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Natasha non aveva capito molto bene le dinamiche di quello che era appena successo. Sapeva solo di essere entrata nel bar, con la pistola levata e di aver gridato qualcosa che dove sembrare una battuta spavalda. Non pensava che avesse funzionato bene, dato che i quattro si erano a malapena voltati.

Clint aveva detto qualcos'altro e allora Anatoliy si era voltato e li aveva notati. Da lì in poi, Natasha ricordava immagini confuse che si susseguivano velocissime. Proiettili che scoppiavano dalla sua pistola, frecce che partivano dall'arco di Clint, i quattro che partivano all'attacco, le urla terrorizzate dei clienti del bar.

E poi erano finiti di nuovo all'aperto, fracassando la vetrata del bar, rovinando in strada. C'erano state delle esplosioni, perché Sergey aveva con sé delle granate. Il marciapiede era saltato in aria, la strada era sprofondata sotto i loro piedi.  Natasha ricordava di aver avuto paura di essere risucchiata nel sottosuolo, ma solo per un attimo. Poi le macerie si erano assestate e Clint l'aveva tirata via dal luogo in cui si trovava, rifugiata contro un muro, a portata di qualunque cosa si staccasse dall'edificio esploso.

E ora erano dietro una specie di trincea in miniatura, le cui mura erano costituite dalle macchine che si erano spostate nelle esplosioni. Natasha sparava quasi alla cieca, con gli occhi brucianti per la pioggia e la polvere. Vedeva le sagome confuse di Sergey e Rafail che rispondevano al fuoco. Aveva perso di vista Dmitry, che probabilmente stava aiutando Anatoliy a scappare. ecco, quello se lo ricordava chiaramente, il proiettile che aveva centrato Anatoliy al petto. Se la pioggia e il tremore delle mani non avessero deviato il colpo, Anatoliy sarebbe stato morto, ma invece il proiettile si era conficcato di sbieco e quasi sicuramente aveva mancato sia il cuore che i polmoni di Anatoliy.

Natasha si abbassò di scatto, per evitare che il colpo di Rafail la centrasse in pieno. La pallottola disintegrò il vetro della macchina dietro cui si era tuffata e si bloccò, conficcandosi nel sedile.

Natasha ne approfittò per cambiare le cartucce alla pistola. Si frugò nelle tasche e negli stivali, ma non trovò nessuna scatoletta con dentro quello che le serviva.

-Clint! - esclamò, frugando fra i bossoli accatastati a terra, in cerca dell'altra pistola che aveva lasciato cadere - non ho più munizioni!

-Cosa? - urlò Clint di rimando senza smettere di incoccare una freccia dopo l'altra.

-Hai sentito! - lo redraguì Natasha - non ne hai tu?

-Sono un arciere - le ricordo Clint, prendendo un'altra freccia dalla faretra - non ho proiettili!

-E ora cosa faccio? - Natasha trovò la pistola e controllò che anche quella fosse vuota.

-Non puoi usare i bossoli vecchi?

-Secondo te? - Natasha era esasperata, ma in un attimo di follia riutilizzare i bossoli le sembrò un'idea fattibile.

No. No. Era un'idiozia, le sarebbe esplosa la pistola fra le dita, sarebbe rimasta senza mani.

Ma non poteva lasciare che Clint li combattesse da solo. Aveva solo delle frecce, dopotutto e non ne erano nemmeno rimaste molte. Fu allora che lo vide. Il suo sguardo si posò su un negozio a una cinquantina di metri da loro. Con la pioggia che le scivolava negli occhi, fece fatica a leggere quello che c'era scritto sull'insegna. Vedeva tutta sfocata una parola in ungherese e in vetrina c'era un fucile a canne lisce, di fianco ad una poltroncina antica. Doveva essere un antiquario, perché il fucile era di fattura vecchissima e la poltroncina accanto ad esso anche.

-Ho un'idea - esclamò, sempre accucciata al suolo - ce la fai da solo per un po'?

-Cosa ho fatto negli ultimi dieci minuti? - la rimbeccò Clint, ma le fece cenno di andare.

