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22 novembre 2008

Natasha era nel letto, il sole doveva ancora sorgere e la camerata era avvolta nella quiete. Non andava a vedere l'alba da due anni: c'erano stati così tanti tentativi di fuga negli ultimi anni che si era deciso di ammanettare al letto le allieve durante la notte. Un addetto passava a legarle la sera e slegarle la mattina.

E così Natasha non aveva più potuto vedere l'alba. 

Era cresciuta molto in quegli anni, aveva imparato ad uccidere a sangue freddo ed era diventata la Vedova Nera. Non si chiedeva più cosa fosse giusto o sbagliato, si limitava ad obbedire. Il suo cervello era stato completamente atrofizzato dal KGB.

Aspettava con terrore il mattino: sarebbe diventata maggiorenne, era giunto il momento della Cerimonia. Natasha aveva provato a pregare Andrey di evitarle la Cerimonia, ma non c'era stato verso. Aveva detto che tanto con chi mai sarebbe potuta andare, lavorando al KGB? Quale uomo avrebbe anche solo considerato di stare con un'assassina patentata?

Ma la verità era che Natasha, in cuor suo, sperava che un giorno tutto finisse, sperava di poter lasciare quel posto maledetto, trovare qualcuno con cui essere felice e vivere una bella vita e magari avere figli. Ma sapeva che non era possibile. Era solo un modo come un altro per illudersi. 

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Natasha era su una barella, dove l'avevano obbligata a stare.

Quando la mattina Andrey e alcuni suoi uomini erano andati a prenderla, Natasha si era ribellata. Non voleva andare sotto i ferri. Detestava ammetterlo, ma aveva paura. Natasha Romanoff aveva paura.

Lei e i due robusti uomini avevano cominciato a darsele di sanata ragione, e Andrey osservavav impassibile. Ma erano sei ed erano muscolosi e altissimi.

Natasha si ritrovò schiacciata contro la parete, con gli uomini che la tenevano ferma. Nonostante quello continuò a dimenarsi, cercando di colpire gli stinchi dei tre energumeni con i tacch degli scarponcini.

E poi Andrey comparve nel suo campo visivo, con la sua espressione seria e cinerea. Aveva un completo elegante, con tanto di cravatta e guanti lucidi che stringevano un bastone da passeggio in mogano.

-Natalia... - disse in tono calmo - Natalia...ma che fai?

Il tono sprezzante e freddo di Andrey colpì Natasha come una lama. Le faceva male al cuore quando Andrey la disprezzava. Era come se un padre guardasse la propria figlia disgustato: quest'ultima proverebbe vergogna e dispiacere.

-Avevamo preparato questo giorno con attenzione, ne avevamo parlato, ricordi, Natalia? Avevamo stabilito che avresti subito l'operazione e poi saresti passata ad incarichi importanti.

Ora Natasha non si dibatteva più, era immobile e guardava Andrey col fiatone. 

-Era tutto programmato, Natalia. Non vorrai mica rovinare tutto così, vero?

-Andrey, ti prego...

-Non devi pregarmi, Natalia. Mi hai fatto arrabbiare...

-No, io...

-...non interrompermi quando parlo! - esclamò Andrey, ad un tratto incollerito - e mi hai molto deluso Natalia, per questo dopo l'operazione verrai punita! Portatela in sala operatoria, muovetevi!

Due energumeni fecero spostare brutalmente Natasha e la fecero posizionare di fronte ad Andrey.

Natasha aveva il terrore dipinto negli occhi, mentre guardava Andrey. Tremava leggermente, in attesa che lui dicesse qualcosa. Il volto dell'uomo non tradiva nessuna emozione, se non il disprezzo. Un movimento fulmineo, un dolore lancinante. La guancia di Natasha andava a fuoco. Lo schiaffo di Andrey era stato così violento da farle ruotare il collo.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Where stories live. Discover now