.20

180 11 0
                                    

Natasha si avvicinò ai cadaveri che giacevano a terra, inzuppati dalla pioggia scrosciante.

Il suo stivale si fermò a pochi centimetri dalla testa di Sergey, reclinata su un lato e cosparsa di sangue. La freccia di Clint si era piantata nel suo collo e aveva reciso perfettamente la carotide dell'uomo, che era morto all'istante.

Natasha non si soffermò a guardare l'uomo, decisamente morto, e si avviò verso Dmitriy. COn orrore si accorse che dalle sue labbra usciva ancora un debole rantolio, un respiro affannato e faticosissimo.

Natasha non esitò un secondo. Imbracciò di nuovo il fucile e scaricò tre o quattro proiettili nel petto di Dmitriy. Vicina com'era non c'era pericolo che sbagliasse mira. Le pallottole penetrarono nel petto del russo e si piantarono nel cuore. I fori erano così precisi che il sangue ci mise un po' a sgorgare, sbocciando come un fiore sulla camicia di Dmitriy.

-Che c'è? - Clint le si avvicinò.

-Non... non era morto - balbettò Natasha. 

"E ora perché balbetti?" si chiese da sola, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal corpo di Dmitriy.

-Per questo gli hai scaricato addosso mezzo fucile? - chiese ridacchiando Clint - dai, gli altri due li ho controllati io. Tra poco arriverà Fury.

-Fury?

-Viene a prenderci con una delle macchine dello S.H.I.E.L.D. - spiegò Clint, mettendosi l'arco intorno alle spalle.

Natasha sentì un nodo alla gola. Non aveva la minima idea del perché le stesse venendo il magone tutto a un tratto, ma cercò di ignorarlo. Per qualche oscuro motivo si sentiva male all'idea di aver appena ucciso l'ultimo legame con luogo in cui era cresciuta. Aveva la nausea e vedeva tante lucine verdi che le si affollavano davanti agli occhi. Deglutì e scosse il capo, decisa a seguire Clint, ma le gambe si rifiutavano di obbedirle.

-Nat? Tutto bene? - Natasha sentì vagamente la voce di Clint, che pareva essere lontana anni luce da lei. La parola "bene" rimbombava in modo inquietante nella testa di Natasha e la voce di Clint risultava alterata, più cupa... strana.

Natasha vinse la lotta contro le sue gambe, ma non se l'aspettava, per cui inciampò nei suoi stessi piedi. Svenne ancora prima di toccare il terreno.

__

Natasha si risvegliò di scatto. Spalancò le palpebre e si ritrovò a cercare di alzarsi a sedere, ma due spesse cinghie la tenevano legata contro un letto ospedaliero. Natasha era invasa dal panico. La assalì un vago senso di claustrofobia mentre guardava il posto in cui si trovava. Il letto si trovava in quello che sembrava il vano di un furgoncino, largo due metri e lungo tre. Le pareti erano bianche, illuminate da una luce neon fastidiosa.

Natasha cercò invano di liberarsi, divincolandosi sul lettino, ma si fermò immediatamente quando una fitta lancinante di dolore trapassò la ferita sul ventre.

-Ehi, calma! - disse una voce fuori dal campo visivo di Natasha.

Il proprietario della voce si avvicinò a Natasha. Con un sospiro di sollievo, constatò che la voce era quella di Clint. L'arciere slegò le cinghie che tenevano legata Natasha e la aiutò a mettersi seduta.

-Dove siamo? - chiese Natasha.

-Su un treno - replicò Clint - un treno sotterraneo firmato Stark. Più precisamente in un vagone microscopico adibito ai feriti.

-Oh - disse solo Natasha.

-Siamo diretti verso Washington - la informò Clint.

-Washington? 

-Esatto. Mi hai fatto venire un colpo, prima. Cosa ti è preso? I medici hanno detto che avevi perso troppo sangue o qualcosa del genere - Clint era sinceramente preoccupato.

-Niente... ero solo stanca, credo - disse Natasha, confusa su quanto era accaduto a Budapest - cosa stiamo andando a fare a Washington?

-Beh, Fury voleva dirtelo di persona ma sta facendo un sonnellino... - a Clint scappò da ridere - per cui penso di poterlo fare io. 

Natasha attese pazientemente che Clint trovasse le parole giuste.

