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Natasha si risvegliò per l'ennesima volta in un letto che non conosceva. Sembrava più una tavola di ferro con sopra un materasso senza alcuna imbottitura. Sopra di lei era stesa una coperta tanto lisa da non fornire nemmeno un lievissimo calore. Natasha aveva tutti i muscoli indolenziti e riuscì a malapena a girare la testa sul cuscino

Con la vista appannata, Natasha riconobbe vagamente Clint. Non distingueva bene la sua espressione, ma riuscì a vedere la sua bocca muoversi. Dei suoni uscirono dalle sue labbra, ma Natasha continuava a non capirlo.

Provò a dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola. Non riusciva a pensare né in inglese né in russo. Natasha sprofondò di nuovo nel sonno.

Probabilmente erano in viaggio. Natasha si risvegliò a intervalli regolari durante quelle ore. Ogni volta si destava per pochi minuti, dava occhiate sfocate intorno a sé e ripiombava di nuovo nel sonno. Ogni volta che si svegliava Clint era di fianco a lei e la guardava preoccupato, a volte leggeva e a volte sembrava tutto concentrato a studiare quello che sembrava essere il referto medico di Natasha.

Dal canto suo, Clint lasciava il capezzale di Natasha solo per andare in bagno e al vagone che era stato allestito come carrozza-ristorante. Fury era su quel treno e si era complimentato per la riuscita della missione. Aveva anche giudicato il treno un luogo sicuro e aveva dato il permesse a Clint di chiamare Laura prima di imbucarsi nelle profondità del sottosuolo.

Clint e Fury avevano parlato a lungo della apparente follia di Natasha.

-Potrebbe trattarsi di un attacco di psicosi - lo informò tristemente Fury - a causa dello shock che ha subito. D'altronde ha ucciso persone che fino a pochi mesi fa considerava come parte della sua cerchia di amici.

-Non erano suoi amici, però - si ostinò a dire Clint - lei mi aveva detto che erano crudeli, picchiavano i bambini.

-Ma c'era un certo attaccamento emotivo fra loro, Barton. 

-Come è possibile? - chiese scettico Clint - non capisco.

Clint si lambiccava il cervello, ma non riusciva a comprendere perché uccidere delle persone crudeli, con precedenti atroi dovesse creare confusione in Natasha, tanto da farle avere un attacco di psicosi. Per lui era un ragionamento ovvio: uno che tortura i bambini, o qualunque persona in generale merita in automatico una pena, forse anche la morte.

Fury sospirò e prese un sedia. Si sedette e invitò Clint a fare lo stesso.

-Ascoltami Barton. Immagina di tornare a casa un giorno e trovare Laura che sta immergendo un bambino in una bacinella piena d'acqua gelida per simulare un annegamento, al solo scopo di punire un bambino. Al posto di... che ne so, di mandarlo in camera sua, lo punisce in quel modo. Come ti sentiresti?

-Io... - Clint deglutì e pensò a lungo prima di parlare - io troverei qualunque scusa possibile per giustificarla. Cercherei di auto-convincermi che debba esserci una spiegazione plausibile per quello che ha fatto, anche se è terribile - Clint cominciava a capire.

-E se io ti ordinassi di ucciderla? Come ti sentiresti se io ti mandassi in missione contro tua moglie? 

-Cosa? - sussurrò Clint.

-Allora - Fury cercò di spiegarsi meglio - supponiamo che tu abbia accettato il fatto che tua moglie sia una persona crudele, violenta e forse anche omicida. tu accetteresti il compito di ucciderla, perché la prigione non servirebbe a niente e non c'è altro modo per fermarla. Dopo averla fatta fuori, come ti sentiresti?

-Male - ammise Clint - confuso, non riuscirei a capire se la mia scelta sia stata giusta oppure no. Io... avrei difficoltà a distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato. Potrei addirittura impazzire.

-Esatto - concluse Fury - è esattamente quello che è successo a Natasha. I medici hanno ipotizzato che uccidere quei quattro sia stato un trauma per lei. Ha avuto una crisi di identità, per quello non riesce a capirti quando le parli. Riesce a metabolizzare le informazioni solo in russo, che è la sua lingua madre. Perché...

-Perché le cose che le dicevano in russo sono sempre state le sue certezze, mentre in inglese ha sentito solo le nostre parole. E non sa se siano giuste o sbagliate - finì al posto suo Clint, volgendo lo sguardo sul corpo esanime di Natasha, abbandonato sulle lenzuola candide del letto del treno.

-Non è nelle condizioni di essere presentata a tutta l'America - disse Fury - dovrò rimandare. Si deve ristabilire, Barton, posso approfittare della tua ospitalità ancora?

-Certo - disse subito Clint - può stare da me quanto tempo vuole. A Laura è simpatica.

-Bene. Vedremo come si troverà da voi e se necessario le chiameremo uno psicologo - terminò Fury, alzandosi e dirigendosi verso l'uscita del vagone.

Clint rimase immobile a rimuginare sulla conversazione appena terminata. 

Ma rimuginò per poco, erano diciassette ore che non dormiva e l'adrenalina che aveva in corpo durante la sparatoria e mentre portava Natasha al sicuro era svanita da un bel pezzo. Sentiva le palpebre farsi pesanti e faticava a tenerle sollevate. Così si spinse con i piedi e fece combaciare lo schienale della sedia con la parete del vagone. Vi appoggiò la testa e si addormentò, cullato dal dondolio del treno.

Tutto sommato era felice: presto avrebbe incontrato Laura e mancavano poche settimane alla nascita del loro bambino.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Where stories live. Discover now