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James Barnes fissava Natasha e Andrey senza dire una parola. Era serio, con le palpebre cadenti e i capelli lunghi e scompigliati. Indossava vestiti sgualciti che gli pendevano addosso, troppo larghi.

-James, come andiamo? - chiese con falsa cortesia Andrey, sfoderando un sorriso - sarai felice di sapere che hai un motivo per uscire di qui.

James non disse nulla, si limitò a fissare Andrey, senza degnare più di uno sguardo Natasha.

-Qual è la missione? - chiese alla fine.

-Omicidio -rispose pacato ANdrey, stringendo un po' più forte la mano di Natasha.

-Di chi?

-Nicholas Fury.

James fece una faccia strana, come se quel nome gli ricordasse qualcosa, qualcosa di sgradevole. Natasha osservava James che si scervellava, incuriosita da cosa potesse aver scatenato quella reazione.

-Stark -disse alla fine James - lui lavorava con Howard Stark.

Andrey sorrise compiaciuto e fece cenno a due sentinelle di avvicinarsi.

-Preparatelo e poi portatelo nel mio ufficio. Io e Natalia vi aspetteremo lì - disse alle sentinelle che annuirono e si avvicinarono alla cella, armeggiando col chiavistello.

Intanto gli altri carcerati continuavano ad urlare maledizioni ad Andey e minacce a Natasha. Ad un tratto la bambina sentì un violentò strattone a si ritrovò seduta a terra con la schiena contro le sbarre di ferro, intontita e dolorante: uno dei prigionieri l'aveva afferrata per i capelli e sbattuta contro la cella.

Natasha, respirando affannosamente si ritrovò un coltello vicinissimo alla gola. Ne sentiva la lama fredda sfiorarle la palle esattamente sopra la carotide .

Andrey allarmato stava strillando alle guardie di fare qualcosa, ma queste erano impegnate a tenere fermo James e Natasha capì di dover fare da sola.

Con un gesto fulmineo tirò fuori da uno scarponcino una lametta di quelle dei temperini che si portava sempre dietro e la affondò brutalmente nella mano del tipo.Questo con un urlo mollò la presa e Natasha afferrò al volo il coltello, rialzandosi.

Afferrò il colletto dell'uomo e lo tirò, facendolo sbattere contro le sbarre di ferro. Ora era Natasha a puntargli il coltello alla gola.

-Non toccarmi mai più - sibilò a denti stretti - è chiaro?

L'uomo mugolò qualcosa, stringendosi la mano in cui la lametta del temperino era affondata per quasi cinque centimetri.

-È chiaro?! - esclamò, strattonando più forte l'uomo. Questo balbettò qualcosa che sembrava un sì con un marcato accento spagnolo.

-Bene - disse Natasha, mollando l'uomo e gettando a terra il coltello, troppo lontano per essere recuperato dall'uomo.

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Natasha, James e Andrey erano seduti nell'ufficio di quest'ultimo e aspettavano che uno di loro parlasse.

-Non è fattibile - disse James alla fine - dovremmo penetetrare in una struttura sicurissima, progettata da Howard Stark e uccidere uno degli uomini con più sistemi di sicurezza al mondo.

-Convengo che non sia semplice - fece Andrey - ma dovete farlo per forza. Siete stati designati per questo incarico. Se non riuscirete la prima volta tenterete una seconda e poi una terza...

-Ma è una bambina! - sbottò James - non potete fare questo a una bambina!

-Natasha è molto forte.

-Ma pur sempre una bambina!

I due iniziarono a litigare aspramente. James aveva visto delle cose orribili durante la guerra, cose raccapriccianti fatte ai bambini e non poteva permettere che queste torture continuassero. E se poteva impedire che quella bambina rossa che aveva davanti diventasse un'assassina con il cervello inebetito dal KGB, l'avrebbe fatto. A qualunque costo.

Natasha non sopportava che si litigasse sul suo futuro.