Natasha si alzò in piedi e raccolse da terra lo specchietto retrovisore saltato via da un'auto alle sue spalle.

Aspettò che le attenzioni di Sergey e Rafail fossero puntate su Clint, controllò che Dmitry fosse ancora impegnato con Anatoliy e poi scattò in avanti, verso il negozio.

Corse a perdifiato, per non lasciare Clint solo a lungo. I suoi stivali scivolavano nelle pozze d'acqua che stavano crescendo a dismisura a causa delle spaccature della strada. Natasha arrivò al negozio col fiatone e con uno strappo in più sul costume.

Si fermò un secondo per raccogliere le energie e poi lanciò lo specchietto contro la vetrina, con tutta la forza che aveva. Questa si frantumò e Natasha si fiondò a terra, per evitare le schegge di vetro. Si rialzò immediatamente, ed entrò nel negozio. L'antifurto iniziò a emettere il suo fastidioso lamento. Natasha prese in fretta il fucile a canne lisce, uno di quelli che si usano per andare a caccia. Era datato 1897. Natasha si guardò intorno e scorse una scatoletta vecchissima di cartone verde. Sì, erano i proiettili che le servivano. Caricò il fucile e si frugò ancora una volta nelle tasche. Trovò due banconote che certo non valevano poco e le posò sul bancone del negozio. Almeno il proprietario avrebbe avuto i soldi per il fucile o per la finestra. Non erano abbastanza per entrambi, ma erano gli unici soldi che Natasha aveva con sé.

Uscì di nuovo all'aperto, facendo attenzione a proteggere il fucile dall'acqua.

-Cosa hai... un fucile? - Clint era accucciato dietro un'auto a sistemare delle nuove frecce nella faretra. Erano un prototipo evolutissimo, in grado di restringersi e allargarsi a piacimento di Clint.

-Non c'era nient'altro - si giustificò Natasha - già e tanto se ho trovato le munizioni.

-Ma almeno lo sai usare? - chiese Clint, incordando l'arco e incoccando una freccia.

-Ehm... - Natasha tentennò - Dovrebbe essere come una pistola, no?

Clint sospirò, poi si rialzò e ricominciò a cercare di uccidere i due russi ancora in piedi.

Natasha lo imitò. Prese la mira con cura e cercò il grilletto a tentoni. No, non era per niente come una pistola. Faticò a trovare la piccola levetta. La premette con forza, perché era vecchia e non funzionava bene.

Ci fu uno scoppio. Il rinculo la fece cadere all'indietro e il colpo andò alla malora.

-Ehi, tutto bene? - chiese Clint, senza voltarsi - hai centrato un lampione.

-Alla grande - Natasha si tolse i capelli dalla fronte e si rialzò, stringendo i denti con un ringhio sommesso. Aveva capito come far funzionare il fucile. Ora non ci sarebbe più stata speranza per quei due.

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Clint e Steve facevano spesso allusioni a Budapest che io non capivo. Nat mi sorrideva enigmatica e diceva: "Non preoccuparti, Bev, prima o poi te lo racconterò". 

E alla fine, dopo che ho tanto insistito, l'ha fatto. Mi ha raccontato tutto.

E io, al contrario di Clint, ho capito cosa intendesse quel giorno del 2012., in mezzo agli alieni.

"Mi sembra di rivivere Budapest!" aveva detto. Clint, lì per lì, non l'aveva capita. Ma io sì, anni dopo. Natasha aveva associato i mostri di New York agli uomini del KGB. Erano mostri sul serio, non solo nei suoi ricordi di bambina. Erano crudeli, la picchiavano, la frustavano, la affogavano nel catino.

La storia non è ancora finita, ma questo pezzo in particolare, l'h scritto perchè un giorno venga diffuso. Affinché tutti nel mondo sappiano quello che il KGB fa a tutti.

Quello che ha fatto a Natasha Romanoff, a tutti i bambini che reclutava, ai prescelti per essere Soldati d'Inverno e al mondo.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Where stories live. Discover now