoi occhi brillavano, fissi in quelli felini di Natasha.

Lei non aveva parole. Si era portata le mani alla bocca, quasi senza fiato dalla sorpresa. Ce l'aveva fatta? Aveva parlato davvero in un idioma che non fosse il russo?

-Dai – la spronò Clint, allegro come un bambino il giorno di Natale – di' qualcos'altro! Ce la puoi fare, Nat!

Natasha, carica d'adrenalina, annuì, sorridendo. Mentre pensava a qualche parola da pronunciare, sentiva un lieve formicolio invaderle il volto e si domandò se per caso fosse felicità, quella che stava provando.

Fiduciosa socchiuse di nuovo le labbra e disse le prime parole che le erano venute in mente: "Campana" e "nascondino". Non appena le due semplici parole ebbero lasciato il suo corpo, Natasha si coprì la bocca orripilata. Aveva parlato in russo. In russo, dannazione! In russo!

Sentì un bruciore fastidioso irromperle in gola e farsi strada anche dietro i suoi occhi. Non voleva piangere di nuovo, non davanti a Clint che la stava osservando costernato.

-Nat... - mormorò l'arciere gentilmente – dai, non fa niente. Ci sei riuscita, no? Ce la farai di uovo. Ora andiamo a casa. È stata pessima come passeggiata, non trovi?

Natasha abbozzò un sorriso. Era triste, sì, ma dopotutto ci era riuscita. Ce l'aveva fatta una volta e poteva farlo di nuovo.

La spia russa sorrise internamente e lasciò che Clint le cingesse la vita e che la conducesse verso l'auto.

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Spazio autrice

Non aggiorno da una vita, ma non sono morta! Ho avuto solo qualche problema con il computer e non sono riuscita a scrivere.

Comunque, oltre alla riga sopra che non frega a nessuno, volevo dire che manca davvero poco alla fine della storia e che per la fine di febbraio dovrebbe essere finita.

Ora ho finito. È stata una nota abbastanza inutile. Mi defilo.

Byee

-Emma 

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Where stories live. Discover now