Uscì dall'ufficio di corsa, con la testa che le rimbombava e si fermò appoggiandosi al muro, scivolando seduta a terra. Prese un enorme respiro, ma le sembrava di avere la testa chiusa in un sacchetto di plastica. Faceva fatica a prendere aria, le sembrava di avere la trachea chiusa, i polmoni inzuppati d'acqua.

Era giusto seguire Andrey? Stava agendo bene? Fino a pochi secondi prima era assolutamente convinta della divisione fra bene e male e ora...ora qualcosa stava cambiando. Era davvero solo o nero o bianco? La Russia era davvero contenta dei servigi del KGB? Gli americani erano davvero i cattivi?

Natasha si prese la testa fra le mani.

Fino ad allora era stato come ballare e basta. Volteggiava nell'aria delicata sulle punte di gesso, le onde di tessuto del tutù le accarezzavano le gambe, fluttuando come le ali di una farfalla, i capelli rossi sciolti che si stendevano come sangue sulla neve bianca del tutù. certo, le capitava di inciampare, di prendere una storta, di cadere. Ma Natasha si rialzava sempre dopo le cadute. Adesso le sembrava di essere bloccata, di ballare con una palla al piede che la faceva incespicare di continuo. La catena le impediva di muoversi, le si attorcigliava intorno alle caviglie, la faceva cadere a terra.

Lei non voleva uccidere nessuno, non voleva più far parte del KGB, voleva avere un vita normale, una famiglia, una casa...

Ma voleva ancora bene ad Andrey, gli voleva bene come ad un padre. Esatto, per Natasha era Andrey suo padre e lui le voleva bene. La puniva per farle imparare dai suoi errori, la addestrava all'ubbidienza, al coraggio, alla forza. Natasha non aveva il coraggio di tradire Andrey, Natasha non aveva nessuna intenzione di tradire quell'uomo.

Appoggiò la testa al muro, respirando profondamente, cercando di calmarsi. Doveva prendere una decisione: o sottomettersi completamente al KGB o soffrire fino al suo ultimo giorno al KGB.

Ma Natasha allora non era ancora un'adulta saggia e ponderata. Era solo una bambina di dieci anni, come lo ero io quando mi ha presa con lei.

E Natasha scelse la prima.

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22 novembre 2008

Un ragazzo sui vent'anni stava preparano la sua borsa di tela nera nella sua stanza nella base dello S.H.I.E.L.D.

Accanto a lui giaceva una strana custodia oblunga e arcuata che conteneva il suo arco professionale con tanto di faretra e frecce.

Il ragazzo si chiamava Clint Barton ed era passato molto tempo da quando Nick Fury e Maria Hill l'avevano reclutato.

Nel corso degli anni, una nuova terribile minaccia si era insediata nel mondo. Quella minaccia uccideva spietatamente per conto dei servizi segreti russi e se qualcuno finiva nella sua lista, non aveva più scampo. Erano ventisette le vittime solo negli ultimi sei mesi. Quella minaccia non era nemmeno una donna adulta, anzi, era a malapena una ragazzina. Esi chiamava Natasha Romanoff.

La Romanoff aveva tentato di uccidere Fury molteplici volte, ma non ci era mai risuscita. Aveva ucciso però il fratello di Clint, diventato negli anni un terrorista e metà della squadra investigativa dello S.H.I.E.L.D. era stata assassinata o gravemente mutilata da quella assassina.

Fruy voleva che Clint la trovasse e ponesse fine alla sua vita. Natasha Romanoff doveva morire.

Clint aveva una missione per la prima volta nella sua vita e non intendeva deludere Fury. Sapeva che l'uomo si era messo in contatto con Tony Stark, ma non sapeva esattamente perché.

Clint si mise in spalla la sacca di tela nera e lo sguardo gli cadde accidentalmente sul calendario. Era il 22 novembre. A lui quella data non diceva niente, ma a moltissimi chilometri da lui, in Russia, vicino a Mosca, Natasha Romanoff, la spietata assassina del KGB compiva diciotto anni e per lei voleva dire molto.

Per lei era giunto il momento della Cerimonia.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Where stories live. Discover now