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A casa Barton regnava il caos. Era mattina presto e il piccolo Cooper strillava come un'aquila dal suo lettino, nella camera dei genitori. Laura si alzò borbottando fra sé, per calmarlo e Clint si precipitò alla camera di Natasha, per chiudere le porte e isolarla dal rumore.

Erano passate diverse settimane dagli eventi di Budapest e Natasha non mostrava cenni di miglioramento. Se non altro, aveva ricominciato a capire qualche parola di inglese, ma continuava a esprimersi solo in russo. Ogni volta che provava a dire qualcosa in una lingua diversa, le parole le si incagliavano in gola e lì restavano, opponendo una fiera resistenza alla volontà di Natasha.

Clint fece per socchiudere le porte della camera della rossa, ma scoprì che era già in piedi. L'aspetto scarmigliato di Natasha lo fece pensare a una bambina svegliata bruscamente una domenica mattina. Una bambina ancor piccola, innocente che non capiva esattamente il perché di tutte le cose che le erano successe. Natasha si era tagliata i capelli, in un corto caschetto rosso, che in quel momento era arruffato dal sonno.

-Scusa, Cooper ti ha svegliata... - cominciò Clint, assicurandosi di parlare lentamente, in modo che Natasha capisse le parole.

Lei scosse il capo, come a dire che non importava.

-Ehm... vieni di là? Stamattina ho fatto io la colazione, Laura aveva da fare con Cooper... spero che non morirai avvelenata per la mia cucina - ridacchiò Clint, e vide le pupille di Natasha allargarsi leggermente nelle iridi verdi. Il suo particolare modo di sorridere.

 Sollevato, Clint fece strada a Natasha verso la cucina. Sulle mensole erano comparse nuove cornici, che ritraevano Cooper in mille modi diversi, che mangiava, rideva, faceva un pisolino o giocava con un trenino di legno.

E poi, attaccata al frigo con una calamita a forma di ragno, c'era una foto di Natasha. La spia ebbe un tuffo al cuore nel vederla, nonostante sapesse della foto. Raffigurava lei che sorrideva insieme a Clint, sul vialetto di ingresso, scattata pochi giorni prima della partenza. Clint doveva aver fatto una delle sue battute atroci, perché nella foto stava ridendo come un pazzo e il sorriso di Natasha era un po' impietosito, come a voler compatire la scarsità di materia grigia nel suo cervello.

Il tavolo era apparecchiato grossolanamente per la colazione, ma Natasha non ci fece caso. Clint stava servendo dei pancake bruciacchiati che emanavano un odore poco invitante. Laura aveva calmato Cooper e lo stava infilando nel seggiolone a capo tavola.

-Dormito bene, Nat? - chiese, mentre allacciava le cinghi di sicurezza attorno al bambino - scusa per Cooper, in queste mattine si sta svegliando prima del solito.

Natasha provò ad articolare una frase come: "non preoccuparti, non mi da nessuno fastidio", ma le parole non vollero saperne di essere pronunciate, e così le uscì solo un  "fa niente" sussurrato in russo.

Calò un silenzio imbarazzato, che Clint ruppe qualche minuto dopo.

-Io oggi vado a New York - esordì - devo sbrigare una commissione per Fury.

-Una... commissione per Fury? - Laura era piuttosto perplessa.

-Okay, non è vero. Era un trucco per portare Nat a fare un giro in città, sai... per vedere com'è, guardarsi un po' intorno, cambiare la sua routine giornaliera - confessò Clint - quindi, io e te andiamo, Nat. Laura, tu?

Natasha era rimasta spiazzata dalla decisione di Clint, ma non provò a opporsi. Se quello poteva aiutarla  a ritornare come prima, avrebbe seguito Clint ovunque.

-Non credo, Clint - rispose Laura - rimarrò qua con Cooper.

__

Un'ora dopo, Clint e Natasha erano in macchina, diretti a New York. Natasha vedeva le punte dei grattacieli della città. Quelle enormi strutture moderne la rassicuravano, non sapeva esattamente perché, ma le sembrava di essere a casa quando le vedeva, quando entrava nella caotica città.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |حيث تعيش القصص. اكتشف الآن