-Fury annuncerà in diretta internazionale il nuovo membro ufficiale dello S.H.E.L.D! - esclamò Clint, entusiasta - ha fatto tutto stanotte, mentre tu dormivi. Per lo stato americano non sei più una criminale! Assolta da tutte le accuse!

-Cosa? - boccheggiò Natasha.

-Già! - Clint sorrideva ampiamente - Fury è riuscito a mettersi in contatto anche con le altre potenze mondiali, non è meraviglioso? Fra poco sarai una cittadina libera!

-Una cittadina americana - disse piano Natasha.

-Beh, sì. Non credo che i russi accetteranno di vederti ancora fra loro dopo che hai scampato la morte per mano dei servizi segreti più infallibili del mondo e soprattutto...

-Loro hanno perso un'assassina - completò Natasha - e faranno di tutto per riavermi con loro. Non posso permettere che vengano a cercarmi e mettere in pericolo tutta l'America.

-Natasha, cosa... - provò a dire Clint.

-Clint, sinceramente, se tu dovessi condividere la città con un'assassina che ha ucciso circa settecento persone in diciotto anni di vita, non ti sentiresti un po' strano? Non ti sentiresti in pericolo sapendo che potrei essere mentalmente instabile e venire a uccidere i tuoi figli? - Natasha aveva un'espressione leggermente folle.

-Nat, io...

-No, aspetta, fammi parlare - lo interruppe Natasha - perché io sì, mi sentirei così. E questo è esattamente quello che vuole il KGB. Vogliono che abbiate paura di me. Fury può dire tutto quello che vuole nella sua dannatissima apparizione televisima in mondovisione...

-Solo l'America la vedrà - si azzardò a dire Clint.

-Sta' zitto, Clinton! - esclamò Natasha - stai zitto, okay? Perchè nessuno ci crederà. Io sono quella che ha ucciso i loro figli, i mariti e le mogli di un sacco di persone, io sono quella che ha stroncato la vita di un sacco di persone. Sai quante persone vengono sconvolte dalla morte di una sola di loro? No, non credo. Io sì, perché era il mio lavoro. E quando tutti mi odieranno, Andrey tornerà e io implorerò di tornare con lui.

Natasha ansimava, voleva scappare da lì, andarsene, scomparire alla vista di tutti. Era un piano. Un piano subdolo e viscido escogitato da Andrey che giocava tutto sulla psicologia, sulla mente stanca e confusa di Natasha, che non aveva ancora capito bene chi fossero i buoni e chi i cattivi. Natasha lo sapeva che anche con tutta la forza di volontà del mondo non sarebbe riuscita a resistere a lungo all'odio della gente. Era la cosa che più temeva da sempre: essere odiata da chi la circondava, essere la causa della loro paura. Natasha non l'avrebbe sopportato. L'avrebbe portata alla follia. Ma non era già un po' folle? Non era da pazzi rimanere lì, in quel vagone insieme a Clint? Lo stava mettendo in pericolo, lo sapeva. Doveva andarsene. Clint stava parlando, ma lei non capiva le sue parole. La sua mente aveva ricominciato a pensare in russo.

Scivolò elegantemente giù dal letto e si diresse verso un attaccapanni dove era appesa la sua tuta. Fece per togliersi la camicia da notte di flanella, ma Clint la fermò. Le disse qualcosa in inglese, una frase semplice, non più di due parole. Ma Natasha non le capì. Si spaventò un sacco e barcollò all'indietro fino a che la sua schiena non toccò la parete del vagone.

Clint ripeté la frase e Natasha non la capì di nuovo.

Natasha voleva urlare, dire a Clint che non stava capendo, ma la lingua le si era incollata al palato, rifiutandosi di dire anche solo una parola. La frase era chiara nella sua testa: "Cosa stai dicendo, che non ti capisco!", ma non riusciva a dirla.

-что ты говоришь я не понимаю! - esclamò alla fine, poi si portò una mano alla bocca, terrorizzata. La frase era uscita dalle sue labbra, ma in russo.

Clint disse qualcosa con fare interrogativo, ma Natasha non capiva.

Grondante di sudore si appoggiò alla parete, cercando di regolare il respiro. Non capiva cosa stesse succedendo, la mente le si era inceppata. Urlò con tutte le sue forze. Urlò per la paura.

Poi le forze la abbandonarono e il suo corpo inerme scivolò lungo la parete.

"I don't judge people on their worst mistakes" - | Natasha Romanoff |Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz